Il Molokano su Tempi – Il formichiere turco nel formicaio. Voi Europei non avete occhi per vedere il piano diabolico in atto contro gli Armeni (Korazym 18.11.22)
Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.11.2022 – Renato Farina] – Perché gli invasori turchi e azeri si sono fermati nel novembre dei 2020, e non hanno affondato il colpo? Non è stato per obbedire a Putin o per generosità, volendo evitare una strage di civili inermi. Ma per tenere aperta la strada a ben altra conquista. Una sorta di pit-stop per riaccreditarsi come ragionevoli pretendenti. Indi mandare a monte le trattative. Cercare un nuovo casus belli, e partire stavolta alla conquista dell’intera Repubblica d’Armenia.
Se non siete disposti a credermi, se la stima che mi avete fin qui dimostrato avesse anche solo una scalfittura, allora strappate la pagina molokanesca, appallottolatela, e procedete a letture più amene.
Ho da dirvi un fatto, quasi una folgorazione. Sulle amate sponde ahimè incerte sul loro destino del lago di Sevan — scriverebbe Omero «di argentee trote guizzanti» — una luce ha illuminato la scena con nitore indicibile. Non sono pazzo, né un mitomane che pretende di spacciarsi per San Gregorio l’Illuminatore redivivo dopo 18 secoli. Ho letteralmente visto, non immaginato, ma contemplato, il piano diabolico in corso d’opera. Ilham Aliyev, dittatore degli Azerbajgiani, e Recep Tayyip Erdoğan, sultano turco, quando nel settembre del 2020 sono partiti con l’offensiva dei 44 giorni per occupare l’Artsakh (la Repubblica indipendente del Nagorno-Karabakh), l’8 novembre, dopo aver conquistato la fortezza di Shushi, la Gerusalemme armena, erano a 15 chilometri dalla capitale Stepanakert, con uno schiocco di dita (e di droni ottomani e israeliani) in un battibaleno avrebbero stretto in pugno tutto il territorio primigenio dell’Armenia, di cui ripeto la storia in due righe: l’Artsakh fu incluso da Stalin nella Repubblica azera, sottraendolo alla madre patria. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica a chi apparteneva questa regione? A chi la abitava da millenni, o a chi vi aveva piantato le bandiere per gentile omaggio del tiranno? Ci fu una guerra tremenda per morti e crudeltà (’92-’93). Vinsero gli Armeni, inferiori in uomini e mezzi. Ma l’Artsakh restò isolato. Dopo di allora nessun Paese, tranne l’Armenia con capitale Erevan e tre milioni di abitanti (più i dieci milioni di Armeni della diaspora), riconobbe la sovranità di quel nuovo piccolo Stato (150 mila abitanti). Trattative a Minsk, insofferenza di Aliyev padre, cui succedette Aliyev figlio, strabordante di gas e petrolio. Ed ecco il colpo di mano del 2020. Lasciato a metà. Perché? Intervenne Putin e interpose duemila caschi blu russi per difendere gli Armeni che restavano in Artsakh.
Dopo di che, a trattative in corso, non più gestite dai Russi ma dall’Unione Europea, dopo che Ursula von der Leyen e i ministri del Governo Draghi andarono a pietire il gas azero a Baku, Aliyev ruppe gli indugi. Non attaccò in Nagorno-Karabakh, non gli importava più. Ha sfondato i confini dell’Armenia, con i soldati russi rimasti a guardare.
Intanto sono usciti libri dove si afferma che l’intera Armenia è affare ottomano.
Sintesi.
Noi Armeni siamo formiche ed è entrato in casa nostra il formichiere turco. A suo tempo, nel 1915, inghiotti un milione e mezzo di nostri fratelli e sorelle, fu il primo genocidio del Novecento. La Chiesa Apostolica Armena ha dichiarato le vittime – squartate, impiccate, stuprate, bruciate, lasciate morire di fame e di sete lungo sentieri che approdavano al nulla – tutte, nessuna esclusa, sante e martiri. Sono cose che voi Italiani, cui scrivo la mia lettera mensile, sapete di sicuro. Quello che riesce difficile far comprendere è che quello è stato il primo atto dell’annientamento del nostro popolo. Andranno avanti. Lo so che pensate che io esageri, il solito piagnone molokano, si vuol mettere sotto la gonna dell’Europa, della Russia, dell’America, vanno bene tutte le sottane pur di sfangarsela. Provo a documentare le ragioni per cui busso e ribusso al vostro uscio, ma non avete orecchi per intendere né occhi per vedere. Sottopongo questi punti, li appendo sul muro della vostra indifferenza, doppio standard, ipocrisia, svendita di fratelli, baratto di anime in cambio di gas, eccetera.
1. Noi Armeni – e io lo sono di nazionalità, di spirito, identità assoluta (non di sangue e neppure riconosco come mia la loro Chiesa: appartengo alla setta eretica degli ortodossi che bevono il latte in Quaresima) -, noi Armeni non siamo migliori degli Azerbaigiani e dei Turchi che li affiancano e li dirigono. Ci è però capitato di essere Cristiani, e che la fede antica abbia dato forma a pensieri, musica, sguardi, preghiera, persino i nostri peccati hanno qualcosa di Cristiano, anche quando spariamo invochiamo la Vergine piena di grazia. E preghiamo la Madre di Dio che intervenga oggi come il 7 ottobre del 1571 a Lepanto, non per far strage di infedeli, e neppure per ottenere vendetta. La vera vittoria sarebbe far cadere dalle mani le armi, dalle rampe i missili e dal cuore l’odio. Intanto…
2. La guerra dei 44 giorni, come detto, si concluse il 9 novembre 2020 con la nostra disfatta. Tutti fermi. Per cinque anni i Russi avrebbero garantito pace e sicurezza. Il trattato è stato sottoscritto dall’Azero Ilham Aliyev e dal nostro premier Nikol Pashinyan.
3. Il 13 e 14 settembre scorsi le truppe azere hanno attraversato il confine. Pashinyan si è dovuto rendere conto della solitudine degli Armeni. Il 30 settembre ha detto in tv: «Dopo la sconfitta del 2020, dobbiamo essere realistici. Nessuno è pronto a riconoscere l’indipendenza del Nagorno-Karabakh, cosi come nessuno è pronto a riconoscere il Nagorno-Karabakh come parte dell’Armenia. E dobbiamo riconoscere questo fatto». Oggi chiede ai Karabatsi di trattare direttamente con Baku sul loro futuro. Chiede solo che si fissino i confini internazionali invalicabili. Dicono molti Armeni che questo sia un tradimento da parte di Pashinyan. Io credo che a tradire siano stati l’Europa, la NATO, i Francesi ricchi di chiacchiere ma anche voi Italiani. Avete lasciato e lasciate, con tanto di salamelecchi, che agli Armeni e ai loro capi sia puntata una pistola alla tempia. Invece di disarmare l’aggressore gli fornite proiettili di piombo e sorrisi angelici.
Il Molekano