Il genocidio dimenticato degli Assiri (Mentinfuga 11.03.24)
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I genocidi riconosciuti
Il genocidio degli Armeni
Non si può non partire dal “genocidio degli Armeni” o, come lo ricordano i sopravvissuti di quel popolo, Medz Yeghern (in lingua armena Մեծ Եղեռն, “grande crimine“) o Հայոց Ցեղասպանութիւն (Hayoc’ C’eġaspanowt’yown).
La drammatica vicenda si svolse, ad opera del Governo Ottomano, allora diretto dai cosiddetti Giovani turchi che avevano preso il potere ad Ankara, rovesciando la dinastia che aveva retto per secoli quell’Impero enorme, multietnico e multireligioso, tra il 1915 ed il 1916 e determinò deportazioni ed eliminazioni che causarono circa 1,5 milioni di morti.
Tale genocidio viene commemorato dagli armeni il 24 aprile
Sul piano internazionale, quaranta Stati hanno ufficialmente riconosciuto come genocidio gli eventi armeni e, in Francia, una legge punisce con il carcere la negazione del genocidio armeno.
Ma dimostrazione che sul termine genocidio la discussione è più che mai aperta, il governo turco rifiuta ancora oggi di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni.
Il 12 aprile 2015 papa Francesco riferendosi agli avvenimenti[2] ha parlato esplicitamente di genocidio, citando una dichiarazione del 2001 di papa Giovanni Paolo II e del patriarca armeno, in occasione della messa di commemorazione del centenario in San Pietro, dichiarando che quello armeno «generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo»[3].
Il Parlamento italiano si occupò del problema nel 1998 con una mozione presentata da Giancarlo Pagliarini per il riconoscimento dell’Olocausto armeno, firmata da 165 parlamentari di diversi partiti.
Il 17 novembre del 2000 la Camera dei deputati italiana, sulla scia del Parlamento europeo e della Città del Vaticano, ha votato, nella seduta n. 160 del 10 aprile 2019, ha approvato, con 382 voti a favore, nessun contrario e 43 astenuti, la mozione n. 1-00139 che “impegna il Governo a riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale.
Sulla corretta definizione di “genocidio”, proprio prendendo spunto dalla drammatica vicenda armena, si è aperta una vera e propria diatriba interpretativa, a ulteriore dimostrazione di come il concetto sia complesso e non ammetta semplificazioni.
Si noti che in turco esso viene indicato come Ermeni Soykırımı “genocidio armeno”, a cui viene anteposta la parola sözde (“cosiddetto”), oppure Ermeni Tehciri “deportazioni armene“.
La posizione ufficiale della Turchia è che le morti degli armeni durante i “trasferimenti” o “deportazioni” non possono essere semplicemente considerate genocidio.
Tale posizione è stata appoggiata da una lunga serie di giustificazioni, tutte divergenti tra loro: le uccisioni non erano deliberate o non erano orchestrate dal governo; le uccisioni erano giustificate dalla minaccia costituita dalla “nota russofilia” degli armeni come gruppo culturale; gli armeni sono semplicemente morti di fame; altre spiegazioni chiamano in causa le fameliche “bande armene”.
Alcune argomentazioni tentano di screditare l’ipotesi del genocidio sul piano semantico o mettendone in risalto lo specifico anacronismo (la parola stessa genocidio non esisteva prima del 1943)
Già da tempo la magistratura turca punisce con l’arresto e la reclusione fino a tre anni il nominare in pubblico l’esistenza del genocidio degli armeni, in quanto gesto antipatriottico.
In tale denuncia, poi ritirata, è incappato perfino lo scrittore turco Orhan Pamuk, a seguito di un’intervista a un giornale svizzero in cui accennava al fenomeno e non si esclude che proprio alle posizioni di Pamuk sulla questione armena si debba l’attentato di cui lo scrittore e rimasto vittima.
D’altro canto, al di fuori della Turchia, paese ovviamente interessato, anche l’orientalista Bernard Lewis, membro della British Academy, riconosce che i “massacri del 1915” contro gli armeni dell’Impero ottomano si siano verificati, ma non crede che rientrino nella definizione di genocidio ma solamente qualificato come un insieme di stragi, non mosse tuttavia dalla chiara volontà di eliminare tutti gli Armeni. Va peraltro ricordato come in Francia, negli anni Novanta, la sua visione critica della violenza perpetrata dai Giovani Turchi gli valse una causa civile e la condanna, sia pure ad un’ammenda simbolica di un franco francese.
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