La Camera ha approvato la mozione per il riconoscimento del genocidio armeno (Rassegna stampa 10.04.19)
Genocidio armeni, la Camera approva la mozione che impegna il governo Conte a riconoscerlo. Nuove proteste della Turchia (Ilfattoquotidiano.it 10.04.19)
La Camera ha approvato la mozione unitaria che impegna il governo a “riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale”. A votare a favore sono stati 382 deputati, nessun ha espresso voto contrario e mentre i 43 di Forza Italia si sono astenuti. Dopo il voto tutti i deputati si sono alzati in piedi ad applaudire. L’ok arriva a due giorni delle proteste della Turchia, che aveva convocato l’ambasciatore italiano ad Ankara, e la “condanna” all’atto del Parlamento arrivata dal partito Akp del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Per Andrea Delmastro (Fdi) il voto della Camera è “una vittoria di un Parlamento che ha resistito alle pressioni turche che ha convocato il nostro ambasciatore ad Ankara e ha inviato l’ambasciatore turco in Parlamento per condizionare il voto”. Tutti i deputati intervenuti nel dibattito hanno ribadito, pur se con toni diversi, che il voto di oggi non è un atto ostile nei confronti della Turchia di oggi. La posizione così espressa da Montecitorio, ha puntualizzato Enrico Carelli del M5s, “non mette in discussione l’amicizia, i buoni rapporti con uno Stato amico, ben diverso dall’Impero Ottomano”. E sempre riferendosi ad Ankara ne ha evidenziato il “ruolo strategico di porta tra Oriente e Occidente”.
Eppure le proteste di Ankara continuano. Il partito di Erdogan “condanna fermamente la mozione proposta nel Parlamento italiano sugli avvenimenti del 1915”, ha detto il portavoce Omer Celik, ribadendo la posizione espressa luendì al’ambasciatore d’Italia in Turchia, Massimo Gaiani, era stato convocato al ministero degli Esteri turco per esprimergli il “dispiacere” di Ankara.
La protesta diplomatica è una prassi comune in casi analoghi da parte del governo turco, che non riconosce il genocidio degli armeni durante la Prima guerra mondiale. Ankara sostiene che i massacri del 1915 sono avvenuti nell’ambito di un conflitto e non sono stati orchestrati su base etnica o religiosa e contesta anche le cifre delle vittime.
Anche l’Italia riconosce il Genocidio Armeno: passa alla Camera la mozione bipartisan, solo FI si astiene (Il Messaggero)
Roma – L’Italia è tra le 29 nazioni che hanno formalmente riconosciuto il genocidio degli armeni, lo sterminio di un milione e mezzo di persone che venne pianificato tra il 1915 e 1917 sotto l’Impero Ottomano ai danni della minoranza cristiana. La Camera dei Deputati ha approvato con 382 voti a favore, 43 astensioni e nessun contrario, la mozione bipartisan che impegna il governo a «riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale», sulla quale l’esecutivo, rappresentato in aula dal vice ministro degli Esteri, Emanuela Del Re, si è rimesso al voto di Montecitorio.
La mozione è stata sottoscritta, tra gli altri da esponenti della Lega, M5S, Fdi, Pd, Leu, Misto-Usei ma non da Fi. Il dibattito che ha preceduto il voto è stato piuttosto acceso, soprattutto per l’intervento di Forza Italia che ha annunciato la sua astensione, evitando persino di pronunciare la parola genocidio e mettendo in evidenza di come sia un errore portare avanti una mozione senza tenere conto delle buone relazioni con la Turchia, partner «strategico per l’Italia» ha detto il parlamentare Andrea Orsini. A nome del Pd, la parlamentare Flavia Piccoli Nardelli, ha anunciato l’impegno del suo partito a riconoscere una pagina di storia indiscutibile, incoraggiando anche il dialogo politico tra Armenia e Turchia che «è un grande paese e per questo potrà fare i conto con il suo passato», facendo distinzione tra l’allora impero ottomano e la Turchia moderna di oggi. Ad ascoltare il dibattito parlamentare, nel settore dedicato agli ospiti, erano presenti da una parte l’ambasciatrice armena e l’ambasciatore turco dall’altra. Un lungo applauso ha salutato l’approvazione tra l’emozione dei presenti.
