L’abbraccio di Francesco ai discendenti delle vittime del genocidio (Faro di Roma 21.06.16)

Papa Francesco in Armenia incontrerà 10 discendenti di alcune vittime del genocidio armeno che furono ospitate nelle Ville di Castel Gandolfo da Benedetto XV, dove per molti anni vi fu un orfanotrofio armeno.

Lo ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede e direttore della sala stampa vaticana, in occasione della conferenza stampa di presentazione del viaggio apostolico di Papa Francesco in Armenia che avrà inizio venerdì 24 giugno fino a domenica 26 giugno. Si tratta del 14esimo Viaggio internazionale di Bergoglio che per la prima volta dalla sua elezione si reca in Armenia dopo la storica visita di Papa Giovanni Paolo II del settembre 2001 in occasione del 1700esimo anniversario del cristianesimo in Armenia. Wojtyla proprio in quell’anno scrisse una lettera apostolica sul Battesimo del popolo armeno esortando l’intera popolazione a rialzarsi dalla sofferenza di tanti anni di regime totalitario. “Il popolo – scriveva Giovanni Paolo II – aspetta segni concreti di speranza e di solidarietà, e sono certo che il ricordo grato delle proprie origini cristiane è per ogni Armeno motivo di consolazione e di sprone”.

Su questa stessa linea ecumenica di continuità, Papa Francesco visiterà il Caucaso per ben due volte: adesso recandosi in Armenia e dal 30 settembre al 2 ottobre in Georgia e Azerbaigian. “Per diverse ragioni – ha spiegato il gesuita – le due tappe sono separate, uno dei motivi principali è che il patriarca della Georgia doveva essere a Creta in questi giorni per partecipare al Sinodo panortodosso. Ma il viaggio va visto nel suo complesso”. Francesco dunque visita la Repubblica di Armenia perché è stato invitato dal governo, della Chiesa cattolica, e dal Catholicos d’Armenia e di tutti gli armeni, che è l’arcivescovo a capo della Chiesa apostolica armena.

“Motivi di questo viaggio – ha spiegato p. Lombardi ripercorrendo assieme ai giornalisti presenti i momenti principali del viaggio – sono diversi: il Catholicos era già venuto a Roma per l’elezione di Papa Francesco e ora il Papa desidera visitare la comunità cattolica locale per incoraggiarla e per confermare sostegno e amicizia all’intera popolazione, come ha già fatto in occasione della grande celebrazione presieduta un anno fa nella basilica vaticana sul centenario del genocidio alla presenza delle principali autorità armene”.

Incontrando gli armeni, Papa Francesco nella mattina di sabato 25 giugno, dopo aver visitato il Tsitsernakaberd Memorial Complex, eretto nel 1967, in ricordo del grande genocidio che tra il 1915 e il 1916 causò la morte di 1,5 milioni di armeni, abbraccerà un gruppo di discendenti di alcune vittime. Si tratta di un incontro molto significativo che segna un ponte simbolico e storico tra l’opera benevola di Benedetto XV, che con l’appoggio dell’allora Segretario di Stato, cardinale Pietro Gasparri, ha tentato tutto ciò che era possibile perché il governo turco fermasse la disumana razzia, e questa visita di Francesco.

Benedetto XV inventò la “diplomazia del soccorso”  mobilitando la Santa Sede, i vescovi, il laicato e le comunità cattoliche ad aiutare tutti senza distinzione tra cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, musulmani. Si parla infatti di due lettere indirizzate dal Papa al sultano, di varie istanze mosse dal delegato apostolico, ma anche di interventi presso gli alleati dei turchi, in particolare presso il Reich tedesco, prussiano-protestante, dimostratosi del tutto indifferente, e presso il cattolico Impero austro-ungarico, allora purtroppo impotente. Nonostante qualche promessa turca, non si ottenne alcun risultato e persero la vita circa 1,5 milioni di cristiani armeni.

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“Un Paese isolato, sempre più isolato, dal punto di vista internazionale. Un Paese sostanzialmente in guerra, che destina il 50% per cento del suo Pil alle spese militari. Una terra che porta la ferita profonda del genocidio, vive il conflitto con l’Azerbaijan per la difesa del Nagorno Karabakh, accoglie con generosità e fatica i profughi siriani armeni che fuggono dalle terre conquistate dall’Is. Un popolo che ha grandissime potenzialità, ma ha bisogno di alleati, di comprensione”. Così, Franca Giansoldati, giornalista e vaticanista del quotidiano Il Messaggero, descrive l’Armenia, il primo Paese cristiano della storia, meta del prossimo 14° viaggio apostolico di Papa Francesco. La Giansoldati è autrice del libro “La marcia senza ritorno, il genocidio armeno”, Salerno editrice (2015), frutto di un meticoloso lavoro d’archivio, le cui bozze sono state inviate al Pontefice proprio in occasione del centenario dell’immane tragedia che colpì quel popolo.
I motivi del negazionismo
“Le frontiere armene con la Turchia – spiega – sono chiuse per la questione del mancato riconoscimento del genocidio da parte del governo di Ankara che si rifiuta di assumersi la responsabilità storica di quei fatti. Dietro questa linea negazionista c’è il grande problema dei risarcimenti economici, ma anche un problema psicologico: la difficoltà a mettere in discussione la storia delle proprie radici nazionali. I tre ministri turchi che studiarono il piano di sterminio degli armeni sono celebrati ancora oggi in diverse città turche dove le piazze e i boulevards portano i loro nomi”.
Volti che escono dal silenzio
“Il mio libro è nato grazie soprattutto al lavoro di padre Georges-Henri Ruyssen sj, scrittore de La Civiltà Cattolica, che ha messo a disposizione di tutti gli storici del mondo i documenti conservati negli archivi della Santa Sede: una mole immensa di testi e carteggi che confermano la veridicità e la drammaticità del grande sterminio della popolazione armena, attuato dalla Turchia, con un piano prestabilito, nel 1915”. “Oggi non è più possibile negare ciò che è accaduto”, spiega l’autrice. “Leggendo queste testimonianze le statistiche si trasformano in volti di persone, donne, bambini, che escono dal silenzio, ed è impossibile non commuoversi”. “Un massacro che inizia grazie a un odio sottotraccia da decenni, ma esplode contro le élite armene per motivi politici all’inizio del primo conflitto mondiale, quando la Turchia si trova oberata da debiti dopo la guerra con la Grecia e considera i cristiani armeni vicini alla nemica Russia. La grande marcia, la grande deportazione verso il nulla, senza cibo né acqua, diventa così la ‘soluzione finale’, meno dispendiosa e più terribile”.
Gratitudine e desiderio di pace
“La popolazione armena oggi ha veramente bisogno di pace. Lo si capisce parlando con la gente comune. Tutti vogliono una situazione migliore, ma la ‘realpolitik’ purtroppo continua a prevalere”, aggiunge la Giansoldati. “Nei confronti di Papa Francesco ci sono sentimenti di profonda gratitudine per aver detto la verità, aver utilizzato la parola genocidio e aver ricordato un milione e mezzo di persone, pregando per loro in San Pietro con il Patriarca e Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II. Speriamo che questo viaggio possa far riflettere anche i Paesi vicini all’Armenia, la Turchia e l’Azerbaijan. Speriamo che la preghiera e la liberazione delle colombe davanti al Monte Ararat, che Francesco e il Catolichos effettueranno domenica prossima, siano davvero di buon auspicio per la pace in tutta la regione”.  


Fabio Colagrande