La Chiesa Apostolica Armena contro la cessione di un altro territorio all’Azerbaijan (AciStampa 19.04.24)
Erevan, venerdì, 19. aprile, 2024 10:00 (ACI Stampa).
Dopo aver perso il controllo dei territori dove si trovano diversi monasteri storici in Nagorno Karabakh (nome storico armeno: Artsakh), come quello di Dadivank, l’Armenia sembra apprestarsi a trasferire anche i territori di Tavush Marz, casa di antiche vestigia cristiane, al controllo di Baku. Così, lo scorso 9 aprile la Chiesa Apostolica Armena ha redatto una dichiarazione molto dura riguardo la possibile decisione delle autorità armene.
Secondo la dichiarazione, datata 9 aprile, i “recenti sviluppi non lasciano dubbi sul fatto che le autorità armene, nelle condizioni di completo spopolamento dell’Artsakh e di occupazione dei territori della Repubblica Armena, cedendo alle minacce dell’Azerbaijan si stanno preparando a consegnare i territori di Tavush Marz a quest’ultimo prima della presunta demarcazione”.
La Chiesa Apostolica Armena condanna l’approccio “disfattista” del governo, che ha portato a “successive dolorose concessioni territoriali”, e al fatto che le “false pretese e riprovevole ambizioni del’Azerbaijan nei confronti dei territori dell’Armenia vengono legittimate dalla comunità internazionale”.
Da parte sua, la Chiesa Apostolica Armena “accoglie con favore tutti gli sforzi ragionevoli e i processi volti a raggiungere la pace”, ma considera “indiscutibile che la politica adottata dalle autorità armene per creare una era di pace con concessioni unilaterali non solo è irrealistica, ma anche disastrosa”, perché “la contrattazione sulla patria e le continue concessioni ingiustificate non potranno mai fornire un ambiente sicuro per il nostro popolo”.
Secondo la Chiesa Apostolica Armena è piuttosto “possibile costruire una pace duratura e forte a condizione che si dimostri pieno rispetto per la dignità e i diritti nazionali e si mantenga il principio di reciprocità”.
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Per questo, si chiede alla Repubblica Armena di abbandonare “il modo disfattista di lavorare”, ma anche alle organizzazioni nazionali, politiche e non governative dell’Armenia e della diaspora” di “unirsi e difendere i nostri interessi statali con quelli nazionali”.
Ma perché il marz di Tavush è importante? Si trova a Nord dell’Armenia, ai confini con Georgia e Azerbaijan, è a 1000 metri sopra il livello del mare ed è famoso per l’abbondanza dei fiumi e delle risorse d’acqua, nonché di legame.
Il nome di Tavush viene da una area storica armena, parte della Grande Armenia e vi si trovano diversi luoghi di interesse cristiano.
In particolare, ci sono i complessi monastici di Goshavank (XII – XIII secolo), Haghartsin (XI – XIII secolo), Makaravank (XI – XIII secolo), Voskepar (VI – VII secolo), Mshavank (XII secolo), Nor Varagavank (XII – XIII secolo) e Khoranagat (XIII secolo).
Quando invece la Chiesa Apostolica Armena parla di politica disfattista, fa riferimento alla tensione che si è creata nel Paese per la gestione dei profughi dell’Artsakh, la mancanza di stabilità nelle relazioni con l’Azerbaijan peggiorate da diverse scaramucce in frontiera, nonché alle richieste dell’Azerbaijan di consegnare alcuni centri abitati. In particolare, secondo Bak nella zona di Tavush ci sono otto villaggi sotto il controllo armeno che vanno in realtà assegnati all’amministrazione azerbaigiana.
Come ha precisato il vice-premier azero Šakhin Mustafaev, quattro di questi villaggi (Baganis-Ajrim, Ašagy-Askipara, Khejrimly e Gyzylgadžily) “appartengono all’Azerbaigian e devono essere liberati immediatamente”, mentre per gli altri quattro (Jukhary-Askipara – in armeno Verin-Voskepar, Sofulu, Barkhdarly, Kjarki – in armeno Tigranašen) è necessaria una valutazione concordata, pur ritenendo necessaria la loro “liberazione”.
Da parte armena si sostiene che l’Azerbaigian abbia occupato “totalmente o in parte” 31 villaggi armeni, e Simonyan ha dichiarato che “noi siamo pronti a restituire le enclave azerbaigiane.
Non sono comunque ancora iniziate la trattative per delimitare e demarcare i confini tra Azerbaijan e Armenia, e questo non permette la conclusione di alcun accordo di pace, sebbene una commissione per le delimitazioni sia stata costituita già ad inizio marzo.