“L’Armenia e l’Artsakh stanno affrontando una minaccia esistenziale” (Il Foglio 09.01.23)
Per Tigrane Yégavian, esperto di geopolitica, l’Azerbaijan e il suo alleato turco vogliono disintegrare lo stato armeno. Scrive il Figaro (30/12)
Le Figaro – Il blocco da parte degli azeri del corridoio stradale che lega l’Artsakh/Nagorno Karabakh e l’Armenia ha mostrato che il conflitto, congelato dal 2020, non era risolto. Cosa vogliono rispettivamente gli azeri e gli armeni dell’Artsakh?
Tigrane Yégavian – La priorità degli azeri è mettere fine alla presenza armena nell’Artsakh. Il blocco del corridoio di Lachin e l’interruzione provvisoria delle forniture di gas puntano a spingere gli abitanti dell’Artsakh ad abbandonare quelle terre, e, di riflesso, a porre fine alla presenza russa, il cui mandato si giustifica con il mantenimento di una presenza armena su quel territorio. Baku non è soddisfatta della situazione ereditata dal cessate-il-fuoco del novembre 2020, perché i due obiettivi non sono stati raggiunti. L’Artsakh non è ancora stato annientato e l’Armenia si rifiuta di cedere un corridoio extraterritoriale transitante dalla città di Meghri, che porterebbe a compimento la giunzione panturchista tra l’Azerbaijan, la sua enclave del Nakhchivan e per estensione la Turchia. Il Nagorno-Karabakh è stato certamente oggetto di una grande erosione (2900 chilometri quadrati circa), ma si mantiene ancora attorno all’asse Stepanakert-Martakert. Inoltre, la maggior parte delle popolazioni che si sono mosse in Armenia durante la guerra è ritornata nell’Artsakh provocando un boom di costruzioni di nuovi edifici. Esiste ancora un governo del Nagorno-Karabakh dallo statuto incerto, ma di fatto sotto protettorato russo, presenza che gli azeri considerano come una forza di occupazione. Infine gli azeri approfittano del nuovo rapporto di forza che è a loro favorevole e dell’indebolimento della Russia per costringere l’Armenia a cedere questo famoso corridoio nel sud. Dal canto loro, gli armeni dell’Artsakh non hanno rinunciato al loro sogno di essere un giorno riunificati alla madre patria: ma la loro principale battaglia resta quella del diritto all’esistenza su una terra in cui abitano senza discontinuità da tremila anni a questa parte. Con il blocco del corridoio di Lachin, il regime di Aliyev esercita una forma di terrorismo di stato e testa nuovamente la comunità internazionale stabilendo un parallelo con il corridoio di Meghri, come se il Nakhchivan collegato alla Turchia via terra e all’Azerbaijan per via aerea (attraverso lo spazio aereo armeno!) fosse nella stessa situazione dell’Artsakh. Ilham Aliyev non ha paura del ridicolo mandando un contingente di sicari travestiti da attivisti per l’ambiente quando sappiamo che la società azera non ha praticamente più i mezzi per farsi sentire. E che dire dei danni ambientali causati dagli incendi delle foreste del Nagorno-Karabakh causati dai bombardamenti al fosforo bianco nel corso dell’ultima guerra del 2020?
Lei ha detto a più riprese che non è solo l’Artsakh a essere minacciato, ma anche l’Armenia. Non è un po’ esagerato? Pensa veramente che l’Armenia possa “sparire”?
Se tiene conto dei numeri ridotti delle loro popolazioni, l’Armenia e l’Artsakh stanno già affrontando una minaccia esistenziale. Gli eventi avvenuti dal 2020 ad oggi sono lì per ricordare che il genocidio del 1915 continua a fuoco lento, seguendo modus operandi diversi: ingegneria demografica, blocco energetico, atti terroristici, provocazioni quotidiane… l’Azerbaijan e il suo alleato turco fanno di tutto per mettere fine alla presenza armena nell’Artsakh, che alcuni considerano come lo scudo dell’Armenia. La vasta offensiva militare scatenata da Baku lo scorso settembre ha dimostrato che senza il Nagorno-Karabakh, l’Armenia è priva di profondità strategica e incapace di difendere le sue frontiere seghettate, ereditate dalle erosioni avvenute sotto Stalin. La stretta striscia montagnosa del Syunik è troppo vulnerabile e sottomessa a provocazioni quotidiane. La sua popolazione è conosciuta per la sua tenacia e per il suo carattere indomito, non cede al panico, ma si sente abbandonata da tutti. Se i giovani del Syunik se ne andassero, ci sarebbero delle forti probabilità che l’Armenia venga tagliata fuori dall’Iran e totalmente asfissiata.