Il peso della parola secondo Mikayel Ohanjanyan in mostra all’ex stamperia GEA di Milano. (AgendaOnline 27.10.24)

Un nuovo capitolo del lavoro condotto sulla natura dei legami dall’artista Mikayel Ohanjanyan (Yerevan, 1976) è in mostra fino all’8 novembre 2024 negli spazi di Assab One di Milano.

Ohanjanyan è stato uno dei partecipanti alla mostra del padiglione nazionale dell’Armenia, premiato con il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2015. Ha inoltre ricevuto il Premio Fondazione Henraux per la Scultura in marmo nel 2014 e il Premio Internazionale dell’Arte Contemporanea “Enrico Marinelli” per il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze nel 2018.

La mostra è curata da Mazdak Faiznia, direttore artistico della Fondazione Famiglia Faiznia e di NOMAD Contemporary Heritage.

E… se non ci fosse la scrittura?” apre infinite possibilità di ricostruire la genesi della parola attraverso l’individuazione di una serie di fattori che appartengono alla cultura e alla lingua madre di ciascun individuo posto in relazione con la società del suo tempo.

La parola restituisce una versione inesatta e parziale del pensiero, un elenco di opinioni che gravitano intorno alla verità, toccando in maniera tangente tutte le scienze della natura e dell’uomo, dall’astronomia alla geologia, la filosofia e la scultura.

Tagliare le sovrastrutture del pensiero per giungere a coglierne l’essenza è un procedimento delicato, un andirivieni tra immagine e parola che tende a chiarificare le motivazioni.

Il passaggio dal linguaggio verbale, orale e scritto, al linguaggio non verbale, come quello visivo, registra un ulteriore affinamento del pensiero che, se da un lato dilata le distanze spazio temporali tra gli interlocutori, dall’altro svela l’interconnessione che li rende parte di un sistema più grande.

Il progetto consiste in un gruppo scultoreo di cinque forme in basalto installate all’interno dello spazio a luce naturale che una volta ospitava le Grafiche Editoriali Ambrosiane, dal 2002 sede di Assab One su iniziativa dell’editrice e giornalista pubblicista Elena Quarestani.

I corpi in basalto e i piccoli frammenti satelliti, ottenuti mediante la riproduzione in piombo delle schegge originali, naturalmente ancorate a terra vengono trattenuti da cavi in acciaio come a rafforzarne simbolicamente il legame altrimenti impercettibile. Sono come dei grandi asteroidi, piccoli pianeti da cui spesso si distaccano i meteoriti.

In un’intervista esclusiva, l’artista Mikayel Ohanjanyan confida le motivazioni che hanno accompagnato la sua indagine sul valore della parola e sulle relazioni che intercorrono tra il singolo individuo e la società, e tra le singole particelle e l’universo.

Le rime petrose di Dante descrivono la reticenza e la difficoltà di seduzione della donna-petra. Il poeta russo Osip Mandel’stam distilla in concentrato il destino di un popolo segnato dalle tribolazioni come l’Armenia definendolo “paese delle pietre urlanti”.

A partire dagli studi completati tra l’Accademia di Belle Arti di Yerevan e quella di Firenze, quali sono i riferimenti letterari che riverberano nella tua pratica artistica?

MO: Sono stato sempre attratto dalle mitologie di tutte le civiltà antiche, dalla letteratura mistica, come quella di Georges Gurdjieff, dagli studi scientifici e sociologici. Non potrei non leggere i grandi classici del passato e del contemporaneo, sia della letteratura armena che quella mondiale.

Mi incuriosisce qualsiasi cosa che possa aiutarmi a riflettere e a capire qualcosa in più dell’essere umano, la nostra esistenza e la nostra essenza.

Mi piace molto “leggere” le persone. Trovo molto interessante osservarle mentre attraverso la strada o mentre sono in compagnia. Ognuno è una letteratura unica e universale. I classici mi aiutano molto in questo senso, a interpretare i traumi, le tragedie, le gioie e i sogni delle persone. Sono queste le esperienze che riverberano nella mia pratica artistica.