Il testo della mozione fino all’ultimo è stato oggetto di intense trattative, soprattutto per il pressing del ministro degli Esteri, Moavero che aveva suggerito alcuni cambiamenti sostanziali che non prevedevano l’utilizzo del termine genocidio per non irritare la Turchia. Ankara, come si sa, mantiere un atteggiamento negazionista sulla pagina nera della sua storia. Parlare di genocidio armeno in Turchia è un reato punito con l’arresto, previsto dall’articolo 301 del codice penale.
Per l’Italia quello degli armeni è un “genocidio” (huffingtonpost.it 10.04.19)
Il governo italiano è impegnato “a riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale”: lo prevede la mozione unitaria approvata dall’Aula della Camera con 382 voti a favore, nessun contrario e 43 astenuti (i deputati di Forza Italia). Dopo il voto tutti i deputati si sono alzati in piedi ad applaudire. Il governo si era rimesso all’Aula. Il viceministro degli Esteri Elisabetta Del Re ha chiesto due sospensioni dei lavori per mediare con i presentatori dei testi.
Lega e 5 Stelle sembravano divisi anche questa volta. Fonti parlamentari della Lega – che sul genocidio annunciavano di tenere il punto -, riferisce l’Agi, hanno parlato di pressioni del governo affinché non si usasse il termine genocidio, ma “eventi storici” per timore che da Ankara potessero arrivare ripercussioni sulle aziende italiane in Turchia, vista la linea politica dell’Akp, il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan. “Noi non cambieremo il testo che è sostenuto anche dalle altre forze politiche”, spiegavano i parlamentari della Lega. La preoccupazione però era che il M5s potesse sfilarsi al momento del voto.
Proprio l’Akp aveva condannato “fermamente la mozione proposta nel Parlamento italiano sugli avvenimenti del 1915” e due giorni fa l’ambasciatore d’Italia in Turchia Massimo Gaiani era stato convocato al ministero degli Esteri turco per esprimergli il “dispiacere” di Ankara. La protesta diplomatica è una prassi comune in casi analoghi da parte del governo turco, che non riconosce il genocidio degli armeni durante la prima guerra mondiale. Per Erdogan, quelli che costarono la vita a più di un milione di armeni, sono “i fatti del 1915”. Ankara sostiene che i massacri del 1915 siano avvenuti nell’ambito di un conflitto, rifiutando la lettura del massacro su base etnica o religiosa e contesta anche le cifre delle vittime. In Turchia parlare di “genocidio” riguardo alle questioni del 1915 è un reato punibile con la reclusione.
La Camera approva: il governo riconosce il Genocidio degli Armeni. Ira di Ankara (Secoloditalia.it 10.04.19)
L’aula della Camera ha approvato con 382 voti a favore, 43 astensioni e nessun contrario, la mozione bipartisan che impegna il governo a “riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale”, sulla quale il governo, rappresentato dal vice ministro degli Esteri, Emanuela Del Re, si è rimesso al voto dell’aula. La mozione è stata sottoscritta, tra gli altri da esponenti della Lega, M5S, Fdi, Pd, Leu, Misto-Usei ma non da Forza Italia. Soddisfazione di Fratelli d’Italia: “Approvata la mozione sul riconoscimento del genocidio del popolo armeno da parte della Turchia. Una vittoria di un parlamento che ha resistito alle pressioni turche che ha convocato il nostro ambasciatore ad Ankara e ha inviato l’ambasciatore turco in Parlamento per condizionare il voto. Oggi abbiamo non solo fatto atto di verità storica a lungo negata, ma abbiamo dimostrato alla Turchia che non siamo sottomessi. Se qualcuno pensava di trovare in Parlamento gli eunuchi del Topkapi si sbagliava di grosso”. Lo dichiara Andrea Delmastro, deputato Fratelli d’Italia e capogruppo Fdi in commissione Esteri. E nuove critiche all’Italia arrivano dalla Turchia. Due giorni fa il ministero degli Esteri turco ha convocato l’ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani, e oggi sulla questione è tornato Omer Celik, ex ministro per gli Affari europei e portavoce dell’Akp, il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan. Secondo Celik, scrive l’agenzia ufficiale Anadolu, “l’Italia si fa ingannare dalla diaspora armena che in nessun modo vuole relazioni normali tra la Turchia e l’Armenia”.
