Il vandalismo azero non impedirà che la Croce di Cristo risplenderà sull’Artsakh per sempre (Korazym 29.02.24)
A Stepanakert è stato abbattuto il busto in memoria di Charles Aznavour, uno dei massimi interpreti della musica mondiale. Il Consiglio di Stato per la Protezione del Patrimonio Culturale dell’Artsakh ha dato notizia attraverso la propria pagina Facebook, di questo atto vandalico degli Azeri: «Il regime azerbajgiano ha smantellato il monumento a Charles Aznavour, eretto in occasione del centenario del famoso cantante, situato accanto al Centro della Francofonia Paul Eluard a Stepanakert».
La cerimonia di inaugurazione del busto del leggendario cantante franco-armeno Charles Aznavour era tenuta il 22 maggio 2021 nel parco dell’amicizia armeno-francese, alla presenza dello scultore del busto, Yuri Hovhannisyan, e del direttore del Centro, Armen Hovsepyan, che nelle sue osservazioni ha molto apprezzato il ruolo e il contributo del leggendario cantante franco-armeno alla cultura globale e alla vita del popolo armeno. L’architetto Mamikon Farsiyan aveva sottolineato che era un giorno speciale per lui, poiché il suo sogno e quello di molti altri sono diventati realtà: Artsakh finalmente aveva il busto di Aznavour.
L’abbattimento del monumento, è un insulto alla musica e alla cultura mondiale, ha sottolineato il Consiglio per la Comunità Armena di Roma, denunciando con una nota questo ennesimo atto vandalico azero, frutto di odio contro gli Armeni, che purtroppo segue molti altri compiuti in questi mesi di occupazione azera dell’Artsakh armeno. Statue, katchkar (croci di pietra), chiese, tombe, iscrizioni di ogni genere vengono abbattuti in una furia alimentata dal regime autocratico di Ilham Aliyev, che ha il solo scopo di eliminare – in un vero e proprio genocidio culturale – ogni traccia della millenaria presenza armena nella regione. Il Consiglio invita i media, anche italiani, a denunciare con fermezza queste intolleranti azioni di demolizione che nulla hanno a che fare con le discussioni politiche ma esprimono solo odio, razzismo e inciviltà.
In questi giorni ricordiamo, che tutto la questione del Nagorno-Karabakh cominciò dal pogrom di Sumgait. Dal 27 al 29 febbraio 1988, nella città di Sumgait, in Azerbajgian, venne organizzato un massacro della popolazione armena, accompagnato da omicidi, stupri, pogrom e rapine. Poi l’ondata di pogrom armeni si diffuse su tutto il territorio dell’Azerbajgian. Manifestazioni su larga scala furono organizzate a Yerevan a sostegno delle giuste rivendicazioni della popolazione del Nagorno-Karabakh.
Nel marzo del 1988 venne fondata nel Nagorno-Karabakh l’organizzazione Krunk (Comitato per il governo rivoluzionario in Karabakh), che coordinava il movimento di liberazione degli Armeni dell’Artsakh.
Il 13 giugno 1988, la Presidenza del Consiglio Supremo della Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian rifiutò categoricamente di soddisfare la richiesta degli Armeni del Nagorno-Karabakh di trasferire la regione dalla Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian alla Repubblica Socialista Sovietica di Armenia. Due giorni dopo, il Consiglio Supremo della RSS di Armenia diede il suo consenso “in relazione all’inclusione della Regione Autonoma del Nagorno Karabakh nella struttura della RSS di Armenia”.
Il 12 luglio 1988, l’ottava sessione del XX Consiglio di Convocazione dei Deputati del Popolo della Repubblica del Nagorno Karabakh annunciò il ritiro della Regione Autonoma del Nagorno Karabakh dalla RSS di Azerbajgian.
