Il genocidiuccio degli Armeni in Artsakh non attira lo sguardo, non provoca popolarità (Korazym 13.12.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.12.2023 – Renato Farina] – Notizie dai confini orientali della Repubblica di Armenia, in Italia siamo in pochissimi a portarvele sui carretti, fresche fresche, appena colte, interessano? Mi pare di sentire la risposta che per buona educazione, per paura di essere sgradevoli con questo venditore di news caucasiche, non osate pronunciare: «Le sappiamo a memoria le vostre news. Bravo, bravo continua pure, abbiamo pazienza. Ma sì, c’è un genocidio in corso, colpisce il popolo Cristiano del Nagorno-Karabakh ad opera dell’alleanza turco-azera, e se non viene fermato travolgerà l’intera Armenia, coi suoi tre milioni di abitanti. Ma che ci possiamo fare? Volete un’altra guerra? Non vi bastano quelle in corso?».
Queste frasi lo so che vi si rigirano nel cervello, è noioso il lamento dei moribondi, somiglia alle litanie dei mendicanti, ma vi vergognate anche solo a pensarlo, figuriamoci a dircelo in faccia, e ci date monetine di condiscendenza. Dai che lo so, come Molokano sono in odore di eresia, magari un «Cristianista», che sventola vessilli di una fede che non c’è più. Sperate solo per scomunicarmi – dai, ammettetelo – che proclami la necessità di una nuova Lepanto, invocando uno scontro salvifico come quello che il 7 ottobre 1571 fermò l’assalto ottomano all’Europa, grazie alle flotte degli alleati Cristiani che avevano aderito alla chiamata di San Pio V.
A dire la verità mi sono fatto l’idea, che la Lepanto di questo millennio ci sia già stata, e i discendenti della Cristianità siano già stati sconfitti. Non so bene né dove né quando, ma c’è stata una resa in Europa e negli USA; sottomessi nel cuore e nella pancia alla dissoluzione. Ci salvano le miriadi di martiri, l’onda del cui sangue in Africa e in Asia si rapprende imprigionando i piedi del diavolo. E più vicino a voi: qui in Armenia dove si accampano i profughi dell’Artsakh (nome materno del Nagorno-Karabakh).
Un altro Lepanto neanche per sogno
ma almeno smettere di armare gli Azeri?
Niente Lepanto, nessun interventismo bellico. Sono diventato moderato, molto moderato, accetto la debolezza del mio governo armeno, che non punta ad alcuna mobilitazione guerresca, ma si accontenta di preservare un resto di Armeni nella pace, di delimitare i confini della Repubblica con cippi invalicabili dagli orchi, e di procurare con accordi internazionali la possibilità di un ritorno dei nostri amati Arstacchiani nella terra più bella del mondo.
Non serve gridare mentre esplodono missili ovunque. Non ti sente nessuno. Per questo ho dismesso la corazza, deposto l’inutile megafono che non apre le orecchie ai sordi. Ho rinunciato all’idea di resistenza guerrigliera, che sarebbe certo legittima, come la vostra resistenza, ma la vostra funzionò perché gli alleati risalivano la Penisola. Ma non è per calcolo che lo dico, ma perché ho ascoltato la voce amorevole delle madri e dei preti barbuti che hanno accompagnato la carovana vilipesa dei deportati. In quest’epoca, gli eroi non devono guidare cavalcate nel vento, ma dolcemente aprire il proprio uscio e vicino al fuoco di legna caucasica, speziato di timo, porgere una tazza di latte e miele ai fratelli cacciati via, estirpati dalla loro stessa vita, ma fluorescenti.
Fratelli da custodire
Dico di più. Se anche bussasse un invasore Azero sperduto e ansimante, che ancora tra le dita avesse appiccicati i capelli di una ragazzina Armena la cui sorte non so, gli darei un angolo del mio giaciglio, se il Signore mi desse la grazia di essere buono come il Samaritano. Ci resta solo il patrimonio della bontà. Ah certo abbiamo combattuto, da millenni nemici ci assaltano, distruggono, impalano, ma i centomila dell’Artsakh hanno conservato il tesoro che vale più di tutto l’oro del Perù: la fede fatta carne in un popolo.
Per questo dovete custodire gli Armeni, peccatori e carnali, mistici con i calli, e il profilo di musicisti senza paga. Per favore l’Italia, voi Italiani che meravigliosamente ci volete bene, a dispetto dello Stato e dei suoi apparati, fate in modo che il vostro Paese si metta di mezzo. Commerci pure il gas con l’Azerbajgian, ma vigili sulla nostra insignificante libertà, ma che deve avere un peso incommensurabile se fa così paura.
Semplicemente, cara Giorgia (Meloni), cari Matteo (Salvini e Renzi), cari Antonio (Tajani) e Maurizio (Lupi), girate la testa verso di noi rischiando di spezzarvi un osso. Lo so, le piccole guerre, con le loro piccole paci, i piccoli morti, i genocidiucci, non attirano lo sguardo, non provocano popolarità. Accidenti, c’è già l’Ucraina, e poi Israele e Gaza, il Libano, l’Iran, e si staglia sullo sfondo Taiwan, senza dimenticare la guerra sottomarina che attraversa l’Artico. E chi siamo noi che da anni bussiamo sui vostri vetri sigillati con il silicone? Siamo fratelli.
La terza guerra mondiale a pezzi induce a concentrarsi sui frammenti più grossi, che già bastano a saturare l’attenzione. Dunque a chi può importare di noi? Siamo vostri fratelli, cribbio.
Il Senato americano ha votato all’unanimità
una legge che vieta di vendere armi all’Azerbajgian
Una volta tanto sarebbe bello per voi Italiani
essere più filoamericani che filoturchi
Una speranza da Capitol Hill
Dalla sponda orientale del lago di Sevan alzo lo sguardo senza neppure l’ansia di farvi sapere se gli Azero-Turchi, benevolmente osservati dai soldati Russi, muovono con i loro carri armati o inviano droni sopra le nostre teste per mozzarcele. Se anche esse rotolassero fino in Italia, fin sulla porta di Palazzo Chigi, non accadrebbe nulla, neppure un comunicato. Magari anzi ministri zelanti le incarterebbero e le rispedirebbero – le teste armene, dico – in Caucaso come merce indesiderabile e provocatoria. Finora 100mila persone sbattute via non dalle loro case e basta, ma proprio dalla loro terra, sangue, anima, chiese, icone, tombe, vigne, vino e olio, albicocche non hanno meritato da nessuna forza politica un gesto forte di solidarietà. Neppure a parole. E per di più il governo tifa spudoratamente per gli Azero-Turchi in nome del diritto internazionale per cui, contro l’evidenza delle coscienze, sarebbero le regole del bene a imporre questo male. Non è nato per questo il diritto a Roma.
Ma io oggi oso sperare. Senza rovesciare tavoli, il Senato americano ha votato all’unanimità una legge che vieta di vendere armi all’Azerbajgian. Una volta tanto sarebbe bello per voi Italiani essere più filoamericani che filoturchi.
Il Molokano
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di dicembre 2023 di Tempi in formato cartaceo e sulla edizione online Tempi.it [QUI].
Foto di copertina: parata militare celebrativa della vittoria degli Azeri sugli Armeni dell’Artsakh a Stepanakert, ora rinominata Khankendi, l’8 novembre 2023.