Con il genocidio degli armeni ebbe inizio il Secolo della violenza (Agi.it 10.04.19)
All’origine della crisi diplomatica tra Italia e Turchia il riconoscimento del genocidio armeno. Molti sostengono che aprì la strada a Stalin, all’Olocausto e a Pol Pot
Questi i fatti: l’ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani, è stato convocato l’altro giorno al ministero degli Esteri turco. Qui gli hanno espresso il “dispiacere” del governo di Recep Taypp Erdogan (la terminologia non tragga in inganno: “dispiacere” vuol dire “ci sentiamo traditi da voi”) per via di una mozione parlamentare presentata a Roma, alla Camera dei Deputati.
Nella mozione si chiede quanto segue: il governo si impegni a “riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale”.
L’Italia, infatti, non è tra le 29 nazioni che hanno formalmente definito un genocidio i fatti occorsi poco più di cento anni fa nell’Anatolia orientale, ad opera delle sciabole ottomane.
Il motivo è sostanzialmente uno: la Turchia è un partner essenziale della Nato; non è il caso di scavare una fossa ancor più larga tra noi e loro.
Non a caso nemmeno gli Usa hanno mai compiuto un passo del genere. Non lo ha fatto nemmeno Israele, che per anni ha guardato ad Ankara come partner regionale: per controbilanciare la focosità degli stati arabi.
Cinque dita e un pugno di ferro
Ma non è tutto facile o scontato. Certi “dispiaceri” non sono litanie che si continuano a biascicare – magari ogni volta con un tocco di stanchezza in più – tanto per appagare l’ego di settori sempre meno importanti delle rispettive opinioni pubbliche.
Semmai è il contrario: in Turchia la questione è delicata e scottante come se tutto fosse accaduto ieri, o comunque in tempi recentissimi. Più recenti dei massacri di Vukovar e Srebenica in quella che una volta era la Jugoslavia, e che pure in qualche modo di quel genocidio primigenio sono stati gli ultimi – si spera – discendenti.
Il massacro degli armeni, infatti, è progenitore di una fila di scempi che rappresentano un salto di qualità nell’eterna lotta dell’uomo per ribadire la propria bestialità.
Se la Storia, diceva Hegel, altro non è se non un banco di macellaio, gli armeni furono agnelli sacrificali nella crisi di un impero che lottava per la propria sopravvivenza, a costo anche di recidere una delle cinque dita della mano del Sultano.
Nel 1915, quando iniziò la gran carneficina, il Sultano già contava molto poco. Era di fatto ostaggio di un governo di ufficiali nazionalisti, che gestivano in suo nome le operazioni militari della Prima Guerra Mondiale.
Quanto alle cinque dita della sua mano (turchi, arabi, greci, ebrei e per l’appunto armeni) l’indice ormai puntava verso Londra, grazie al Lawrence d’Arabia; il medio non era considerato affidabile dai tempi dell’indipendenza della Grecia; l’anulare si agitava sentendo arrivare la Dichiarazione Balfour su un focolare domestico in Palestina.
Restava il mignolo, che poi tra tutti era anche il dito in cui il Sultano portava gli anelli più preziosi.
Ricchi erano ricchi, gli armeni: gente di tradizione commerciale ed intellettuale come pochi altri in tutti i domini ottomani.
