L’Armenia è come l’Ucraina. Ma a nessuno interessa (Tempi 22.03.24)
Ora l’Azerbaigian pretende otto villaggi armeni, senza offrire in cambio i territori di Erevan che occupa illegalmente. Pashinyan ammette: «Se non cediamo, ci invadono». La comunità internazionale non ha niente da dire?
L’appetito vien mangiando e il lupo azero è più vorace che mai. Dopo l’invasione e la conquista del Nagorno-Karabakh il 20 settembre, ora minaccia l’Armenia.
Lo spettacolo nel Caucaso meridionale al quale il mondo sta assistendo, più o meno consapevolmente, è disarmante: una dittatura feroce, fomentata dall’odio etnico, che non rispetta diritti umani né civili in patria, si fa forte della sua superiorità militare e dell’indifferenza della comunità internazionale per minacciare impunemente un altro paese sovrano.
Assomiglia tanto alla storia della guerra tra Russia e Ucraina, con la differenza che a nessuno, in questo caso, sembra interessare imporre il rispetto del diritto internazionale.
O i villaggi o la guerra
Ilham Aliyev pretende da circa un anno la restituzione di otto villaggi che al tempo dell’Unione Sovietica erano inclusi nella Repubblica socialista sovietica azera e che dagli anni ’90 fanno parte dell’Armenia.
Quattro di questi si trovano nella provincia nord-orientale armena di Tavush e Baku li rivuole subito, minacciando di dichiarare guerra a Erevan se non obbedirà. Per gli altri quattro, bontà sua, gli azeri sono disposti ad aspettare.
Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, è apparso confuso su come affrontare l’ennesima minaccia azera. La scorsa settimana disse che la restituzione dei villaggi era «fuori discussione».
Pochi giorni fa, invece, durante una visita nella provincia di Tavush, ha parlato con i residenti di uno dei quattro villaggi spiegando: «Io posso andarmene oggi e dire all’Azerbaigian che non faremo niente.
Ma questo significa che al termine della settimana scoppierà la guerra e il nostro obiettivo è evitare un conflitto con l’Azerbaigian».
Pashinyan appare confuso
Anche se la posizione di Pashinyan può apparire ragionevole, in Parlamento l’opposizione l’ha duramente attaccato. Innanzitutto, si tratta di una concessione unilaterale da parte dell’Armenia, presa sotto diretta minaccia e che non rientra nell’ambito più ampio delle trattative tra i due paesi per la firma di un trattato di pace con la ridefinizione condivisa dei confini.
Oggi Baku pretende quattro villaggi, domani potrebbe richiederne ancora, ragionano in molti.
E chi può fidarsi che Aliyev, sempre minacciando guerra, non continui a fare richieste esose all’Armenia? Capitolare una volta non aprirà la strada a nuove umiliazioni?
Quei villaggi sono fondamentali per l’Armenia
C’è un secondo argomento, più pratico.
I villaggi contesi della provincia di Tavush si trovano lungo la principale autostrada che collega l’Armenia alla Georgia. Sotto gli insediamenti, inoltre, passa il gasdotto che porta il gas naturale dalla Russia all’Armenia.
Che cosa succederà se l’Azerbaigian, una volta entrato in possesso dei villaggi, bloccherà i rifornimenti di gas all’Armenia e il collegamento con la Georgia?
Non è un’ipotesi così improbabile, visto che Baku lo ha già fatto una volta: a partire da fine dicembre 2022, per quasi un anno, ha segregato in «un campo di concentramento» all’aria aperta i 120 mila armeni che vivevano nel Nagorno-Karabakh, chiudendo illegalmente il Corridoio di Lachin, bloccando ogni via d’uscita, interrompendo i rifornimenti di gas, cibo, medicine e acqua.
Allora l’Azerbaigian fu condannato a riaprire l’unica strada di collegamento tra Artsakh e Armenia dalla Corte internazionale di giustizia, ma non rispettò la sentenza.
E nessuno nella comunità internazionale ebbe il coraggio di imporsi sugli azeri. Perché non potrebbe accadere di nuovo?
L’Azerbaigian occupa già parti dell’Armenia
C’è un’altra ragione ancora che fa dubitare della bontà della strategia arrendevole di Pashinyan.
Anche l’Azerbaigian occupa illegalmente parti dell’Armenia: si tratta di alcuni territori occupati negli anni ’90 e di altri 250 chilometri quadrati di terra armena vicina a 31 villaggi occupata nel 2021 e nel 2022 nel sud del paese.
Aliyev si è rifiutato di riconoscere che quella terra appartiene all’Armenia, spesso chiamata dal dittatore «Azerbaigian occidentale».
Se dunque l’esercito azero non ha nessuna intenzione di andarsene da questi villaggi, chi garantisce a Erevan che una volta restituiti all’Azerbaigian i villaggi che vuole, riuscirà nell’ambito di trattative più ampie a ottenere i propri?
Quando la minaccia della guerra smetterà per l’Armenia di essere una ragione valida per piegare la testa?
L’Occidente in ginocchio da Aliyev
La verità è che il premier armeno, come scritto altre volte, non sa dove sbattere la testa. Dopo che la Russia, unico alleato di peso dell’Armenia, non ha impedito all’Azerbaigian di chiudere il Corridoio di Lachin, Pashinyan ha lasciato che si raffreddasse il rapporto con Mosca per rivolgersi agli Stati Uniti e all’Unione Europea.
Finora, però, il premier armeno ha ottenuto pochissimo dall’Occidente, che non sembra avere alcuna intenzione di fare la voce grossa con l’Azerbaigian, principale alleato della Turchia.
I nuovi “alleati” trattano Baku come «partner affidabile» e lo riveriscono in quanto fornitore di gas naturale; non hanno mosso un dito per impedire all’Azerbaigian di affamare gli armeni prima – ai quali nessuno ha inviato aiuti umanitari come ai palestinesi e per i quali nessuno ha manifestato nelle piazze e nelle università – né di riconquistare il Nagorno-Karabakh poi; non hanno detto una parola sui clamorosi brogli elettorali che hanno permesso al “piccolo Putin” Aliyev di restare al potere; e si voltano dall’altra parte ora che vedono che gli azeri non intendono fermarsi a Stepanakert.
L’Armenia non è meno importante dell’Ucraina
Mentre Pashinyan cerca di rafforzare il rapporto con la Nato, il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, elogia Aliyev come «fornitore di gas dei nostri alleati», che vorrebbero aumentare la dipendenza dal dittatore azero dai 12 miliardi di metri cubi di gas attuali a 20 miliardi nei prossimi anni.
Le parole di Stoltenberg sono controverse dal momento che l’aumento dei flussi di gas dall’Azerbaigian all’Ue coincidono in modo sospetto con la firma da parte di Baku di nuovi contratti con Mosca per la fornitura di un miliardo di metri cubi di gas.
Quella azera, insomma, assomiglia secondo molti europarlamentari a una clamorosa partita di giro che favorisce la Russia e l’Azerbaigian a danno dell’Ue e dell’Armenia.
Può il premier armeno fidarsi della Nato e dell’Ue più di quanto si possa fidare della Russia?
Non è chiaro. Di sicuro, se l’Occidente si fosse comportato con l’Ucraina allo stesso modo in cui si sta comportando con l’Armenia, la bandiera russa sventolerebbe già sulla Verchovna Rada di Kiev.