“L’Acqua Alta e i denti del lupo” di Emanuele Termini: quel misterioso soggiorno di Stalin a Venezia (oubliettemagazine 26.12.19)
Nel libro “L’Acqua alta e i denti del lupo” presentato da Edizioni Exòrma, Emanuele Termini riprende in mano una vecchia inchiesta giornalistica del 1957 ad opera di Gustavo Traglia, un giornalista anconetano. L’inchiesta fu insabbiata ai tempi per “scomodità politica” e poi ripresa sotto forma di racconto nel 2005 all’interno del libro di Alberto Toso Fei “Misteri della laguna e racconti di streghe” (ed. Elzeviro).
Questo è il punto di inizio delle indagini di Termini, ovvero la leggenda cara ai “compagni” veneziani di “Bepi del Giasso” (Giuseppe del Ghiaccio), in cui si narra che nel gennaio del 1907 un giovane rivoluzionario georgiano sbarcò ad Ancona da un mercantile proveniente da Odessa. Aveva circa 30 anni, occhi azzurri, capelli neri e barba incolta. Lo chiamavano Koba, aveva molti altri pseudonimi e falsi documenti, ma il suo vero nome era Ioseph Vissarionovič Džugašvili: l’uomo che dal 1913 si fece chiamare Stalin.
Ad Ancona viene nascosto e appoggiato dagli anarchici locali, e si nasconde per un periodo nell’Hotel Roma e Pace. Da Ancona, sempre grazie all’aiuto degli anarchici anconetani e veneziani raggiunge Venezia, dove trova rifugio nell’isola monastero di San Lazzaro degli Armeni, sotto la protezione del Padre Armeno Ignazio Giurekian, e qui si nasconde sotto pseudonimo nei mesi di febbraio e marzo del 1907, per poi ripartire senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.
Numerose sono le dicerie che si raccontano tra Venezia e Mestre, spesso narrate dagli ex barcari dei burci che scaricavano le granaglie trasportate sino al Molino Stucky dai mercantili provenienti da Odessa, e dai cui oblò venivano passati libretti e propaganda rivoluzionaria[1]. Questa è una via che Termini non ha sondato, tuttavia le ricerche spesso si intrecciano.
Dietro le quinte del mistero di Stalin all’Isola degli Armeni, affiora una complessa trama internazionale di servizi segreti e di massoneria, di disseminazione e di depistaggio delle informazioni. Ne rimase colpito anche il Maestro Segreto della Loggia Hermes Hugo Pratt, che nei suoi fumetti fa salvare Corto Maltese da morte certa grazie ad una telefonata nientemeno che a Stalin:
“Perché non ti hanno lasciato fare il campanaro nella chiesa degli Armeni a Venezia?” – Hugo Pratt
Termini rimane morbosamente intrappolato nella vicenda, e si lancia in una indagine che lo porterà a scomodare mezza Ancona, e a fare numerose incursioni a Venezia nei preziosi archivi della città a caccia delle pochissime tracce che Stalin ha lasciato della sua permanenza in laguna.
Secondo le teorie più accreditate, il giovane rivoluzionario era segretamente in viaggio per incontrarsi – altrettanto segretamente – a Berlino con Lenin.
Lo scopo dell’incontro fa parte di una delle pagine più oscure e sanguinarie della storia del Partito Operaio Socialdemocratico Russo: il finanziamento della Rivoluzione russa contro lo Zar Nikolai II. Come si alimentava la rivoluzione? Riciclando all’estero i rubli delle rapine operate in tutto il territorio sovietico (e specialmente in Georgia) ad opera dei rivoluzionari.
La faccenda metteva in cattiva luce il Partito, e nel congresso di Londra fu proibita la pratica della rapina, pena l’espulsione dal Partito stesso, ma Lenin sapeva bene che occorrevano denari per armare i rivoluzionari, per stampare la propaganda, per mantenere tutti i compagni sparsi per l’Europa, e per corrompere i servizi segreti dell’Ochrana zarista.
Secondo le teorie più accreditate, l’incontro tra Josif e Lenin a Berlino era volto proprio a programmare un enorme colpo nella cittadina di Tbilisi: con certezza è possibile affermare che la mattina del 26 Giugno 1907 una carrozza portavalori entrò nella piazza Yerevan scortata da molti cosacchi a cavallo. Una serie di esplosioni e una sparatoria diedero il via ad una strage, ma il colpo andò a segno: 250 mila rubli (circa 2.350.000 euro odierni) destinati alla Banca Statale dell’Impero Russo finirono in mano ai rivoluzionari. Dalla rivoluzione di Ottobre del 1917, il resto è storia ben nota, e il libro si conclude con una citazione imprecisa dalla memorabile intervista di Emil Ludwig a Stalin, che ho voluto ripescare dal testo originale[2]:
“Ludwig – Non pensa che tra i tedeschi come nazione l’amore per l’ordine sia molto più sviluppato dell’amore per la libertà?
Stalin – C’è stato un tempo in cui le persone in Germania mostravano davvero un grande rispetto per la legge. Nel 1907, quando mi capitò di passare due o tre mesi a Berlino, noi bolscevichi russi spesso ridevamo di alcuni dei nostri amici tedeschi a causa del loro rispetto per la legge.” – Emil Ludwig
Purtroppo l’indagine di Termini nulla aggiunge a questo mistero. Stalin, se mai è stato a Venezia, e se questa sua presenza in laguna ha realmente avuto una qualche importanza nella Rivoluzione russa, riuscì veramente bene a occultare la sua presenza, e “Bepi del Giasso” continuerà ad alimentare i racconti dei veneziani nelle calli più sconosciute di Venezia, quelle dove non si arriva da turisti, o a bordo di qualche sanpierota tra i canali. Il taglio del libro ha preso infatti più volte più l’aspetto di un racconto delle vicende personali dell’autore nelle sue escursioni tra calli ed una nota libreria veneziana da cui il libro stesso prende il titolo. Tuttavia, nell’attività diligente e sistematica della ricerca, volta alla scoperta della verità intorno a fatti determinati, anche il non aver trovato niente, è pur sempre un dato, e Venezia è ricca di archivi e cimiteri di libri anche in luoghi insospettabili.
“Il monaco aveva ribadito l’appuntamento, invitandomi nel frattempo a pregare Sant’Antonio. Sant’Antonio? Quale? Avevo risposto io pensando ai due santi omonimi. Quello delle cose perdute! Mi aveva detto.” – Emanuele Termini