La Turchia ha davvero commesso un genocidio contro gli armeni? Ecco cosa è avvenuto tra il 1915 e 1923 continua (Geopop 17.12.24)

Il 24 aprile di ogni anno gli armeni di tutto il mondo si raccolgono nelle commemorazioni del Genocidio che il loro popolo soffrì per mano dei turchi durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. L’evento è negato da Ankara, ma viene riconosciuto da vari Stati e organizzazioni, comprese l’Italia e l’Unione Europea.

Con l’espressione “Genocidio Armeno” (“Մեծ եղեռն/Medz Yeghern” – “Il Grande Male/Il Grande Genocidio”, in lingua armena) si intende la sistematica distruzione fisica del popolo armeno e della sua identità culturale portata a compimento nel periodo compreso tra il 1915 ed il 1923 dai turchi (con la fattiva collaborazione di numerose tribù curde) che ebbe come esito finale la completa eliminazione dell’elemento armeno dal panorama etno-culturale dell’Anatolia (la penisola sulla quale si distende la Turchia), provocando tra 600.000 e 2 milioni di morti. Parliamo di un evento la cui eco continua a produrre i suoi effetti ancora oggi, negato da Ankara, ma riconosciuto da una trentina di Stati e da organizzazioni internazionali, tra cui l’Italia e l’Unione Europea. L’evento è commemorato dagli armeni ogni 24 aprile.

Gli armeni e l’Impero Ottomano: una storia travagliata

Gli armeni, popolo indoeuropeo di antichissima origine, hanno tradizionalmente abitato per millenni una vasta area montuosa situata a cavallo tra la penisola anatolica, il Caucaso, l’altopiano iranico e il Medio Oriente che, proprio grazie a loro, è nota nella maggior parte del mondo col nome di “Altopiano Armeno” oppure “Tauro Armeno”. In quest’area si sviluppò nel corso dei secoli la loro civiltà, la quale visse costantemente a contatto con le altre popolazioni limitrofe (per esempio, gli assiri) nonché con i grandi imperi che, ad un tempo, hanno dominato l’area (per esempio l’Impero Persiano e l’Impero Romano).

Gli armeni entrarono in contatto con le genti turche a partire dalla seconda metà del XI secolo d.C. quando, dopo la sconfitta subita dall’Impero Romano d’Oriente nel corso della battaglia di Manzicerta (26 agosto del 1071 d.C.), l’area di loro tradizionale stanziamento cadde stabilmente nelle mani dei turchi Selgiuchidi. A questi ultimi succedettero nel 1299 gli Ottomani, il cui potere sarebbe durato per 623 anni, sino al 1922, poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.

Per gran parte della parabola storica dell’Impero Ottomano, gli armeni, pur confinati giuridicamente in una posizione di “inferiori” in base al sistema dei “millet” che separava i sudditi della “Sublime Porta” in base all’appartenenza religiosa, riuscirono comunque a ritagliarsi una posizione di estrema rilevanza a livello politico, economico e culturale all’interno del grande stato multinazionale e multiconfessionale.

A partire dal 1700 però, con l’inizio della lunga decadenza ottomana, la loro condizione sociale (come quella delle altre minoranze) andò via via peggiorando tanto che, quando il movimento rivoluzionario/riformatore dei cosiddetti “Giovani Turchi” (formalmente: Comitato Unione e Progresso) organizzò, nel 1908, una rivoluzione per abolire la monarchia assoluta e riformare e modernizzare l’Impero, gli armeni (così come le altre minoranze etno-religiose) la appoggiarono entusiasicamente sperando che questo avrebbe significato l’inizio di una nuova era.

Il Genocidio Armeno
La fiducia con la quale gli armeni salutarono l’instaurazione del governo dei “Giovani Turchi” si dimostrò assolutamente mal riposta. Essi infatti istituirono una spietata dittatura militare con a capo il triumvirato composto dai ministri İsmail Enver Pasha, Mehmed Talât Pasha e Ahmed Cemâl Pasha che nel 1914 spinsero l’Impero Ottomano a entrare in guerra dalla parte degli Imperi Centrali (Germania, Austria-Ungheria e Bulgaria) contro le potenze dell’Intesa, in particolare la Russia.

La guerra però andò malissimo per i turchi, tanto che il triumvirato al potere decise, specialmente dopo la sconfitta sofferta tra il 22 dicembre del 1914 ed il 17 gennaio 1915 nella battaglia di Sarikhamis contro la Russia, di accusare gli armeni e le altre etnie cristiane all’interno dell’Impero di preparare una sollevazione filorussa e di voler pugnalare i musulmani alle spalle.