Avevano, poi, il torto di avere una spiccata coscienza nazionale: l’Armenia era stata per secoli uno stato indipendente e cristiano. Talmente antico, indipendente e cristiano da aver abbracciato ufficialmente la fede in Cristo per farne l’unica accettata già nel 301, ben dieci anni prima dell’editto con cui il Grande Costantino pose fine alle persecuzioni di Roma, per non dire dell’Editto di Teodosio.
Se gli arabi, agli inizi del Novecento, erano un insieme di tribù, gli armeni erano insomma un corpo solo ed un’anima sola. Non antitetica ai turchi, sia chiaro, ma comunque facile bersaglio per una genia di conquistatori che, dopo aver retto per secoli popoli e genti, sentiva la fine prossima del proprio predominio.
Cosa ancor più spaventevole, tutto questo poteva aver luogo per mano dei nemici storici russi. Che sì perdevano dai tedeschi sui campi di Livonia, ma sfondavano lungo il Caucaso e rischiavano di dilagare fino al Bosforo e ai Dardanelli, dove già si erano affacciati gli inglesi in uno sbarco suicida ideato avventatamente da Winston Churchill.
Subito dietro la linea del fronte caucasico risiedevano gli armeni: ricchi, cristiani, ormai non più affidabili. Ma, ancor più di questo, ostacolo all’idea di riunire tutte le tribù turcomanne sotto un’unica guida. Si chiamava panturanesimo.
Quel che restava della mano del Sultano si chiuse allora in un pugno di ferro.
Il sangue delle allodole
Da Costantinopoli partì un telegramma, a firma di Behaeddin Shakir, un ufficiale dell’esercito ora considerato il vero pianificatore dell’eccidio. Il documento, insieme a 24 scatoloni di documenti, è stato ritrovato solo nell’aprile del 2017, dopo essere transitato per Parigi, New York ed il quartiere armeno di Gerusalemme. Era il via libera ai rastrellamenti ed alle deportazioni.
Due parole, queste ultime, che spiegano tutto e dicono ben poco: dietro ci sono centinaia di migliaia di esecuzioni (gli uomini, ed anche i bambini maschi, venivano uccisi immediatamente) di stupri, di donne trascinate a morire nei deserti in vere e proprie marce della morte.
Se i numeri hanno un senso, si sappia che le vittime furono almeno un milione e duecentomila. Chi volesse avere un’idea della orribile concretezza dei fatti veda uno degli ultimi capolavori dei fratelli Taviani, “La masseria delle allodole”, e dica a se stesso se quelle scene non gli ricordano qualcosa che sarebbe successo, tempo trent’anni, anche nel cuore dell’Europa.
Sì, qualcosa di molto simile all’Olocausto, anche se mancano i forni crematori. Il fatto è che la strage degli armeni non fu l’ultima carneficina di un mondo medievale, ma l primo di una lunga catena di genocidi: sempre più sofisticati, sempre meglio organizzati. Sempre più scientifici.
Uno storico tedesco chiamato Ernst Nolte lo colloca addirittura l’inizio di ciò che lui stesso definisce, con terribile ed efficace sintesi, “Il Secolo della Violenza”. Su una cosa è difficile dargli torto, vale a dire sul fatto che il Novecento di stermini pianificati ed eseguiti con precisione scientifica ve ne sono stati tanti. Anzi, quella dello sterminio “scientifico” è proprio una caratteristica del secolo che si è appena concluso, come se l’uomo avesse imparato dalla propria scienza ad essere non più razionale, ma più bestialmente efficace.
Prosegue, la teoria di Nolte, nel dire che il tipico genocidio novecentesco si caratterizza nell’applicazione di un principio di intolleranza precedentemente elaborato a livello teorico e culturale. Nel caso degli armeni si ha la teorizzazione dell’identificazione del “diverso” da eliminare come popolo su criteri di etnia e religione, e nel nome di una soluzione finale che avrebbe fatto trionfare l’ideologia panturanica.
