La dottoressa armena che lavora a Cordenons «Ho sofferto, ma ora qui mi sento a casa» (messaggeroveneto 11.05.21)
la storia
Medico e mamma. Soprattutto, donna orgogliosa del suo paese di origine, l’Armenia.
Hripsime Yeremozyan, 47 anni, residente a Cordenons, è uno dei nuovi medici di base arrivati di recente in città. La sua carriera è iniziata due volte: la prima in Armenia, dopo la laurea conseguita nel 1997; la seconda nel 2001, in Italia, dove ha dovuto ricominciare daccapo.
Yeremozyan in Italia ci è arrivata per scelta e da sola. «Oggi mi sento accolta – racconta –, ma non è stato un percorso facile, all’inizio ero discriminata perché straniera. Sono venuta in Italia per fare il medico, professione che in Armenia già esercitavo, ma al mio arrivo ho scoperto che era più complicato di quanto credevo. Ho impiegato sette anni per ottenere il riconoscimento della laurea, che ho poi dovuto integrare con altri diciassette esami».
Da marzo Yeremozyan ha un incarico a tempo indeterminato con l’Asfo come medico di medicina generale. Nel suo curriculum “armeno” ci sono la laurea conseguita nella capitale, Erevan, la specialità in medicina d’urgenza, il lavoro nella terapia intensiva dell’ospedale cittadino e di insegnante nella scuola per infermieri. «Alcuni amici italiani che vivevano a Mosca – rivela – mi hanno proposto di venire in Italia come medico. In Armenia nel 2001 c’era una grave crisi economica, lo Stato non pagava con puntualità e così ho deciso di partire. La lingua italiana la conoscevo poco».
Dopo i primi mesi trascorsi a Oderzo a lavorare come operaia in un’azienda del mobile, Yeremozyan è diventata operatrice sociosanitaria per una coop alla Rsa di Roveredo in Piano, quindi in Casa Serena a Pordenone. È stata poi anche assistente per un dentista. «Lavoravo e studiavo – sottolinea – finché non ho conseguito l’abilitazione nel 2012 alla professione di medico e ho iniziato a lavorare per l’Azienda sanitaria: da allora ho sempre fatto sostituzioni di medici di base, guardie mediche e per un periodo anche medico nel carcere di Pordenone, un’esperienza forte che mi ha insegnato tantissimo».
Non dimentica l’Armenia, «una terra bella, fatta di storia, di gente cordiale e di buon cibo», l’infanzia serena durante gli anni del regime sovietico, sino al terremoto del 1988. Yeremozyan aveva 15 anni, quando il sisma rasò al suolo la sua città natale, Gyumri. «La mia famiglia non ha avuto morti – ricorda – ma abbiamo perso la casa e molti amici e parenti. I miei sono rimasti a Gyumri per ricostruire; io e mia sorella abbiamo vissuto a lungo nella capitale da una zia».
Con la dissoluzione del regime sovietico, nei primi anni Novanta, riemerse poi la questione del Nagorno Karabakh e ci fu il conflitto tra Armenia e Azerbaigian, che si è riaperto lo scorso anno. «Tra il 1992 e il 1995 – aggiunge Yeremozyan – l’Azerbaigian chiuse le forniture del gasolio all’Armenia e sono stati anni difficilissimi, senza luce, né gas. Faceva sempre freddo, anche 40 sottozero: seguivo le lezioni all’università con il cappotto e a casa stavo sotto le coperte. È stata dura. Sono cresciuta in un paese – conclude – la cui storia è segnata dal genocidio e dalle tante prove, povero ma fiero. I macchinari e alcuni esami medici come la Tac costavano e li potevamo usare solo in casi gravi, era perciò normale assumerci i rischi della professione contando sulla nostra esperienza sul campo. Tutto questo mi ha rafforzata e aiutata a realizzare il sogno che avevo sin da piccola: fare il medico. Sono felice di farlo in Italia, dove oggi mi sento a casa».—