Nella situazione creata, la Presidenza del Consiglio Supremo dell’URSS con il decreto del 12 gennaio 1989, introdusse temporaneamente una speciale forma di governo nel Nagorno-Karabakh. Secondo tale decreto, i poteri del Consiglio dei deputati del popolo del Nagorno-Karabakh e del suo comitato esecutivo furono sospesi fino allo svolgimento delle elezioni dei nuovi membri del Consiglio. I suoi poteri furono completamente trasferiti al nuovo Comitato Speciale di Gestione del Nagorno-Karabakh, che era direttamente subordinato ai più alti organi del potere statale e dell’amministrazione dell’URSS. Arkady Volsky, che aveva assunto la guida del Comitato con la qualifica di “Rappresentante del Comitato Centrale e del Soviet Supremo” in Nagorno-Karabakh, suggerì di allentare la tensione attraverso lo sviluppo dell’economia del Nagorno-Karabakh, la creazione di forti legami economici e culturali tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia e la prevenzione della discriminazione contro la popolazione armena.
Il Comitato, che aveva sostituito gli organi governativi legalmente eletti del Nagorno-Karabakh e aveva ricevuto poteri amministrativi illimitati, fu però allo stesso tempo privato di ogni opportunità di gestire la vita economica della regione. I fondi stanziati per il Nagorno-Karabakh furono gestiti dalla leadership azera, che realizzò costruzioni su larga scala negli insediamenti azeri, creando luoghi di residenza e di lavoro per i coloni Azeri. Anche gli sforzi del Comitato Speciale di Gestione per eliminare o almeno allentare il blocco del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian furono vani.
La decisione di sciogliere le strutture regionali fu accolta negativamente nel Nagorno-Karabakh, poiché questo passo ostacolava le possibilità di un dialogo a pieno titolo. Tempo altri due anni e nel 1991, con l’uscita della RSS di Azerbajgian dall’URSS, il corso della storia porterà alla dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Nagorno-Karabakh e il conflitto che proseguiva per tre decenni, con aggressioni e guerre.
La furia anti-armena degli Azeri non terminò dopo l’occupazione completa dell’Artsakh con l’aggressione terroristica del 19-20 settembre 2023 e la successiva deportazione con la forza dell’intera popolazione armena autoctona. Il vandalismo statale azera non conosce limiti. Non trovando più Armeni da sterminare, l’Azerbajgian continua a perseguire una politica intollerante nei confronti del patrimonio culturale armeno a livello statale negli insediamenti occupati della Repubblica di Artsakh. Prosegue la politica di distruzione sistematica dei monumenti nell’Artsakh occupato, come l’Azerbajgian ha fatto sempre in ogni territorio finito sotto il suo controllo.
Lo scorso 21 febbraio, i media statali azeri hanno riferito, riprendendo evidentemente fonti governative dell’Azerbajgian: «Tutti i monumenti “illegali” armeni saranno smantellati in Karabakh». Considerando le testimonianze finora già raccolte, non esiste alcun dubbio che questa pulizia culturale stia procedendo e che presto non rimarrà più in piedi un solo monumento armeno nell’Artsakh occupato. Poco alla volta arrivano immagini, che documentano gli atti di vandalismo azero e la rimozione di pezzo dopo pezzo del patrimonio storico religioso culturale armeno. Questa politica è attuata a livello statale con l’obiettivo di distruggere completamente la traccia armena nell’Artsakh occupato.
«Registriamo quotidianamente molti fatti riguardanti il genocidio culturale compiuto dall’Azerbajgian a livello statale nell’Artsakh occupato», ha osservato Mkhitar Karapetyan, dell’Ufficio del Difensore Civico per la “cultura armena”. Ha avvertito ancora una volta che nei video girati dagli invasori Azeri della capitale della Repubblica di Artsakh, Stepanakert, si possono osservare le tracce del vandalismo azero. Per esempio, dall’analisi di un video girato il 13 febbraio 2024, si evince che le sculture poste sul viale Andranik sono state eliminate dagli occupanti azeri.
Il Consiglio di Stato per la Protezione del Patrimonio Culturale dell’Artsakh ha denunciato anche un altro atto di vandalismo da parte degli Azeri: «Il regime azerbajgiano ha distrutto il monumento ad Artsvi, che è stato costruito in epoca sovietica ed è un simbolo dell’infanzia di Stepanakert, nel Parco Superiore di Stepanakert». Si tratta di una piccola opera artistica; ma tanto è bastato ai vandali Azeri per distruggerla. Qualsiasi cosa abbia a che fare con la cultura (e che sia vagamente armeno) viene demolito.
