L’Armenia deplora i cosiddetti “lavori di restauro” alla cattedrale Ghazanchetsots di Sushi nell’Artsakh occupato dall’Azerbajgian (Korazym 04.05.21)
Gli Azeri continuano indisturbati il genocidio culturale nei territori della Repubblica di Artsakh, che hanno occupato con la guerra di aggressione nell’autunno del 2020. Oggi arriva la notizia da Shushi, nella parte della Repubblica di Artsakh occupata dall’esercito dell’Azerbajgian, che gli Azeri hanno cominciato a cambiare l’aspetto della Cattedrale del Santo Salvatore Ghazanchetsots, livellando cupola e rimuovendo croci e angeli, mentre nel frattempo fanno sparire le prove delle destruzioni durante la guerra.
L’UNESCO se c’è batte un colpo (oltretutto, le parole sono gratis). L’Unione Europea e il governo italiano non pervenuti, come stanno zitti anche i professionisti della difesa delle minoranze. Non pervenuti nemmeno i difensori dei diritti delle minoranze. Come pure la Santa Sede muta e zitta, nel nome delle “eccellenti relazioni” con Baku. La domanda è: gli Azeri-Turchi musulmani faranno della Cattedrale Ghazanchetsots una moschea come ha fatto Erdogan con Santa Sofia ad Istanbul, in previsione della sua visita alle terre armeni cristiani conquistati? Intanto, nel febbraio scorso il suo alleato Aliyev avevo già fatto un sopralluogo.
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Per chi si domanda ancora quale è la sorte del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno-Karabakh sotto occupazione azera – dopo i tanti articoli che abbiamo dedicato all’argomento (qui sopra soltanto una piccola selezione) – facciamo seguire la Dichiarazione del Ministero degli Esteri armeno su cosa sta succedendo con la cattedrale armena Ghazanchetsots di Sushi.
E poi, potete leggere, interpretare e capire la lunga intervista L’importanza dell’alleanza tra Italia e Azerbaigian (con un passaggio anche sull’alleanza tra il Vaticano e l’Azerbajgian), pubblicata oggi 4 maggio 2021 su Ilgiornale.it [QUI]. Emanuel Pietrobon – “con l’obiettivo di comprendere la reale profondità del legame italo-azerbaigiano” ha “raggiunto e intervistato” l’Ambasciatore azero Elchin Amirbayov, Assistente del Primo Vicepresidente della Repubblica dell’Azerbaigian (cioè la moglie del dittatore azero, Mehriban Aliyeva), già Ambasciatore presso la Francia e la Santa Sede, che “in questi giorni è in Italia per una visita di lavoro”.
Quale tipo di “lavoro” Amirbayov è venuto a fare qui da noi, si comprende, quando spiega in modo chiaro quali sono i rapporti dell’Italia e della Santa Sede con l’Azerbaigian e come espone “la visione del suo paese per una pacificazione regionale postbellica”. Cioè, invece di un servizio giornalistico leggerete una velina con il copia/incolla dal classico manuale di propaganda, mistificazione e disinformacia stile sovietico-azerbajgiano.
Per capire il perché del silenzio dell’Occidente (dell’Italia e della Santa Sede in particolare) e dei professionisti della “difesa delle minoranze”, basterebbe l’introduzione di Pietrobon, che sposa in toto la “visione” azera: “L’Italia ha un alleato prezioso al di là del Mediterraneo, più precisamente in quel polveroso lembo di terra steso fra i mondi russo e turcico: l’Azerbaigian. Il partenariato strategico con Baku ha consentito a Roma di non sentire i traumi dovuti al cambio di regime a Tripoli e all’erosione della sua sedimentata influenza nel cosiddetto Mediterraneo allargato, perché le ricchezze contenute nel sottosuolo di questa nazione sudcaucasica hanno contribuito in maniera determinante a salvaguardare la sicurezza energetica del Bel Paese. È erroneo credere, però, che il sodalizio italo-azerbaigiano sia circoscritto alla sfera della cooperazione energetica, perché i due Paesi collaborano attivamente e profittevolmente in una miriade di settori, dal commercio al caseario, passando per la cultura, e le imprese nostrane stanno svolgendo un ruolo-chiave nella ricostruzione dei territori liberati dell’Azerbaigian durante l’ultima guerra del Karabakh”.