I volti di alcuni tra le centinaia di intellettuali armeni arrestati e deportati nella notte tra il 23 ed il 24 aprile 1915. Credit: Soviet Armenian Encyclopedia, Settimo Volume
Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915, centinaia di membri dell’intellighenzia dell’influente comunità armena di Costantinopoli vennero arrestati e deportati verso le aree interne dell’Impero. Nelle settimane e nei mesi successivi gli ordini di deportazione vennero estesi a tutto il territorio dell’Anatolia coinvolgendo la totalità della popolazione armena locale. Milioni di armeni di ogni età ed estrazione sociale vennero deportati a piedi in condizioni terrificanti fino alle zone desertiche attorno alla città siriana di Deir ez-Zor che divennero una sorta di enorme “campo di concentramento a cielo aperto” per i poveri malcapitati.

Peraltro, gli armeni non furono le uniche vittime delle politiche del governo dei “Giovani Turchi” dato che, parallelamente, essi ordinarono la deportazione e lo stermino anche dei greci e degli assiri e solo il deterioramento della situazione al fronte nell’ultimo periodo della guerra impedì che anche i cristiani maroniti libanesi e gli ebrei di Palestina subissero sorte analoga.

Non si deve credere però che l’odissea degli armeni e delle altre popolazioni cristiane dell’Anatolia si sia conclusa con la fine della Prima Guerra Mondiale, dato che negli anni successivi, nel corso di quella che è passata alla storia come “Guerra d’Indipendenza Turca” (1919-1923), il generale Mustafa Kemal Atatürk a tutti gli effetti portò a compimento quanto era stato lasciato in sospeso dai “Giovani Turchi” completandone l’opera di pulizia etnica ai danni delle comunità non musulmane, base dell’istituzione su base etnonazionale della moderna Repubblica di Turchia.

Una memoria negata e un futuro incerto
E’ molto difficile dire con certezza quale sia stato il prezzo finale in termini di vite umane che il genocidio armeno ha inflitto al suo popolo. La maggior parte delle fonti parlano di un numero di vittime che va dai 600.000 a 1.500.000 (quest’ultima è la cifra più ricorrente nei libri di storia) ma è qui necessario specificare che le stesse fonti limitano l’arco temporale dell’indagine al periodo compreso tra il 1915 ed il 1918.

Se venissero contati anche gli eccidi della “Guerra d’Indipendenza Turca”, allora il totale potrebbe toccare i 2.000.000, su una popolazione totale di armeni, dentro e fuori dall’Impero Ottomano, che non superava i 3.500.000. Il risultato pratico di questo violento processo di eradicazione fu che, dopo il 1923, la plurimillenaria presenza del popolo armeno nelle sue terre d’origine ha completamente cessato di esistere.

Oggi, nella moderna Turchia, vivono non più di 40-50.000 armeni, per la quasi totalità concentrati nella città di Istanbul mentre tutto ciò che è rimasto di loro nei territori interni dell’Anatolia sono le rovine di un glorioso passato. Centinaia di migliaia di superstiti si sparsero in giro per il mondo gettando le basi per quella che oggi è la fiorente diaspora armena (“Spyurk”) che conta milioni di individui, soprattutto in Russia e nei paesi occidentali. Sorte analoga è toccata ai greci e agli assiri, anch’essi a tutti gli effetti scomparsi dal territorio anatolico.

Per decenni i sopravvissuti e i loro discendenti hanno lottato per ottenere giustizia, ma tale circostanza non si è mai verificata. Ancora oggi, infatti, sebbene 34 Paesi abbiano riconosciuto il genocidio armeno come “genocidio” in piena regola (l’Italia è tra questi), e benchè vi sia stato un pronunciamento quasi unanime a riguardo da parte della comunità internazionale degli storici, esso non ha ancora ottenuto quel riconoscimento internazionale complessivo e totale che ha invece ottenuto la Shoah ebraica avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale.

Vi sono inoltre tre Paesi (il Pakistan, l’Azerbaigian e la Turchia) che negano in maniera esplicita che vi sia mai stato un genocidio. La questione del negazionismo turco relativamente al genocidio armeno è importante non solamente per ciò che attiene alla riconciliazione tra armeni e turchi e al dialogo tra l’Unione Europea e la Repubblica di Turchia, ma anche per valutare le realistiche possibilità di permanenza della Turchia nel campo del cosiddetto “Occidente allargato”.

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