La rosa bianca di Papa Francesco ai martiri armeni (Teleradiopadrepio.it 28.06.16)
“Fare della memoria un segno di pace”: è questo il messaggio che ci giunge dal viaggio di Papa Francesco in Armenia in ricordo del genocidio del 1915 subito da quel popolo per mano dei Turchi e protrattosi, poi, per oltre un quinquennio con la dispersione di famiglie intere, adulti e bambini in molti paesi del mondo. Lo scorso anno la Chiesa Armena ha santificato un milione e mezzo di quegli uomini, donne e minori che subirono il massacro anche perchè cristiani: essi non rinunciarono mai alla loro fede, come risulta dalle memorie familiari tramandate. La cerimonia in onore dei martiri presso il memoriale a loro dedicato nella Repubblica Armena ha suscitato toni di elevata partecipazione emotiva nei tanti che hanno assistito attraverso la diretta televisiva. La rosa bianca che Francesco ha deposto, poggiandola personalmente a poca distanza dalla fiamma ardente, rimane impressa nella mente, un gesto semplice fatto dal Papa anche in nome di tutti noi che stabilmente ci proponiamo di seguirlo negli insegnamenti. E’ quella armena una Chiesa antica che già nel 301 d.C. fu dichiarata religione di stato, prima che a Roma l’imperatore Costantino avviasse il processo di apertura verso i Cristiani. Analizzando la storia del Cristianesimo, apprendiamo che furono il concilio di Costantinopoli del 448 d.C. e quello di Calcedonia del 451 d.C. a sancire il distacco della Chiesa copta di Egitto ed Etiopia, della giacobitica di Siria e di quella armena gregoriana dalla romana. Infatti una dottrina teologica, che negava la natura umana in Gesù Cristo affermandone l’unica natura divina, si era diffusa nel V – VI secolo ad opera di Eutiche e poi del patriarca di Antiochia Severo. I due concili dichiararono tale dottrina, il monofisismo, eresia. Papa Francesco, sebbene tali divisioni che provengono da lontano, ha abbracciato i fratelli armeni continuando, come aveva fatto lo scorso anno in San Pietro, a definire il loro sterminio come il primo genocidio del XX secolo, a cui poi seguì quello degli Ebrei. Ma in realtà anche nel passato la posizione dei nostri papi era stata molto sensibile alla causa armena, come prova la lettera, consegnata negli scorsi anni da Roma agli Armeni, quale testimonianza di come Benedetto XV fosse intevenuto presso Costantinopoli per tentare di fermare quell’efferato martirio. Egli stesso, d’altra parte, così come il Suo successore Pio XI, accolse anche a Castel Gandolfo bambini e famiglie che erano riusciti a raggiungere l’Italia. Noi cattolici ci sentiamo rincuorati nell’apprendere il comportamento di questi due Papi, che non riuscirono a bloccare la strage, ma che tentarono comunque di muoversi in favore di quei fratelli cristiani lontani, mentre i governanti di tutte le nazioni restavano indifferenti ai fatti, facendo finta di non sapere e di non vedere. Papa Francesco continua la sua opera verso la pace al motto di far leva su ciò che ci unisce per superare ciò che ci divide, o meglio ciò che ci ha diviso e ha dato vita a situazioni di lotta, incomprensioni, scontri e inimicizie nel campo della fede; di una fede che, comunque, è cristiana e si basa sull’essere tutti fratelli e figli della Santissima Trinità. Un profondo e doveroso grazie a Papa Francesco che, da una parte continua a strabiliarci, dall’altra a condurci e rassicurarci con la Sua presenza e con il Suo amore che abbraccia tutti gli uomini del mondo e il mondo stesso come natura mirabile che Dio ha creato e a noi affidato.