La Chiesa ha ricordato lo sterminio degli Armeni (Korazym 29.04.21)
Venerdì 23 aprile almeno 10.000 persone hanno sfilato per le vie di Erevan, capitale dell’Armenia, per commemorare il genocidio del 1915 per mano dell’impero ottomano durante la Prima guerra mondiale. La marcia è promossa tutti gli anni alla vigilia del 24 aprile, data che simboleggia l’inizio del genocidio.
Il genocidio armeno è già riconosciuto da una trentina di nazioni e dalla comunità degli storici; si stima che tra 1.200.000 e 1.500.000 armeni furono uccisi dall’Impero Ottomano in quel periodo controverso. Ankara rifiuta l’uso del termine ‘genocidio’ e respinge le accuse di sterminio, parlando di massacri reciproci in un contesto di guerra e carestie.
Da anni Erevan chiede un risarcimento finanziario alla Turchia e il ripristino dei diritti di proprietà dei discendenti delle vittime dei massacri, conosciuti in armeno come Meds Yeghern (‘il grande crimine’). E nel 106^ anniversario il presidente americano Joe Biden ha riconosciuto il genocidio:
“Il popolo americano onora tutti gli armeni che sono morti nel genocidio che iniziò 106 anni fa… Gli immigrati armeni hanno arricchito in innumerevoli modi gli Stati Uniti, ma non hanno mai dimenticato la loro tragica storia… Lo facciamo non per incolpare qualcuno, ma per assicurarci che quanto accaduto non si possa ripetere”.
Il riconoscimento del genocidio è un ‘passo potente’ secondo il premier armeno Pashinyan: un passo che rappresenta “materia di sicurezza per l’Armenia, specialmente dopo gli avvenimenti che hanno avuto luogo nella regione l’anno scorso”.
E nel giorno del ‘Meds Yeghern’ il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha assistito alla Divina Liturgia in rito armeno, svoltosi al Pontificio Collegio Armeno, presieduto dall’arcivescovo ordinario per i fedeli armeni nell’Europa Orientale, mons. Raphael Minassian, e concelebrato dal rettore del collegio, p. Nareg Naamoyan:
“Un popolo laborioso ed intelligente, creatore di arte e di cultura, che tramite le sue grandi figure alcune delle quali anche sante, ha illuminato l’umanità ben oltre i confini del territorio armeno, come san Gregorio di Narek, proclamato da papa Francesco Dottore della Chiesa Universale nel 2015.
Penso anche a san Mesrop, che grazie alla sua opera donò un alfabeto in modo che anzitutto potesse essere conosciuta ed ascoltata da tutti la Sacra Scrittura, e fosse quello il pane spezzato per guidare nel cammino di una storia purtroppo in molte occasioni segnata da persecuzioni e da violenze”.
Il card. Sandri ha ricordato la sofferenza del popolo armeno: “Il dramma di 106 anni fa è stata una macchia nella storia dell’intera umanità, non solo di chi è stato protagonista in negativo di quei giorni o di chi ha per indifferenza o complicità taciuto.
Coloro che hanno subito violenza, attraverso i loro discendenti, non hanno smarrito però il tesoro della fede e sono ancora qui come siamo noi oggi a proclamarlo e a celebrarlo, rendendo visibile quella consolazione di Dio di cui ci ha parlato san Paolo”.
Ed ha ricordato le parole di papa Francesco: “Per questo ricordando quanto affermato da papa Francesco nella celebrazione del 12 aprile del 2015 nella Basilica Vaticana, non dobbiamo smarrire quanto la tradizione armena ha elaborato parlando del Metz Yegern, il grande crimine, il grande male.
Questa definizione infatti ci costringe ogni giorno a fare i conti con la domanda sul male dentro la storia umana, ma soprattutto dentro la nostra storia personale, quando cediamo ai compromessi della tentazione, quando smettiamo di ascoltare la Parola di Dio, quando siamo indifferenti ai fratelli o peggio cerchiamo di fare il loro male anziché moltiplicare le benedizioni e il bene nei loro confronti”.
Però la Parola del Vangelo ha una parola di consolazione contro l’anestetizzazione della coscienza: “Il Vangelo ci dona la consolazione nel pensare che i figli e le figlie del popolo armeno vittime del tentativo di sterminio di 106 anni fa sono ‘amici di Dio’, configurati all’esistenza stessa di Gesù…
La vita dei nostri fratelli e sorelle è stata come quella di Gesù, chicco di grano caduto in terra che morendo ha dato vita al mondo intero salvandolo: il loro frutto rimane, e siamo noi che nel mondo celebriamo nella fede questo giorno.
Che dal nostro frutto cadano semi di vita e di resurrezione dentro la nostra storia. Lo chiediamo per intercessione della Tutta Santa Madre di Dio, Maria Santissima, e di tutti i santi e martiri dell’amato popolo armeno”.
Anche la Comunità di Sant’Egidio presso nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina ha ricordato i 106 anni del genocidio armeno con una veglia di preghiera presieduta dal presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, card. Kurt Koch, che nell’omelia ha sottolineato in cosa consista il martirio:
“Il martire cristiano si caratterizza per il fatto che non cerca il martirio in sé, ma lo assume come conseguenza della sua fedeltà alla fede in Gesù Cristo… Il segno distintivo del martirio cristiano è dunque l’amore. Poiché il martire mette in pratica la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte, il martirio cristiano si manifesta come atto supremo di amore per Dio e per i fratelli e le sorelle”.
Il martirio dei cristiani è aumentato molto nello scorso anno: “lI cristianesimo è diventato sempre più una chiesa di martiri in misura incomparabile. Di fatti, ci sono oggi ancora più martiri che durante la persecuzione dei cristiani nei primi secoli. L’80% di tutti coloro che vengono perseguitati per la loro fede oggi sono cristiani.
La fede cristiana è oggi la religione più perseguitata nel mondo. Questa situazione comporta il fatto che oggi tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali cristiane hanno i loro martiri. I cristiani oggi non sono perseguitati perché sono ortodossi o ortodossi orientali, cattolici o protestanti, ma perché sono cristiani. Il martirio oggi è ecumenico, e si deve parlare di un vero e proprio ecumenismo dei martiri”.
Un particolare omaggio è stato fatto ai martiri armeni: “I martiri armeni ci hanno aperto gli occhi su questa profonda visione, all’inizio del cruento ventesimo secolo segnato dalle due sanguinose guerre mondiali. Ci hanno ricordato che il martirio non è un fenomeno marginale nel cristianesimo, ma è il fulcro stesso della Chiesa…
I martiri armeni hanno testimoniato in modo speciale questa dimensione cristologica. Come membri di uno Stato che fu il primo Stato cristiano nella storia, sono rimasti fedeli alla loro fede apostolica e hanno dato la vita per Cristo”.