In Karabakh gli armeni muoiono di fame: “L’Azerbaijan responsabile del genocidio” (La Stampa 16.08.23)
l genocidio degli armeni del Nagorno Karabakh è iniziato. «Martedì 15 agosto, un uomo residente a Stepanakert, la capitale, è morto per denutrizione». Lo afferma Gegham Stepanyan, Garante dei Diritti civili della piccola Repubblica caucasica, un fazzoletto di terra intrappolato nell’Azerbaijan e in una guerra lunga oltre trent’anni. Dallo scorso 12 dicembre gli azeri hanno chiuso il Corridoio di Lachin, l’unico accesso all’enclave armena per costringerla alla capitolazione e condannarla alla definitiva occupazione. E da oltre otto mesi il Karabakh non riceve più rifornimenti di cibo, medicine e generi di prima necessità. L’Azerbaijan ha inoltre interrotto le forniture di gas, acqua potabile ed elettricità: per i 120.000 abitanti del Karabakh è iniziata una gravissima crisi umanitaria, il Paese è allo stremo.
«Le conseguenze catastrofiche del blocco sono drammaticamente evidenti nel settore della sanità, perché sta colpendo i gruppi più vulnerabili della popolazione: bambini, donne incinta, pazienti con malattie croniche, persone con disabilità e anziani» conferma l’Ombusman. Secondo le stime del Ministero degli Esteri armeno «in Karabakh sono 8450 i malati gravi privi di cure adeguate, 2000 le donne in gravidanza senza assistenza, 30.000 i bambini e 20.000 gli anziani a rischio malnutrizione, 9000 i disabili abbandonati a sé stessi». Persone a cui l’Azerbaijan impedisce di trovare rifugio in Armenia.
«La catastrofica situazione alimentare causata dagli azeri sta creando episodi di malnutrizione e tra poche settimane saremo alla fame. Inoltre, la mancanza di medicinali sta paralizzando gli ospedali e migliaia di persone non possono essere più curate» spiega Gegham Stepanyan. Una situazione drammatica a cui il regime del presidente azero Ilham Aliyev non sembra voler porre fine, anzi, perché tutti gli appelli della Comunità internazionale sono fino ad ora letteralmente caduti nel vuoto. Compreso quello inviato lo scorso 6 luglio dalla Corte internazionale dell’Aja per intimare all’Azerbaijan la rottura dell’assedio: «Negare il diritto alla libera circolazione di persone, veicoli e merci costituisce plausibilmente una discriminazione razziale». Persecuzione etnica, dunque. Durissime anche le parole del presidente del Nagorno Karabak, Araik Arutyunyan, nella sua ultima lettera al Consiglio europeo: «Il mio Paese è stato trasformato in un immenso campo di concentramento». Non lascia scampo neanche il rapporto pubblicato l’8 agosto dall’ex Procuratore capo della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo. «Non ci sono forni crematori nè attacchi a colpi di machete. La fame è un’arma di genocidio invisibile. In mancanza di cambiamenti rilevanti e tempestivi, questo gruppo di armeni verrà distrutto in poche settimane» ha denunciato l’alto magistrato argentino. Le immagini del povero Karen Hovhannisyan, 43 anni, il corpo consumato dalla fame e dagli azeri fino alla morte, testimoniano che lo sterminio degli armeni del Nagorno Karabakh è già iniziato, invisibile solo agli occhi di chi non vuol vedere.