A questi due requisiti Hitler affianca l’idea della razza e l’organizzazione di Himmler, e Stalin quello della classe sociale. In questo modo il primo stermina gli ebrei perché nemici del popolo ariano, Stalin i kulaki (i contadini ricchi delle pianure ucraine) perché alieni alla società socialista senza classi.
Un giorno arriverà in Cambogia Pol Pot, e toccherà agli intellettuali. Anche lui ucciderà un milione di persone.
Nolte, sia detto per inciso, venne accusato di negare l’unicità dell’Olocausto, affiancandogli gli altri genocidi su un livello paritario. I tedeschi chiamano ancora adesso quella controversia “Historikestreit”, lo “scontro tra gli storici”, come se il punto fosse quello di fare una classifica degli orrori.
La verità è che chi uccide un uomo uccide tutto il mondo. Ogni genocidio è un unico. Lo è l’Olocausto. Lo è quello degli armeni. Lo è quello dei kulaki, di cui nessuno si rammenta più. Eppure anche loro ebbero le loro marce votate allo sterminio, ed i loro due milioni di morti.
Forse un giorno saranno ricordati anche loro.
Mozione genocidio armeno, la Camera dà il via libera (Sputniknews.com 10.04.19)
La decisione è stata unanime con 382 voti favorevoli.
La Camera ha esaminato le mozioni riguardo il riconoscimento del genocidio del popolo armeno ed ha approvato con 382 favorevoli, 43 astenuti e nessun contrario alla mozione Formentini, Sabrina De Carlo, Delmastro, Delle Vedove, Quartapelle, Procopio, Boldrini, Colucci ed altri.
“Approvata la mozione sul riconoscimento del genocidio del popolo armeno da parte della Turchia. Una vittoria di un parlamento che ha resistito alle pressioni turche che ha convocato il nostro ambasciatore ad Ankara e ha inviato l’ambasciatore turco in Parlamento per condizionare il voto”, ha commentato il deputato Fratelli d’Italia e capogruppo Fdi in commissione Esteri, Andrea Delmastro.
Dopo il via libera del Montecitorio Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo in commissione Cultura, ha chiesto in una nota al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di convocare l’ambasciatore turco.
“Chiedo al Presidente Giuseppe Conte di convocare l’ambasciatore turco, dopo la reazione avuta: nessuna nazione straniera può permettersi di dettare condizioni al Parlamento italiano. Nel rispetto delle prerogative, il parlamento italiano è sovrano e interpreta la volontà del popolo”, ha detto Mollicone.
Nella giornata di lunedì la Turchia ha convocato l’ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani.
Il genocidio armeno, ovvero olocausto degli armeni, finora è stato riconosciuto da 29 paesi.
Genocidio armeno, ok della Camera al riconoscimento ufficiale Corriere della Sera 10.04.19)
L’Aula della Camera ha approvato la mozione bipartisan che impegna il governo a «riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale». I sì sono stati 382, 43 gli astenuti (i deputati di Forza Italia), nessun contrario. Dopo il voto tutti i deputati si sono alzati in piedi ad applaudire. Il governo si era rimesso all’Aula. Una decisione destinata ad irritare la Turchia: l’Akp del presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha «condannato fermamente la mozione proposta nel Parlamento italiano sugli avvenimenti del 1915». Lunedì il ministero degli Esteri di Ankara ha convocato l’ambasciatore italiano, Massimo Gaiani, per chiedere chiarimenti ed esprimere «dispiacere». La protesta diplomatica è una prassi comune in casi analoghi da parte del governo turco, che non riconosce il genocidio degli armeni durante la prima guerra mondiale.
