Il pragmatico equilibrismo geopolitico dell’Azerbaijan (L’inkiesta 27.08.24)

Baku ha coltivato buone relazioni con la Russia, beneficiando della partnership energetica e del sostegno politico per il conflitto in Nagorno-Karabakh. Ma allo stesso tempo ha rafforzato i legami con l’Unione europea, aumentando le esportazioni di gas per aiutare Bruxelles a ridurre la dipendenza energetica da Mosca

LaPresse

Vladimir Putin ha incontrato la settimana scorsa a Baku il presidente azero Ilham Aliyev in una delle rare visite ufficiali dell’autocrate russo fuori dai confini nazionali da quando è stato emesso il mandato d’arresto internazionale nei suoi confronti. Tante le questioni all’ordine del giorno affrontate dai due autocrati, quasi tutte con una certa rilevanza a livello internazionale: il conflitto in Nagorno-Karabakh, le forniture energetiche, il rafforzamento degli scambi commerciali —che nel 2023 hanno superato i quattro miliardi di dollari— e il potenziamento delle tratte per il trasporto merci (per la Russia l’attraversamento dell’Azerbaijan è diventato fondamentale per avere uno sbocco sui porti dell’Iran).

Una visita che è servita a Putin per dimostrare di avere ancora degli interlocutori a livello internazionale ma che in un certo senso ne certifica l’indebolimento nel Caucaso meridionale: dopo anni di sostegno all’Armenia, lo zar ha scelto di abbandonare Erevan per avvicinarsi all’Azerbaijan, Paese molto più potente ma meno incline a farsi dettare l’agenda da Mosca.

L’incontro di Baku arriva a distanza di due anni e mezzo dalla dichiarazione sull’interazione alleata, un documento siglato nel 2022 da Putin e Aliyev, diventato il principio di una collaborazione che l’anno successivo permetterà all’Azerbaijan di occupare il Nagorno-Karabakh in maniera praticamente indisturbata. In questo modo il presidente azero è riuscito a rafforzare il suo ruolo nel Caucaso meridionale proprio mentre la Russia si indeboliva perdendo la sua influenza sul Governo armeno.

Abbiamo chiesto a Giorgio Comai, ricercatore e analista dell’Osservatorio Balcani Caucaso, di raccontare a Linkiesta che idea si è fatto del bilaterale di Baku: «Per l’Azerbaijan questa visita è servita soprattutto dal punto di vista della politica interna. Aliyev è riuscito a dimostrare che il suo Governo è indipendente a livello internazionale e che non prende ordini né da Putin né dall’occidente. Ha confermato quella retorica da leader autoritario che gli ha permesso di governare per oltre vent’anni.

Putin aveva la necessità di farsi vedere fuori dai confini russi, per lui è stato utile a livello internazionale, anche se l’Azerbaijan si trova in una situazione molto favorevole e non si farà dettare l’agenda dalla Russia. In un certo senso Putin ne esce un po’ ridimensionato ma in questa fase Mosca ha bisogno di partnership internazionali e ha avuto un approccio pragmatico. Il presidente russo e quello azero si capiscono al volo essendo due leader autoritari con un background compatibile, entrambi di formazione sovietica. Ovviamente sono tanti anche gli interessi reciproci in comune».

I due autocrati hanno affrontato la questione delle forniture energetiche e anche in questo caso il paese del Caucaso meridionale è sembrato partire da una posizione di forza. I buoni rapporti con la Russia, migliorati dopo l’invasione dell’Ucraina, non hanno impedito all’Azerbaijan di trarre vantaggio dalle sanzioni occidentali che hanno colpito Putin.

Baku, infatti, aumentando le forniture di gas ai Paesi dell’Unione europea ha aiutato l’Europa a rendersi indipendente da Mosca. Parallelamente, però, Aliyev e Putin stanno definendo un nuovo accordo bilaterale. Su quest’ultimo aspetto Bruxelles dovrà tenere alta l’attenzione soprattutto se, come sembra, la nuova intesa sul gas dovesse favorire Putin (in autunno se ne saprà di più ma ci sono già diverse ipotesi).

È evidente che, fino a questo momento, chi esce vincitore da questa situazione è il presidente azero Aliyev che è riuscito a vendere il gas all’Europa e allo stesso tempo ad aumentare gli affari con Putin, fornendogli anche un corridoio di transito strategico per l’accesso delle merci russe ai porti iraniani. Il tutto restando sostanzialmente impunito dopo l’invasione del Nagorno-Karabakh. «Non conosciamo ancora i dettagli dell’accordo sul gas tra Russia e Azerbaijan —prosegue Comai— ma sembra plausibile che riguardi schemi mirati a utilizzare risorse russe per facilitare l’esportazione di gas azero.

Ad esempio, Baku potrebbe vendere il proprio gas agli europei e utilizzare internamente quello acquistato dalla Russia. Tecnicamente non violerebbe le sanzioni europee ma in maniera indiretta aiuterebbe non poco le casse del Cremlino. Finora l’Unione europea ha dimostrato una certa tolleranza e l’Azerbaijan ne ha tratto enormi vantaggi ma se dovesse continuare ad avvicinarsi a Mosca le cose potrebbero cambiare» conclude Comai.

C’è poi un altro aspetto che dovrebbe preoccupare Bruxelles e Washington: come riportato da Politico, Aykhan Hajizade, portavoce del ministero degli Esteri dell’Azerbaijan, ha confermato che il Paese del Caucaso ha intenzione di aderire al blocco dei paesi Brics. Lo ha fatto a margine della visita di Putin, in un momento in cui Mosca sta spingendo molto sull’alleanza con gli altri paesi del blocco (Brasile, Cina, India e Sudafrica ai quali si sono recentemente aggiunti Egitto, Emirati Arabi, Etiopia e Iran). Non potrebbe essere altrimenti, viste le sanzioni occidentali. L’ingresso di una potenza ricca di materie prime come l’Azerbaijan darebbe ulteriore linfa a un’alleanza economica che in questo momento risulta fondamentale per l’economia russa. Non è una buona notizia. Né per l’Unione europea né, soprattutto, per l’Ucraina.

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