La Russia arretra in Armenia e con la caduta di Assad si rischiano contraccolpi anche in Africa (AgenziaNova 26.12.24)
Dall’Armenia alla Siria, con potenziali contraccolpi sull’Africa: la Russia è chiamata a guardare oltre il conflitto in Ucraina per riuscire a mantenere la sua influenza in alcuni territori storicamente vicini. La Russia sta progressivamente perdendo la sua posizione di alleato strategico in Armenia. La recente riluttanza di Mosca a intervenire nel conflitto del Karabakh – culminato con la vittoria dell’Azerbaigian – ha suscitato profonda insoddisfazione a Erevan. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha chiaramente preso le distanze dall’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto), l’alleanza militare guidata dalla Russia. L’Armenia, in passato uno dei più fedeli alleati di Mosca, oggi valuta alternative per garantirsi sicurezza e stabilità. Secondo la rivista statunitense “Newsweek”, l’abbandono dell’Armenia rappresenta un ulteriore esempio della crescente incapacità di Mosca di mantenere l’influenza in regioni storicamente considerate nella sua sfera d’interesse. L’inerzia russa ha dato spazio a nuovi equilibri geopolitici, con Erevan che guarda con maggiore interesse verso partner occidentali, come dimostrato dal progressivo rafforzamento dei legami con l’Unione europea.
Per la Russia, poi, c’è la questione siriana. La caduta del regime di Bashar al Assad rappresenta una grave battuta d’arresto per la Russia. Dopo aver investito risorse militari e finanziarie per sostenere Assad, Mosca si ritrova ora con una perdita sia strategica che simbolica. Come si legge in un’analisi di Chatham House, il fallimento della Russia nel garantire la sopravvivenza del regime siriano mette in discussione il suo ruolo di “garante della stabilità” per altri regimi autoritari. Dal 2015, l’intervento militare russo in Siria aveva consolidato la presenza di Mosca come potenza regionale. Tuttavia, la caduta di Assad ha inferto un colpo alla reputazione della Russia come alleato affidabile e ha compromesso la sua posizione nel Mediterraneo orientale. Le basi di Tartus e Khmeimim, fondamentali per l’accesso russo alle rotte logistiche verso l’Africa, sono ora a rischio. Insomma, si tratta di una fase di evidente difficoltà per il presidente Vladimir Putin. La perdita di Damasco non solo indebolisce l’influenza russa nel Medio Oriente, ma impatta anche le operazioni militari e logistiche in Africa, un continente in cui Mosca aveva recentemente cercato di espandere la propria presenza.
L’instabilità siriana rischia di avere un effetto a catena. La base aerea di Khmeimim era un tassello cruciale nella strategia russa per proiettare potenza verso l’Africa. La perdita di questa infrastruttura obbligherà Mosca a ristrutturare le sue operazioni logistiche, un processo che richiederà tempo, risorse finanziarie e un ripensamento strategico. Tuttavia, secondo Chatham House, la Russia potrebbe considerare la situazione in Siria come un’opportunità per ritirarsi da un conflitto ormai insostenibile. Con l’attenzione focalizzata sulla guerra in Ucraina, Putin difficilmente avrebbe potuto permettersi di continuare a finanziare il regime di Assad. In questo contesto, il crollo del regime siriano permette a Mosca di evitare un impegno finanziario e militare simile a quello sovietico in Afghanistan.
L’incapacità della Russia di mantenere il controllo su alleati chiave come l’Armenia e la Siria riflette un più ampio declino della sua influenza geopolitica. La perdita di questi partner non è solo un problema strategico, ma rappresenta anche un colpo alla narrazione russa di essere un’alternativa affidabile all’Occidente. L’influenza di Mosca, peraltro, risulta minacciata anche in altri Paesi, come la Moldova e la Georgia, dove il sentimento antirusso sta crescendo. Le recenti proteste in Abkhazia – regione georgiana occupata dal 2008 – contro l’aumento della presenza russa sono un’ulteriore spia del malcontento nelle ex spazio sovietico.
L’indebolimento della posizione russa in Armenia e in Siria evidenzia le crescenti difficoltà di Mosca nel mantenere il controllo geopolitico. La perdita di Assad non solo mina la sua influenza in Medio Oriente ma ostacola anche le ambizioni africane del Cremlino. Parallelamente, l’allontanamento dell’Armenia dimostra come la leadership di Putin stia perdendo terreno anche nelle regioni storicamente vicine alla Russia. Se queste tendenze dovessero continuare, le mire del Cremlino di formare un fronte alternativo alla comunità occidentale potrebbero essere messe in seria discussione: dall’invasione dell’Ucraina, infatti, Mosca cerca con il sostegno di Paesi come Cina e India di fare fronte comune contro l’isolamento cui è stata sottoposta sulla scena globale.