Nel corso della tua carriera sei passato dall’utilizzo del marmo di Carrara a quello del basalto dimostrando una scrupolosa manualità scultorea sia dinanzi a un materiale pregiato che a un materiale certo più ottuso, entrambi riscontrabili in natura. Il basalto in particolare è associato a un luogo sacro, la “Sinfonia delle pietre” di Garni, a 30 km da Yerevan, un monumento naturale con colonne di forma esagonale e pentagonale alte fino a 50 metri.

MO: Oltre al marmo e al basalto, ho utilizzato anche con altri tipi di materiali lapidei, poi il bronzo e il legno, il ferro e alcuni materiali sintetici. Credo che ogni materiale abbia dentro di sé una sacralità nascosa, all’artista spetta il compito di ricavarne qualcosa di speciale, una propria poesia. Il basalto è una pietra vulcanica che indubbiamente caratterizza l’altopiano armeno. Lo trovo in realtà un materiale nobile, il suo aspetto aspro contiene una delicatezza infinita.

Mi domando se Mandel’stam non fosse incantato proprio da questo connubio di estremi. Il basalto inoltre è la pietra che deriva dalla rigenerazione della crosta terrestre, dal grembo della nostra terra, custodisce un racconto remotissimo, la storia dell’essere umano, la natura, la terra stessa e l’universo. Non direi che trovandomi in Italia guardo con occhi diversi i luoghi a me cari, ma vivendo in Italia ho scoperto l’importanza della mia cultura d’origine.

Da quanto tempo manchi in Armenia? C’è stato un momento in cui dall’Italia hai rivisto con occhi diversi i luoghi a te cari?

MO: Attraversare “i confini” consente se non altro di scoprire l’importanza e l’unicità delle altre culture, compreso quella italiana. In Armenia cerco di tornare spesso, l’ultima volta è stato a aprile quest’anno.

Scolpire la pietra e scolpire le parole nella pietra appartengono a due visioni e procedimenti diversi. Quando l’intervento dello scultore si sofferma sulla forma e quando avverte invece la necessità di fissare un messaggio verbale oltre a quello visivo?

MO: Credo che la pratica di combinare la forma alla scrittura derivi inconsciamente dalla mia cultura d’origine. Mi tornano in mente i blocchi di basalto presenti nelle catene montuose delle regioni di Ghegharkunik o Syunik in Armenia, i Vishapakar (“pietre dei draghi”), una sorta di menhir su cui sono scolpite teste di draghi, pesci o arieti. Rivedo le antichissime scritture cuneiformi urartiani incise sulle pareti rocciose, o i testi sacri, le preghiere e le annotazioni su pareti intere all’interno delle chiese medievali armene. Credo che forma e verbo siano congiuntamente due modi di sintetizzare un’emozione e di cristallizzare un’energia vibrante attraverso la scultura e la scrittura. Il risultato finale deriva da un lungo processo interiore e dal tentativo di unire in modo equilibrato la musica interiore, lo spazio, il tempo e la materia.

 In quale lingua ti senti più a tuo agio quando devi esprimere un concetto più articolato?

MO: Sicuramente in armeno e in italiano, a seguire in russo e poi in inglese.

Mikayel Ohanjanyan è presente con la mostra “Naturalis Historia” con testo critico di Laura Cherubini dal 10 settembre al 12 ottobre 2024 da Building Gallery in Via Monte di Pietà 23, e con la mostra “Fellings” a cura di Roberto Lacarbonara dal 21 settembre al 3 novembre 2024 tra i comuni di Mornico al Serio e Torre Pallavicina, in provincia di Bergamo.

Mikayel Ohanjanyan
E… se non ci fosse la scrittura? 
a cura di Mazdak Faiznia
27 settembre – 8 novembre 2024
Dal mercoledì al venerdì dalle 15:00 alle 19:00 Sabato su appuntamento
ASSAB ONE, via Privata Assab 1, 20132 Milano (MM2 Cimiano) * Ingresso libero con tessera Assab One 2024 (€10) Per informazioni: info@assab-one.org +39 02 2828546

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