La crisi. Armenia, c’è l’accordo sulla riapertura del corridoio umanitario (Avvenire 12.09.23)
Ha avuto il via libera ieri, secondo i piani, l’esercitazione militare congiunta Armenia-Usa, in un momento di forte tensione nelle relazioni con il vicino Azerbaigian. Ma la riapertura del corridoio umanitario di Lachin resta fonte di tensione e ambiguità. Le autorità azere non confermano la completa riattivazione del collegamento verso la regione del Nogorno-Karaback, dove la minoranza armena è di fatto isolata da settimane, ma parla genericamente di disponibilità a concedere il passaggio degli aiuti umanitari.
Per dieci giorni 85 soldati statunitensi e 175 armeni lavoreranno per addestrarsi a partecipare a missioni internazionali per il mantenimento della pace. L’effetto di questa decisione è quello di far volare accuse e minacce da parte di Mosca, ma la presenza di soldati statunitensi può rimandare le decisioni di un’eventuale azione militare dell’Azerbaigian facendo guadagnare tempo alla diplomazia.
I marines se ne andranno il 21 settembre e per il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov la scelta di operazioni comuni «è deplorevole». La Russia, che in Armenia ha basi militari per garantire la stabilità dell’area, non vede «molto di buono nei tentativi della Nato di infiltrarsi nel Caucaso meridionale».
L’Armenia e il vicino Azerbaigian hanno combattuto due guerre nei tre decenni successivi al crollo dell’Unione Sovietica, e nell’ultima settimana ciascuna parte ha accusato l’altra di voler ammassare soldati sui confini. A partire dal dicembre 2022 alcuni civili azeri che si identificavano come “attivisti ambientali” hanno iniziato a bloccare il corridoio Lachin e nell’aprile 2023 l’Azerbaigian ha stabilito un nuovo checkpoint di sicurezza lungo la strada, interrompendo il flusso di persone e merci tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ad eccezione delle evacuazioni mediche urgenti, creando quella che gli Stati Uniti e altri hanno definito una «situazione umanitaria in rapido deterioramento» se non , come ha fatto l’ex procuratore internazionale Momreno-Ocampo, di «tentativo di genocidio», contro i 120mila armeni che vivono in territorio azero. Baku afferma di aver agito per impedire che la strada venisse utilizzata per il contrabbando di armi. Le autorità etniche armene in Karabakh hanno dichiarato sabato di aver accettato di consentire spedizioni di aiuti dal territorio controllato da Baku per la prima volta dopo decenni, in cambio della riapertura del corridoio Lachin. Ma l’attuazione dell’accordo suscita molte incertezze.
I segnali che arrivano sono ambigui. Hikmet Hajiev, consigliere di politica estera del presidente azero Ilham Aliyev, ha negato che Baku abbia raggiunto un accordo con la provincia separatista del Nagorno-Karabakh per riaprire contemporaneamente le strade verso l’Azerbaigian e l’Armenia. Hajiev ha affermato che l’Azerbaigian manterrà il controllo «di frontiera e doganale» sul corridoio di Lachin, che collega il Karabakh all’Armenia.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che negli anni non ha mai fatto mancare l’appoggio all’Azerbaigian, ha avuto ieri un colloquio telefonico con il premier armeno Nikol Pashinyan. Durante la conversazione, riferiscono fonti ufficiali turche, i due leader hanno parlato del Nagorno-Karabakh dove, nonostante una tregua siglata a Mosca quasi tre anni fa, non si sono sopite le tensioni. Erdogan e Pashinyan hanno parlato che del complicato processo di normalizzazione delle relazioni tra Turchia e Armenia, due Paesi divisi dallo scontro sul genocidio del 1915, ma che proprio dopo la tregua in Nagorno-Karabakh hanno ripreso a dialogare.
Il negoziato ha già permesso la nomina di rappresentanti speciali per la normalizzazione, la riapertura dei voli che collegano i due Paesi e la ripresa degli scambi commerciali.
Di nuovo la regione si trova al centro del “grande gioco”. La Repubblica islamica dell’Iran «segue seriamente gli sviluppi nel Caucaso». Lo ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani, come riporta l’agenzia di Teheran Irna.
La parte meridionale del Nagorno-Karabakh si trova non lontana dal confine azero con l’Iran. «Garantiamo che la situazione ai nostri confini è sicura», ha detto il funzionario iraniano che ha espresso «preoccupazione» alle autorità armene e azere riguardo alla possibilità di un nuovo conflitto. Il governo di Baku ha rassicurato Teheran, che a sua volta è più vicina alle posizioni armene, sostenendo di non avere intenzione di muovere attacchi militari.
Cautela e diffidenza vengono adoperate in eguale misura, specie dopo che l’Azerbaigian ha giustificato i recenti spostamenti di truppe parlando di consuete operazioni militari alla vigilia dell’inverno.