La guerra senza filtri (Huffington Post 24.02.25)
Gli irruenti tentativi di Donald Trump di imporre dei cessate il fuoco a Gaza ed in Ucraina mostrano più che mai come questi due teatri di guerra siano intrecciati e si alimentino a vicenda. Il presidente americano sta tentando di imporre un unico grande Patto di Abramo che parte dal Golfo e termina nel Donbass e che vuole ridisegnare i rapporti di forza tra gli attori di queste regioni o che in queste hanno interessi. Ciò che succede in Ucraina ha dirette conseguenze sul Medio Oriente, e viceversa.
Questo grande intreccio tra le guerre, che Papa Francesco ha definito una “guerra mondiale a pezzi”, emerge con chiarezza leggendo “Vite al Fronte” (Rizzoli), l’ultimo libro di Luca Steinmann, in libreria dal 25 febbraio. Reporter di guerra per La7 e Repubblica e analista geopolitico per Limes, Steinmann nel 2022 era stato quasi l’unico giornalista occidentale al seguito delle truppe russe mentre invadevano l’Ucraina, esperienza che lo aveva portato a scrivere “Il Fronte Russo”, diario di guerra in cui racconta le esperienze da lui vissute tra i soldati di Putin. Con “Vite al Fronte” Steinmann continua con il diario di guerra, questa volta non concentrandosi solo sul conflitto russo-ucraino, a cui comunque dedica una parte importante, ma portando il lettore alla scoperta di zone di crisi e di campi di battaglia spesso inesplorati in diverse zone del pianeta: in Israele, in Libano, in Siria, in Turchia, in Giordania, nel Nagorno Karabakh. Raccontando esperienze vissute in prima persona, dà voce senza filtri alle persone che incontra mostrando, attraverso le loro tragiche vite sconvolte dai combattimenti, come i loro destini siano intrecciati tanto quanto lo sono le scelte politiche dei rispettivi governi.
L’intreccio emerge con forza nel conflitto israelo-palestinese. Steinmann incontra gli ebrei russi e ucraini in fuga dall’invasione del 2022, che ha riaperto in loro le ferite della memoria dei pogrom e della Shoah, ereditate dai racconti dei propri padri e dei propri nonni. Fuggiti in Israele, si ritrovano trascinati nella guerra di Gaza e vanno ad abitare dove un tempo abitavano i palestinesi fuggiti durante la Nakba nel 1948. Di questi ultimi Steinmann va a incontrare discendenti, che vivono in tragiche condizioni in Libano e Siria, dove a loro volta subiscono sanguinose guerre alle quali alcuni di loro prendono direttamente parte, arruolandosi nei gruppi armati. E talvolta combattendosi addirittura tra loro. Tutti serbando i ricordi e le paure, tramandate di generazione in generazione, delle tragedie e delle espulsioni subite dai propri genitori e nonni.
Andando a rintracciare le loro storie (insieme a quelle di tanti altri popoli come gli armeni, gli azerbaigiani, i ribelli siriani e quelli che hanno sostenuto Assad, i cristiani del Libano, i giovani sciiti che si arruolano in Hezbollah ed i russi del gruppo Wagner) Steinmann attraversa le guerre raggiungendo zone inesplorate dal resto della stampa. Accompagnandosi a civili e soldati, getta luce senza filtri su ciò che avviene in territori di cui spesso si parla dall’esterno senza però conoscerli da dentro: la quotidianità di chi ogni giorno subisce i bombardamenti a tappeto e quella dei soldati in trincea; le fughe di massa e le esistenze nei campi profughi; gli scontri armati e le ritirate dei soldati; i saccheggi e le crisi economiche. Con una prosa scorrevole “Vite al Fronte” racconta le guerre senza approccio ideologico o moralistico, dando voce ai loro protagonisti in modo diretto, contestualizzandone i racconti una cornice geopolitica ben illustrata.
Unico rammarico è che Steinmann non sia riuscito ad entrare nella Striscia Gaza durante i bombardamenti, osservandoli soltanto dal suo perimetro. Dal kibbutz di Beeri, epicentro della strage del sette ottobre, osserva per esempio i missili verso Gaza e quelli che decollano da essa, venendo intercettati dallo scuso antimissilistico israeliano. Vede all’orizzonte le nubi nere che si alzano dopo i colpi adnati a segno, sente le esplosioni e visita le distruzioni. Ma, come d’altra parte tutto il resto della stampa occidentale, non ha accesso alle zone in mano a Hamas.