La tragedia che non c’è (Korazym 04.07.24)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.07.2024 – Renato Farina] – La “dichiarazione” finale del G7 è composta di 19.842 parole (in inglese, compresi titoli e titoletti). Apro il mio tablet sul bordo del lago di Sevan. Sono venuti a trovarmi alcuni amici cacciati dall’Artsakh (Nagorno-Karabakh), desertificato della sua popolazione indigena dagli invasori giunti dall’Azerbajgian tirando cannonate su Stepanakert e su tutti i villaggi abitati. Una espulsione totalitaria equivalente al genocidio: nullificare la presenza di un popolo nella sua terra, con tanto di fagotti dei morti sulle spalle, qualcosa di così disumano da spaccare le ossa della mia anima.

Ma so che tutto questo è stato vissuto dolorosamente anche da tanti Italiani, a differenza soprattutto del loro Governo, e del loro Parlamento (maggioranza e opposizione, presenzialisti e assenteisti). Tutti adoratori della Costituzione, questi politici, e tutti a citare l’articolo 11 che “ripudia la guerra”. Ma ci dev’essere un postscriptum riservato, che si passano tra loro le generazioni di potenti: non c’è scritto che bisogna ripudiare chi fa la guerra e annienta poveri cristi, purché in cambio stipino di gas i nostri serbatoi, e di caviale certi tipetti, e di denaro le nostre fabbriche di cannoni e aerei tattici militari per trasferire paracadutisti di reparti d’assalto sui petti di sciagurate minoranze Cristiane…

Sono ingiusto a non fare distinguo. Non tutti i parlamentari e non tutti i ministri e i sottosegretari hanno sacrificato gli Armeni dell’Artsakh alla ragion di Stato (ma val la pena sopravviva uno Stato che ha ragioni così miserabili per campare, al punto da accarezzare massacri e pulizie etniche purché gli autori siano bravi fornitori? Per me no, ma chi sono io per giudicare e magari al loro posto fare lo stesso?).

Non tutti hanno chiuso gli occhi, ci sono pochi meravigliosi deputati e senatori coraggiosi, oltre a qualche Nicodemo che nel silenzio dissente. Oso qualche nome: Centemero, Formentini, Zampa, Pozzolo, Orsini, Malagola, Fassino e se dimentico qualcuno, scriva che – se sono ancora vivo – rimedierò.

Speranze tradite

Ho letto la dichiarazione finale firmata da Capi di Stato e Premier del G7. Ho usato i dispositivi dell’intelligenza calcolatrice che permettono di scrutare il succo dei testi. Avevo moderate speranze di trovare un impegno per tutelare la piccola culla delle memorie Cristiane, un luogo che non è simbolico e basta, ma palpitava. Uso il passato!

Il Nagorno-Karabakh era abitato da centoventimila Cristiani. Nel settembre del 2020 l’Azerbajgian sostenuto dai Turchi si era già preso metà del territorio. La Russia e la Bielorussia, che avrebbero dovuto intervenire in base ai trattati sottoscritti con l’Armenia, hanno lasciato fare. Putin si è mosso solo a novembre, quando migliaia di soldati e civili Armeni erano ormai stati uccisi come sagome del lunapark da droni israeliani infallibili.

Nel 2022, quattro giorni prima dell’aggressione all’Ucraina, lo Zar Vladimir e il dittatore dell’Azerbajgian Ilham Aliyev hanno firmato un trattato di cooperazione, che ha consentito alla Russia di triangolare gas e petrolio con l’Occidente tramite il simpatico tiranno il cui padre Heydar fu vice di Breznev e colonna asiatica del KGB.

Nel 2023, dopo uno stillicidio di attacchi e assassinii, e l’assedio utile per far morire i bambini di fame, il colpo finale. In centomila espropriati della loro essenza furono costretti, per non essere schiavizzati o appesi ai pali, ad andarsene nella Repubblica di Armenia. L’Italia era corsa in soccorso del vincitore sin dai primi giorni del 2023 firmando un accordo per la “modernizzazione” (citazione dalla dichiarazione ufficiale del governo di Baku) delle forze armate azere.

Nelle circa 20mila parole messe in fila dal G7 non c’era spazio per scrivere “Armenia”

Ed ecco il G7 a presidenza italiana. Speravamo in Giorgia Meloni, ma forse l’essersi affidata a Elisabetta Belloni come sherpa per fissare accordi, non è stata una grande idea, almeno per noi disgraziati Cristiani del Caucaso. Non deve essere stata una gran trascinatrice per la buona causa delle minoranze religiose e razziali.

Avevamo sperato nella presenza al G7 di Borgo Egnazia dello Stato più amico di noi Armeni che esista in Occidente, almeno sulla carta: in Francia circa 750mila suoi cittadini sono “armenians de France”; ma dovrebbero esserlo anche gli USA e il Canada, nazioni in cui i miei fratelli assommano a un milione e mezzo.

Risultati? Siamo invisibili, siamo inesistenti. Esiste anche un genocidio che bassa attraverso la soppressione del problema, l’impiparsene.

Tra i circa 20mila lemmi ho provato a far contare al computer alcune parole chiave. Innanzitutto nomi propri di Stati o territori: Russia 61, Ucraina 57, Cina 29, Nord Corea 14, Palestina 13, Israele 11, Iran 11, Gaza 9, Libia 6, Armenia 0, Nagorno-Karabakh 0, Azerbajgian 0. Nomi per problematiche: Cambiamento climatico/clima 53, Gender 25, Diritti umani 24, Dignità umana 3, Migrazioni/migranti 38, Inquinamento 12, Plastica 9, Libertà 13, Libertà religiosa 0, Persecuzione 1, Persecuzione religiosa 0.

Come si vede, l’Armenia e la sparizione di una nazione Cristiana dalle cartine geografiche in Caucaso non sono un problema che interessi i grandi. Qui batterò ancora qualche colpo in alfabeto Morse, o vi siete stancati anche voi?

Il Molokano

Questo articolo è la versione integrale di quanto è stato pubblicato sul numero di luglio 2024 di Tempi in formato cartaceo e sulla edizione online Tempi.it [QUI].

Postilla

Il titolo del Molokano di luglio 2024 del carissimo amico Renato Farina porta alla memoria il Neverland (l’isola che non c’è) in Peter Pan, l’opera celebre di J. M. Barrie del 1904, che è la metafora della positività della ricerca dell’utopia o dell’ideale, senza però illudersi che questo sia pienamente raggiungibile nel mondo reale.
Da spalatore di nuvole, come Fred Vargas e il suo Adamsberg [QUI], continuo a sognare l’ideale, che un giorno gli Armeni potranno vivere in pace nelle loro terre ancestrali; un’utopia, visto come sono state ridotte dai Turchi nei secoli le terre armene, e continuano a prendersene fette con il sistema del taglio del salame; una speranza Cristiana in una pace che il mondo non ci può dare: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,27). Gesù è il Principe della pace, l’unico che può portarci la vera pace [V.v.B.].

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