INTERESSANO A QUALCUNO LE LACRIME DEL NAGORNO KARABAKH? (Altropensiero 15.08.24)

Tra la fine dell’Olimpiade e i campionati di calcio che stanno per ricominciare, può capitare di imbattersi nel Nagorno-Karabakh. Fatto curioso, perché al momento il Nagorno Karabakh non esiste più.

Regione stretta tra l’Armenia e l’Azerbaigian, è stata un’enclave autonoma armena dell’ex Unione Sovietica, il cui territorio faceva parte però dell’Azerbaigian.

Già raccontato così il Nagorno Karabakh lascia intendere quale infauste vicende abbiano sempre tormentato la popolazione. Essere uno e anche l’altro, ma fino a un certo punto armeni e azeri hanno convissuto pacificamente. Con la fine dell’Unione Sovietica, come molte altre Repubbliche socialiste, anche il Nagorno Karabakh provò a rivendicare la sua indipendenza, ma da quel momento solo polvere e conflitti si sono succeduti.

L’Azerbaigian negli ultimi anni ha cercato con la forza di riottenere il territorio che ritiene suo di diritto e 120.000 armeni sono stati sfollati dalle proprie abitazioni, costretti alla fuga, privati di tutto quello che serve per sopravvivere. Anche qui la religione gioca un ruolo importante, essendo l’Azerbaigian quasi completamente musulmano, mentre gli armeni del Nagorno Karabakh per lo più cristiani.Gli storici e gli esperti di geopolitica ci diranno giustamente che non si tratta di uno stato sovrano, di un pretendente tuttalpiù, ma sta di fatto che questa terra non esiste più, questa terra fatta di persone che semplicemente avrebbero voluto continuare a vivere tranquille e in pace, e non esiste più proprio perché privata della sua essenza: le sue donne, i suoi uomini, i suoi bambini.

E proprio quelle donne, quegli uomini, quei bambini sono il motivo per cui può capitare di imbattersi nel Nagorno Karabakh oggi, perché sono stati incontrati, ascoltati, immortalati da Emanuela Colombo in uno splendido fotoreportage che racconta la tragedia meglio di qualsiasi trattato.

“C’era una volta il Nagorno Karabakh” è il titolo del reportage, sul web si possono leggere interviste e vedere buona parte delle immagini scattate. Non è una vicenda che scalda i nostri cuori e nemmeno li raffredda, ci lascia indifferenti, anche perché presi da altro, dall’Ucraina, dal Medio Oriente e poi dall’Olimpiade e dal calcio che è sempre importante per tutti noi, per farci dimenticare le brutture del mondo e per prenderci qualche giorno di respiro durante la settimana.

Peccato che i giorni di respiro ormai siano sette su sette e le nefandezze rimangano, così come la nostra indifferenza.

Anche per 120.000 persone che hanno perso tutto.

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