La drammatica fine dell’azienda vinicola Kataro in Artsakh (Nagorno Kharabakh) (Korazym 31.01.21)
La guerra di aggressione contro la Repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) messo in atto a fine settembre 2020 dall’Azerbaigian, con il decisivo sostegno militare della Turchia e delle milizie jihadiste trasportati dalla Siria, non ha lasciato soltanto una scia di sangue e distruzioni dopo 44 giorni di violenti combattimenti e bombardamenti a tappeto sulla popolazione. Non si è fermato neanche alla cancellazione del retaggio culturale ed architettonico cristiano armeno nelle regioni del Giardino della Montagna Nera assegnati agli occupanti azeri-turchi secondo l’accordo di cessato il fuoco. Il tutto nell’assordante silenzio quasi totale delle istituzioni dell’Occidente e dei mainstream media. Gli occupanti islamici azeri-turchi se la sono presi pure con il vino armeno.
Nel sud dell’Artsakh, nella regione di Hadrut al confine con l’Armenia, c’è un antico monastero che domina montagne e gole di pietra, punteggiate da isole di fiori di montagna ed erbe aromatiche autoctone. Situato sopra le nuvole e i nidi delle aquile, questo monastero incarna il desiderio di perfezione e di nobiltà dell’uomo. Si chiama Katarovank. La strada per arrivarci è lunga e ardua e non è un caso che la famiglia Avetissyan abbia chiamato il proprio vino in onore di questo luogo incredibile circondato da una natura magnifica e esposto alle intemperie dai venti caldi. La storia del vino Kataro attraversa generazioni, rivoluzioni, blocchi e guerre. Ma nonostante tutte le svolte del destino, la famiglia Avetissyan era riuscita a preservare e far rivivere i vigneti, così come l’antica tradizione della vinificazione. Clima favorevole, sole soffice, terreno unico ricco di argilla e cure costanti danno vita al vino, che ha assorbito in sé la bellezza e la nobiltà della natura circostante. Finché sono arrivati i barbari…
Il sito del Consiglio per la Comunità Armena di Roma (nato nel 1999 con lo scopo di mantenere, diffondere e rafforzare lo spirito e l’identità armena) ha diffuso la notizia che la prestigiosa cantina Kataro, è andata irrimediabilmente distrutta. Il comunicato fa parte di iniziative di sensibilizzazione che il Consiglio per la comunità armena di Roma ha messo in atto ed è stato inviato agli operatori specializzati del settore. Si tratta di un appello alla “comunità del vino” in Italia, perché condanni senza indugio tale crimine e solidarizzi con i proprietari della cantina che dal nulla, con amore e dedizione, avevano creato un’eccellenza vinicola.
La cantina Kataro si trova nel villaggio di Togh nella Repubblica dell’Artsakh (secondo il censimento nazionale gli abitanti nel 2005 erano circa settecento). Ora questo villaggio della provincia di Hadrut è occupato dalle forze militari dell’Azerbaigian. Tristemente, dei soldati azeri si sono accaniti sulle botti che custodivano il pregiato vino, le hanno rovesciato, hanno spaccato bottiglie con l’unico scopo di vandalizzare un prodotto armeno di eccellenze, il risultato di investimenti e sacrifici di generazioni di vinicoltori. Come novelli barbari, non hanno avuto alcun rispetto, non solo del patrimonio culturale armeno, dei monumenti, delle chiese e dei cimiteri, ma neppure della civiltà del bere.
L’Artsakh o Nagorno Karabakh, nel Caucaso meridionale, ed è uno dei pochissimi posti sulla terra dove cresce il vitigno Khndoghni. Originario di questa regione, un tempo era usato per il vino fatto in casa.
Aghadjan Avetissyan, bisnonno dell’attuale proprietario della cantina Kataro, ha prodotto vino da uve Khondoghni per tutta la vita, ma con il crollo dell’URSS, e tutto ciò ne conseguì, la viticoltura fu messa da parte.
Fu solo nel 1996 che Grigory Avetissyan, l’attuale proprietario, decise di far rivivere i vigneti di Khndoghni e, dopo tanta sperimentazione, finalmente inizia nel 2010, i primi vini con il marchio Kataro.
Avetissyan coltiva vigneti di 11 ettari di Khndoghni e 2 ettari di uve Syrah. Questi si trovano a 6/700 metri sopra il livello del mare. Inverni miti ed estati soleggiate, contribuiscono alla maturazione armoniosa delle uve. La raccolta e la scelta a mano consentono di seguire le antiche tradizioni enologiche coniugandole sapientemente con le più moderne tecnologie di vinificazione. Alziamo i calici!
Kataro Rosso
Imbottigliato dopo 12 mesi di invecchiamento. Gusto dominante di bacche rosse e la corniola, con tocco di melograno. Note di amarena matura, e retrogusto speziato medio lungo. Ricco di tannini. Uve: vitigno autoctono khndoghni. Età media dei vigneti 20 anni. Servire a 16-18 C, ottimo con carni cotti sulla brace, carne e formaggi forti. Premi: ProdExpo 2014-2017, Prowein 2015-2016, Medaglia d’oro al Concorso Mondiale di Brussel 2017, Medaglia d’argento Mundus Vini 2017.
Kataro Rosso Riserva
Invecchia per 18 mesi in botti di rovere del Caucaso delle foreste locali di alta quota. Ricco di tannino, gusto deciso presenta aromi di mirtilli e zucchero filato. Uve: vitigno autoctono khndoghni. Età media dei vigneti 20 anni. Servire a 16-18 C, ottimo con piatti di carne e formaggi piccanti. Premi: ProdExpo 2015-2017, Prowein 2016-2018, Concorso Mondiale di Brussel-La grande medaglia d’oro 2017, Le grand degustation de Montreal 2018.
Bianco secco
Affinamento in bottiglia per minimo 5 mesi. Elegante e floreale, fresco e minerale con sentori di agrumi e pesca bianca. Uva: miscela di Queens of Armenian Highlands, varietà Vockehat, colvitata nella regione Vayots Dzor in Armenia, varietà Kangun e Babants di Artsakh. Età media dei vigneti 25 anni. Servire a 8-10 C. Ideale con formaggio leggeri, pesce di acqua dolce, macedonie e dolci a base di caramello o vaniglia.
Rosé
Fruttato, fresco con note di fragola e frutta, chiude con spiccata mineralità. Uve: vitigno autoctono Khndoghni. Età media dei vigneti 20 anni. Affinamento in bottiglia minimo 5 mesi. Servire a 8-10 C. Ottimo formaggi, insalate, pollo e verdure.
Il 16 settembre 2017 si è tenuto il IV Festival del vino di Artsakh sul territorio della fortezza di Melik Yegan. Il complesso del palazzo di Melik Yegan si trova nel centro dell’ex città-fortezza di Togh, risalente al XIX secolo. Il sito è una riserva storico-culturale, dove sono esposte le scoperte degli scavi del palazzo. La struttura è unica perché è l’unico palazzo sopravvissuto dei cinque antichi melikdom di Artsakh.