L’Armenia accusa l’Azerbaijan di pulizia etnica davanti alla CIG (Ultimavoce 18.04.24)
Si sono tenute in questa settimana le prime audizioni del caso presentato nel 2021 dall’Armenia contro l’Azerbaijan di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG): le accuse sono quelle di glorificare l’odio razziale nei confronti della popolazione di etnia armena e di adottare comportamenti violenti e discriminatori. Al confine fra i due paesi sarebbero in atto operazioni di pulizia etnica.
Le origini del caso: la guerra Armenia-Azerbaijan
Il caso affonda le sue radici nella disputa riguardo il territorio del Nagorno-Karabakh, un’enclave montuosa che i due paesi del Caucaso di contendono sin dal crollo dell’Unione Sovietica. La regione è stata teatro di una vera e propria guerra Armenia-Azerbaijan, che nel ha causato la morte di più di 6.600 persone. Il conflitto si concluse all’epoca grazie ad un accordo di cessate il fuoco mediato dalla Russia, che garantì all’Azerbaijan il controllo territoriale di alcune parti del Nagorno-Karabakh, lasciando però il governo di altre aree in mano a funzionari armeni.
Le ostilità al confine fra i due paesi si sono riaccese quando, a settembre dello scorso anno, Baku ha avviato un’operazione militare per riportare sotto il proprio controllo la totalità dell’enclave. Questa manovra ha prodotto la maggior parte della popolazione a fuggire verso l’Armenia, che oggi affronta una crisi umanitaria nel tentativo di gestire sia i rifugiati arrivati nel 2020 che i nuovi ingressi di settembre. Nonostante la CIG abbia ordinato all’Azerbaijan di consentire il ritorno della popolazione di etnia armena nel Nagorno-Karabakh già da novembre, gli sfollati non hanno fatto ritorno. A dicembre, le due parti hanno concordato di avviare dei negoziati per un trattato di pace, che però ad oggi non sembrano aver prodotto risultati.
Il caso portato alla Corte Internazionale di Giustizia
La Convenzione dell’ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale prevede una clausola che consente di risolvere le dispute tramite la Corte Internazionale di Giustizia nel caso in cui con i negoziati bilaterali non si riesca a trovare un accordo. Nel 2021 l’Armenia ha quindi presentato un caso alla corte dell’Aja, accusando l’Azerbaijan di adottare comportamenti in chiara violazione della Convezione.
Le accuse sono state prontamente respinte dall’Azerbaijan, che sostiene di non aver mai costretto gli armeni a lasciare il Nagorno-Karabakh, ma al contrario di aver garantito il ritorno in sicurezza e la protezione effettiva di tutti i residenti dell’area in conflitto indipendentemente da nazionalità e etnia.
Questa settimana sono state avviate le prime audizioni pubbliche sul caso, che per ora si limiteranno ad accertare l’effettiva giurisdizione delle Corte Internazionale di Giustizia e quindi non entreranno nel merito delle accuse di discriminazione. Baku ha infatti sollevato due obiezioni all’avvio stesso del processo.
Le audizioni: la posizione dei due paesi
In primo luogo, il rappresentante azero Elnur Mammadov ha argomentato davanti al tribunale che l’Armenia non ha mostrato un reale impegno nei negoziati con l’Azerbaigian per risolvere la questione: la mancanza di una volontà genuina di risolvere il conflitto renderebbe il caso “prematuro”, dal momento che per statuto la CIG ha mandato di intervenire nelle controversie solo laddove i dialoghi bilaterali siano falliti.
Mammadov ha poi contrattaccato, aggiungendo che dietro l’azione legale intrapresa dall’Armenia si celerebbe in realtà l’intenzione di sfruttare il processo come lo strumento di una campagna mediatica contro l’Azerbaijan. Accuse fermamente respinte da Yeghishe Kirakosyan, il rappresentante armeno, che ha dichiarato: “l’Armenia ha negoziato con l’Azerbaigian in buona fede e ha portato avanti le discussioni ben oltre il punto di utilità”.
In seconda battuta, l’Azerbaijan sostiene che le accuse presenti nell’istanza dell’Armenia siano semplicemente al di fuori del campo di applicazione della Convenzione contro la discriminazione, il che escluderebbe in automatico la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia. Ancora una volta Kirakosyan ha controbattuto, osservando come le violenze, la detenzione e le scomparse forzate ai danni della popolazione armena siano chiaramente motivate da un intento discriminatorio su base razziale, al contrario di quello che l’Azerbaijan sostiene.
Consolidato il suo il controllo sul Nagorno-Karabak, Baku starebbe ora “cancellando sistematicamente ogni traccia della presenza degli armeni etnici, compreso il patrimonio culturale e religioso armeno”. Secondo il rappresentante armeno, l’Azerbajan ha da sempre interpretato le rivendicazioni in materia di diritti umani come una sfida nei confronti della sua sovranità o integrità territoriale. Alla luce di questo, assume corpo l’ipotesi per cui “dopo aver minacciato di farlo per anni, l’Azerbaigian ha completato la pulizia etnica della regione”: questa l’affermazione lapidaria di Kirakosyan.
Per arrivare a una sentenza per le accuse nel merito potrebbero volerci anni, un lasso di tempo a cui va sommato il periodo necessario per valutare le questioni relative alla giurisdizione. Nel frattempo, non esistono garanzie che la situazione al confine non si deteriori ulteriormente e che la guerra Armenia-Azerbaijan non produca altre vittime.