Poi segue l’intervista “metodo Sodano”, con una serie di lunghi proclami – con l’aggiunte di domande – del diplomatico azero, ovviamente servo del suo padrone, come nel caso del suo collega, di cui ci siamo già occupato in passato [L’acer in fundo di un’intervista diplomatica. Un Pontifex Maximus non può non essere consapevole della strumentalizzazione dei suoi discorsi e degli atti dei suoi ministri – 12 marzo 2021].
Intanto, di fronte a tante parole diplomatiche e di propaganda, vedremo cosa sta succedendo con la cattedrale armena di Shushi, sotto le “cure amorevoli e tolleranti” degli occupanti azeri: tolti angeli e croci, e livellata la cupola armena, sparite croce e statue degli angeli dal cancello di ingresso. Il più recente ma non ultimo esempio di come il regime del dittatore Aliyev sta distruggendo tutto il patrimonio armeno nei territori conquistati con la guerra di aggressione.
Le azioni compiute dall’Azerbaigian presso la Cattedrale del Santissimo Salvatore di Ghazanchetsots a Shushi sono deplorevoli, poiché ci sono già molti precedenti di distruzione di luoghi di culto e monumenti armeni, nonché per la giustificazione di tali azioni, ha affermato il Ministero degli Esteri armeno in una Dichiarazione.
“Tra i molti crimini di guerra commessi dalle forze armate azere durante l’aggressione contro l’Artsakh c’è il deliberato attacco alla cattedrale di Shushi Ghazanchetsots con armi ad alta precisione due volte in un giorno, seguito dall’atto di vandalismo dopo l’istituzione del cessate il fuoco”, si legge nella Dichiarazione.
Il Ministero degli Esteri armeno sottolinea che l’Azerbajgian svolge azioni presso la cattedrale di Shushi senza consultare la Chiesa Apostolica Armena, il che costituisce una chiara violazione del diritto dei credenti armeni alla libertà di religione. “È altrettanto preoccupante che l’Azerbajgian abbia iniziato a modificare l’aspetto architettonico della chiesa prima dell’avvio dei lavori della missione di valutazione degli esperti dell’UNESCO. È ovvio che l’Azerbajgian sta deliberatamente bloccando l’ingresso degli esperti dell’UNESCO nei siti del patrimonio culturale armeno in via di estinzione, da un lato per coprire i crimini di guerra che ha commesso, e dall’altro per cambiare l’integrità storico-architettonica del monumento”.
“In questa situazione, tutte le preoccupazioni della parte armena che queste azioni dell’Azerbajgian siano manifestazioni di vandalismo, volte a privare la Cattedrale Madre di Shushi della sua identità armena, sono più che motivate”, ha affermato il Ministero degli Esteri armeno.
La Dichiarazione sottolinea che nessuna azione può essere svolta presso la Cattedrale di Ghazanchetsots, e i numerosi monumenti storici e culturali armeni e luoghi di culto nei territori dell’Artsakh sotto l’occupazione azera, senza documentazione della situazione attuale da parte di esperti internazionali, prima di tutto, dell’UNESCO e il loro attivo coinvolgimento nei lavori di restauro.
“La cattedrale di Shushi è uno dei centri importanti della Chiesa Apostolica Armena in Artsakh, dovrebbe servire come luogo di culto”, conclude la Dichiarazione.
Gegham Stepanyan, il Difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh, alla vigilia aveva riferito che con il pretesto del cosiddetto “restauro”, gli Azeri stavano distorcendo uno dei più importanti valori culturali armeni: la Cattedrale del Santo Salvatore Ghazanchetsots a Shushi.