L’Armenia si riscalda mentre la proxy war continua (comedonchisciotte.org 29.04.18)
L’Armenia è parte importante nei piani a lungo termine della Russia. Come membro dell’Unione Economica Euroasiatica, l’Armenia è la chiave di volta per la protezione dei confini meridionali della Russia.
Per questo motivo, ero rimasto scioccato nel 2016, quando la regione contesa del Nagorno-Karabakh era stata “riattivata” dagli Stati Uniti, dopo una breve visita del Segretario di Stato John Kerry , come punizione per l’intervento russo in Siria.
Nel Nagorno-Karabakh, prima della visita di Kerry, la pace era regnata per più di vent’anni. Subito dopo, nello spazio di pochi giorni, si erano verificati degli scontri nella parte azera di questa regione che si trova fra le due nazioni [Armenia ed Azerbaigian].
Perciò, non sono affatto sorpreso dal fatto che i Neoconservatori, subito dopo aver assunto il controllo dalla Casa Bianca di Trump, abbiano fatto partire una rivoluzione colorata in Armenia, mentre, allo stesso tempo, fanno pressioni sulla Russia in Ucraina e in Siria, sulla Gran Bretagna, sui mercati finanziari, praticamente dappertutto e contemporaneamente.
L’articolo (qui) di questa mattina su Zerohedge ci fornisce il quadro politico della situazione: l’ex Presidente Serzh Sargsyan era stato eletto alla carica di Primo Ministro, un passaggio di poteri solo di facciata. La cosa aveva innescato le proteste, cresciute fino al punto da costringere Sargsyan alle dimissioni.
Le Rivoluzioni Colorate, innescate dalle ONG occidentali, iniziano con il fomentare le opposizioni moderate al governo in carica fino a trasformarle, con la violenza che dilaga nelle strade, in folle pronte al linciaggio.
Perchè gli Armeni dovrebbero iniziare proprio adesso ad assaltare i negozi turchi ad Aleppo (che è in Siria) per una questione di politica interna armena?
Perchè la cosa darà al Presidente turco Erdogan il pretesto di terminare il genocidio (la cui esistenza Erdogan ed Israele rifiutano di ammettere) degli Armeni, iniziato dai suoi predecessori un centinaio di anni fa.
La speranza è che questa provocazione metta in crisi i rapporti fra Turchia e Russia, in un momento in cui i nervi di tutti sono tesi quasi al punto di rottura.
La Turchia ha annunciato alla fine della settimana scorsa che riporterà in patria tutto il suo oro custodito nel caveau della Federal Reserve a New York.
L’Iran annuncia di non accettare più dollari per le sue transazioni economiche e passa all’euro nei contratti internazionali, in preparazione al disconoscimento, da parte di Trump, dell’Accordo sul Nucleare Iraniano (JCPOA) ed al ristabilimento delle sanzioni del 2012, che comprendono nuovamente l’espulsione dal circuito Swift.
Se dovesse così cadere il governo dell’Armenia, ci sarebbero immediatamente pressioni per un suo ingresso nella NATO, un vero incubo per tutta la regione.
Perciò questo mette tutti in posizione di stallo, perché la Russia deve continuare a sostenere l’attuale governo, con cui ha un’allenanza militare di grande importanza strategica.
Bisogna ricordare che l’Armenia è un membro del CSTO [Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva] ed ha accordi con Mosca per il comando unificato delle forze armate
Ne consegue che, in questo momento, questo tentativo di golpe è una mossa assai cinica e provocatoria, sulla scia delle elezione azere e del continuo miglioramento delle relazioni russo-azere, miglioramento il cui obbiettivo è quello di triplicare nel giro di pochi anni le esportazioni azere verso la Russia.
La Russia, con Putin, è riuscita a gestire in maniera intelligente le sue relazioni con entrambe le nazioni, con un occhio di riguardo per l’Armenia, la importante delle due dal punto di vista strategico, visto che protegge i confini meridionali della Russia.
E un’Armenia stabile significa (anche) un più lento flusso di “terroristi”verso la Russia.
Quello che si spera di ottenere in Siria è, fra le altre cose, la creazione di uno stato fallito e di una roccaforte per i terroristi allo scopo di destabilizzare tutta la regione, compreso l’Iraq, l’Iran e la Turchia, ma con lo scopo ultimo di dissanguare lentamente e mortalmente la Russia.
E, man mano che cadono le varie tessere del domino, diventa sempre più difficile per la Russia difendere la sua posizione nelle repubbliche ex-sovietiche. Questo è il motivo per cui Putin è stato così concentrato nell’incrementare la collaborazione militare ed i legami economici con questi paesi. E’ stato, ad esempio, molto bravo nel suo approccio diplomatico all’Uzbekistan, dopo la morte, nel settembre del 2016, del suo pluridecennale leader Karimov [in carica dal 1991 – NdT].
Si può dire la stessa cosa su come (Putin) ed il Presidente iraniano Rouhani hanno gestito le relazioni con l’Azerbaigian, nonostante la ferita aperta del Nagorno-Karabakh.
Perciò, mentre in Armenia la tensione sale, l’interrogativo dei prossimi giorni è se la rimozione dalla politica armena di un alleato della Russia di lunga data come Sargsyan sarà sufficiente a sedare la rabbia attuale.
Questo non posso saperlo, ma so che questa situazione, se dovesse peggiorare, lo farà alla maniera del Maidan di Kiev.