L’Armenia è pronta a diventare il nuovo centro informatico del Caucaso (businesspeople.it 25.09.19)
L’Armenia è tornata. Ai tempi dell’Unione sovietica era il centro tecnologico di tutte le repubbliche che orbitavano intorno a Mosca, tanto che l’Istituto di ricerca informatica della sua capitale era arrivato ad avere 5mila dipendenti. Dopo il crollo dell’Urss, però, la sua vocazione hi-tech si era assopita. Fino a oggi. Lo Stato caucasico, infatti, vuole rilanciare la sua economia, puntando tutto su intelligenza artificiale, digitalizzazione, sicurezza informatica, startup. Durante la Cybertech europe, la fiera della sicurezza informatica, il presidente Armen Sarkissian ha dichiarato che “il ventunesimo secolo può essere il secolo dell’Armenia” aggiungendo che “le risorse naturali non sono importanti come prima. Lo sono diventate le tecnologie e l’innovazione”. Del resto, il Paese ha dalla sua tre punti di forza in questo senso. Innanzitutto, l’alta formazione in scienze, matematica e fisica. In secondo luogo, la rete di armeni nel mondo. Infine, l’eredità dell’Urss, ossia quell’enorme sapere in matematica, fisica e informatica. Il governo ha già iniziato ad agire per spianare la strada alle aziende. Per esempio, ha semplificato le regole per avviare e finanziare una startup e ha creato, nella capitale Yerevan, due zone economiche speciali, dove le imprese residenti possono beneficiare di sconti ed esenzioni fiscali.
Senza dimenticare che gli stipendi bassi sono un richiamo irresistibile per le multinazionali, tanto che Google, Oracle, Microsoft, D-Link e Synopsis hanno già aperto uffici nella repubblica balcanica. Insomma, sembra che l’Armenia sia destinata a diventare la Silicon Valley del Caucaso. Il presidente ha lanciato un vero e proprio piano, Atom, per avviare la rivoluzione tecnologica, che comprende un parco scientifico e tecnologico, un museo del futuro e una cittadella degli affari.
L’Armenia vuole diventare la Silicon Valley del Caucaso (wired.it 25.09.19)
Roma – Ai tempi dell’Unione sovietica l’Armenia era, si direbbe oggi, la Silicon Valley della galassia di repubbliche che orbitava intorno a Mosca. I suoi laboratori sfornavano il 40% dei computer mainframe per l’esercito. E nella capitale, Yerevan, il blindatissimo Istituto di ricerca informatica era arrivato a impiegare cinquemila persone, come ricorda il New York Times. Il crollo dell’Urss ha spento per qualche anno l’industria informatica del paese. Ma ora proprio su quell’eredità l’Armenia sta costruendo un piano di rilancio dell’economia: intelligenza artificiale, digitalizzazione, sicurezza informatica, startup.
“Il ventunesimo secolo può essere il secolo dell’Armenia”, è la visione del presidente Armen Sarkissian a Cybertech Europe, la fiera della sicurezza informatica a Roma. Secondo l’ex professore di fisica teorica, già primo ministro e capo dello Stato dall’aprile del 2018, “le risorse naturali non sono importanti come prima. Lo sono diventate le tecnologie e l’innovazione”. E su questo il paese può giocare tre carte. Primo, dice Sarkissian, “l’alta formazione in scienze, matematica e fisica”. Secondo: “La rete di armeni nel mondo. Ce ne sono 4-5 volte in più che nel Paese stesso”, dove gli ultimi dati ne censiscono 2,97 milioni, afferma il presidente: “Siamo uno stato piccolo ma globale”. Terzo: l’eredità dell’Urss, quel cumulo di sapere in matematica, fisica e informatica.
I numeri
Il governo ha già giocato alcune carte. Per esempio, ha semplificato le regole per avviare e finanziare una startup. E nella capitale Yerevan sono state create due zone economiche speciali, che permettono alle imprese residenti di beneficiare di sconti ed esenzioni fiscali. Secondo la Banca Mondiale, l’Armenia si colloca al 41esimo posto su 190 nazioni per facilità di investimenti. In 60 scuole è partito un programma pilota di formazione in robotica, che entro il 2020 sarà esteso in tutti gli istituti del paese, coinvolgendo 50mila studenti. E con stipendi bassi (in media, 400 dollari al mese per un tecnico junior, fino a 3.500 per professionisti più esperti) la delocalizzazione è appetibile per le multinazionali dell’informatica.
L’Enteprise incubator foundation calcola che in Armenia circa 17mila persone siano impiegate nel settore tecnologico, che contribuisce per circa il 6% al prodotto interno lordo (11,54 miliardi di dollari nel 2017). E multinazionali come Google, Oracle, Microsoft, D-Link o Synopsis hanno aperto i loro uffici nella repubblica caucasica. Il governo stima che nel 2018 l’industria informatica ha mosso un giro d’affari complessivo di 495 milioni di dollari e conta 650 aziende del settore (800, se si contano anche le startup).
Nome in codice: Atom
Su questi progetti si innesta il piano del presidente della repubblica caucasica: Advanced tomorrow. Meglio noto come Atom. “L’obiettivo è creare motori che permettano alla nazione di fare un salto”, spiega Sarkissian a Wired, “e usare il potenziale per creare una vera industria”. I tasselli del mosaico già ci sono: startup, piccole imprese, ma anche multinazionali da Stati Uniti, Russia e Francia. “Ma bisogna sistematizzarlo. Voglio portare le migliori aziende da Europa e America, sotto un grande ombrello, e creare un ecosistema”, annuncia il presidente.
In pratica, Atom si articolerà in un parco scientifico e tecnologico, per formare le menti dei giovani, a cominciare dalla tenera età; un museo del futuro, per indicare la visione del domani; una cittadella degli affari, concentrata su matematica, sicurezza informatica e intelligenza artificiale. Per realizzare il piano Sarkissian sta reclutando una commissione internazionale, i cui nomi saranno annunciati tra due mesi.
Collaborazione internazionale
Dall’inizio dell’anno, inoltre, nelle sue missioni diplomatiche, il capo dello Stato sta promuovendo l’iniziativa, cercando sponde e collaborazioni all’estero. A Cybertech stesso ha invitato le aziende a investire nella repubblica del Caucaso.
L’Armenia, d’altro canto, soffre la presenza di due scomodi vicini di casa. Da un lato la Turchia, che non ammette le responsabilità dl genocidio armeno. Perpetrato dalle truppe ottomane tra il 1915 e 1916, ha causato 1,5 milioni di morti ed è riconosciuto da 29 Paesi nel mondo. Dall’altro l’Azerbaijan, con cui i rapporti sono tesi per il conflitto nella regione del Nagorno-Karabah. Il paese vuole evitare un isolamento che metterebbe in ginocchio l’economia. “Abbiamo la tradizione ma ora dobbiamo impegnarci con il resto del mondo – dice Sarkissian –. Essere parte del processo mondiale, non alieni”.