Anche la statua del filantropo e figura nazionale Alek Manukyan, è stata abbattuta dalle forze di occupazione dell’Azerbajgian a Stepanakert.
Tra gli altri, anche i monumenti allo scrittore Hakob Hakobyan, al primo Presidente del Comitato Popolare della Repubblica Socialista Sovietica di Armenia Alexander Myasnikyan, all’Ammiraglio Ivan Isakov, ai soldati sovietici Anatoly Zinevich, Kristafor Ivanyan e altri erano stati smantellati. I vandali Azeri hanno demolito anche il monumento al leader bolscevico del Caucaso, Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo di Baku, Stepan Shaumyan, che dà il nome alla Città di Stepanakert. Anche il monumento all’eroe dell’Artsakh, Ashot Ghulyan, è stato smantellato nel parco omonimo a Stepanakert.
«Dai materiali pubblicati su Internet apprendiamo anche che le tombe dei morti nella guerra di liberazione dell’Artsakh sono vandalizzato», ha affermato in una nota la municipalità in esilio di Stepanakert.
Anche il Museo di Martakert nell’Artsakh occupato è diventato vittima dei vandali Azeri, riferisce il canale Telegram Karabakh Records: «L’Azerbajgian continua a distruggere a livello statale il patrimonio culturale dell’Artsakh occupato. Questa volta, l’obiettivo dei vandali Azeri era il museo della Città di Martakert della Repubblica di Artsakh. Tutto ciò dimostra ancora una volta che l’Azerbajgian distrugge tutto il patrimonio culturale dell’Artsakh a livello statale».
Il giornalista dell’Artsakh, Marut Vanyan – come ricordiamo anche lui ora in esilio forzato in Armenia, molte volte ospite di questa rubrica durante il #ArtsakhBlockade, si domanda se anche il monumento alle vittime del terremoto in Armenia del 1988 sarà considerato “illegale” dal regime di Aliyev. Sicuramente verrà demolito, sempre che ciò non sia già accaduto, il memoriale ai caduti delle guerre di liberazione. Via statue, targhe, cippi e tutto quello che è stato inaugurato negli ultimi trent’anni. Un patrimonio culturale enorme, destinato alla distruzione.
Forse, ma per poco, si salverà il monumento simbolo dell’Artsakh Noi siamo le nostre montagne [QUI], ma solo perché è del 1965 e perché il suo abbattimento farebbe troppo rumore. Ma, non c’è dubbio che è una mera questione di tempo: prima o poi faranno fuori anche quello.
Per il resto, tutto l’Artsakh sarà disseminato di Pugni di ferro [QUI e QUI] , che è l’unica espressione artistica di cultura, che gli Azeri sono riusciti a concepire.
Ecco, perché è importante documentare ogni attentato alla cultura e al patrimonio armeno in Artsakh e continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo lì. L’oblio è infatti il miglior alleato di questi incivili occupanti.
Tra le tante chiese diventate vittime del vandalismo culturale azerbajgiano, citiamo la chiesa di San Sargis nel villaggio di Tsar, distretto di Karvachar dell’Artsakh occupato. I vandali azeri sono passati anche da queste parti e hanno rimossa la croce e una delle pietre con iscrizioni, mentre a terra non sono più presenti frammenti di khachkar della chiesa.
Infine, ricordiamo che anche la grande croce, che dall’alto di un colle illuminava la capitale della Repubblica di Artsakh, Stepanakert, sopravvissuta alla guerra del 2020. Era stata eretta in memoria dei militari morti per la liberazione e la difesa dell’Artsakh. Subito dopo l’occupazione in settembre 2023 è stata abbattuta dagli Azeri.
Ecco, la fine che ha fatto la croce dell’Artsakh, la seconda più grande d’Europa, su una delle colline vicino al villaggio di Dashushen, che domina la capitale Stepanakert.
Tutti i Paesi cristiani stanno semplicemente a guardare: non fanno nulla, non condannano questa politica genocida dell’Azerbajgian. E la croce di Stepanakert non c’è più. Ma la Croce di Cristo risplenderà per sempre sull’Artsakh.