Il genocidio
Considerato da molti – ma non dai turchi – il primo genocidio del ventesimo secolo, lo sterminio degli armeni da parte delle truppe ottomane ha avuto luogo tra la primavera del 1915 e l’autunno del 1916. Un anno e mezzo in cui un numero compreso tra il mezzo milione (secondo i turchi anche meno) e il milione e mezzo di armeni hanno perso la vita, e furono perseguitati, deportati, sterminati da inedia, malattie, freddo o semplicemente finirono vittime di omicidi mirati. La Turchia non ha mai ammesso il genocidio e ha sempre sostenuto che i massacri sono avvenuti nell’ambito di un conflitto e non sono stati orchestrati su base etnica o religiosa e contesta anche le cifre delle vittime.
Le polemiche
Sembra difficile, se non impossibile che Erdogan volti pagina in questo senso, considerando che le polemiche relative al termine «genocidio» hanno nel recente passato minato le relazioni di Ankara con Francia, Russia, Germania e con Papa Francesco. Una situazione che oggi è l’Italia a dover fronteggiare.
«Porta strategica»
In sede di dichiarazione di voto Emilio Carelli (M5S) ha assicurato, riferendosi alla Turchia, che la posizione espressa da Montecitorio «non mette in discussione l’amicizia, i buoni rapporti con uno stato amico, ben diverso dall’Impero Ottomano». E sempre riferendosi ad Ankara ne ha evidenziato il «ruolo strategico di porta tra Oriente e Occidente».
La Camera ha approvato la mozione per il riconoscimento del genocidio armeno (Openonline 10.04.19)
Con 382 voti a favore, nessun contrario e 43 astenuti (i deputati di Forza Italia), la Camera dei deputati ha approvato la mozione che prevede il riconoscimento da parte del Governo italiano del genocidio armeno. Il Governo non ha dato un parere specifico sul voto, rimettendosi alla decisione dell’Aula.
Per Andrea Delmastro, di Fratelli d’Italia, si tratta di una «vittoria del Parlamento che ha resistito alle pressioni turche che ha inviato l’ambasciatore per condizionare il voto». Enrico Carelli, del Movimento 5 stelle, è stato più conciliante: per il deputato grillino il voto di oggi «non mette in discussione l’amicizia, i buoni rapporti con uno stato amico (la Turchia, ndr), ben diverso dall’Impero Ottomano».
Il genocidio armeno
Ogni anno il 24 aprile l’Armenia commemora il genocidio degli armeni da parte dello stato Ottomano – che verso l’inizio del Novecento comprendeva l’Anatolia e gran parte del Medio Oriente – durante la Prima Guerra Mondiale. Lo stesso giorno nel 1915 diverse centinaia di intellettuali armeni furono arrestati e in seguito uccisi per conto del Governo dei Giovani Turchi che all’epoca governava l’Impero. Fu l’inizio di una strage in cui avrebbero perso la vita circa 1 milione e mezzo di armeni.
Alcuni fanno datare il genocidio dal 1915 al 1917, altri invece sostengono che durò fino al 1923. In quegli anni la popolazione armena, sospettata di essere una sorta di «quinta colonna», ovvero di agire contro gli interessi dello Stato ottomano, fu oggetto di esecuzioni di massa. Molti invece morirono mentre marciavano nel deserto della Siria verso i campi di concentramento.
La Turchia
Il Governo turco ha sempre sostenuto che non si è trattato di un vero e proprio genocidio, ovvero di un’operazione di sterminio sistematica e premeditata, quanto di una deriva violenta dovuta principalmente al contesto di Guerra. La parola genocidio non era ancora stata coniata all’epoca, ma il suo ideatore, l’avvocato polacco Raphael Lemkin, aveva ricostruito la storia dello sterminio degli armeni con grande interesse.
In passato la Turchia ha usato l’arma della diplomazia per far prevalere questa posizione all’estero. Memorabili per esempio le pressioni fatte sugli Stati Uniti durante l’epoca di George W. Bush affinché il Congresso non passasse una legge simile a quella approvata in giornata dalla Camera italiana. Negli ultimi giorni, in vista della votazione di oggi, l’Ambasciatore italiano era stato convocato dal ministero degli Esteri ad Ankara per esprimere il dispiacere del Governo turco.