Le definizioni lessicali del termine sono sufficientemente esaustive per comprendere la portata di un evento storico inteso – secondo la definizione del Lemkin – come “la distruzione di una nazione o di un gruppo etnico (che) intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali, per annientare questi gruppi stessi. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali, e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui che appartengono a tali gruppi. Il genocidio è diretto contro il gruppo nazionale in quanto entità, e le azioni che esso provoca sono condotte da individui, non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale”.
Al fine di evitare fraintendimenti fra il significato di Genocidio e quello più ampio di Guerra – laddove questa va piuttosto inquadrata nel tentativo da parte di uno stato od entità nazionale di primeggiare (politicamente e territorialmente) nei confronti di un altro, o di una fazione contro un’altra (guerra c.d. civile) – è utile soffermarsi brevemente su alcuni aspetti che specificano l’azione genocida:
Complicità dello stato: il genocidio viene perpetrato non tanto dallo Stato in quanto istituzione, ma da un gruppo (politico, etnico) all’interno dello Stato (solitamente retto da un regime autoritario) con la complicità organizzativa o la semplice tolleranza dello stesso. Lo Stato non agisce in prima persona, ma copre il crimine: non fu lo Stato Turchia a sterminare gli armeni, ma l’organizzazione politica dei Giovani Turchi, lo Ittihad ve Terakki (il comitato “Unione e progresso”) dalla quale partì l’input e che si servì tuttavia dell’apparato statale per mettere in atto il folle progetto, rendendo di fatto responsabile del Genocidio l’intera comunità nazionale (i successivi silenzi, le ulteriori stragi perpetrate da Ataturk, il negazionismo turco ancora oggi sostenuto dai suoi rappresentanti, hanno finito invero con il collocare l’intera Turchia in una posizione di complicità morale che con il passare degli anni diventa sempre più pesante).
Fattore religioso: accanto al fattore etnico quello religioso riveste, nella stragrande maggioranza dei casi, un ruolo rilevante; anche se “ufficialmente” le motivazioni della pulizia etnica vanno ricercate al di fuori della disputa religiosa, la stessa diviene minimo comune denominatore di tutti i genocidi. Laddove non sia causa scatenante (come ad es. nel Darfur), viene fatta leva sul sentimento religioso per rafforzare nella popolazione l’avversione nei confronti del nemico da eliminare; rafforza l’azione genocida trasformandola progressivamente, fino a farne assumere le motivazioni e le sembianze di una guerra di religione. Nel caso degli armeni (cristiani), i Giovani Turchi (organizzazione laica all’interno di uno stato sostanzialmente laico) aizzarono la popolazione musulmana per dare maggiore credibilità al loro piano politico.
Territorio: tranne casi particolari (su tutti, quello delle civiltà del continente americano), il genocidio avviene all’interno di una precisa area, di un territorio solitamente limitato dai confini nazionali che deve essere, per l’appunto “purificato” dei suoi elementi “estranei” (vedi anche Ruanda, Cambogia, Bosnia). Per la Shoah il discorso è diverso in quanto interessò una porzione di continente europeo (e non singole entità nazionali) tuttavia caratterizzata da un blocco politico omogeneo.
Il Genocidio può essere inquadrato come un CRIMINE CONTRO L’UMANITA’ perché colpisce con l’efferatezza della sua pianificazione ed esecuzione non solo il gruppo etnico vittima della violenza, ma anche i sentimenti del mondo intero, provocandone lo sdegno (ma spesso solo quello …). Significativo, a questo proposito, il caso Tehrilian, studente universitario armeno che nel 1921, uccise con due colpi di pistola a Berlino Talaat Pascia, ministro dell’interno nel governo dei Giovani Turchi, considerato il principale artefice del genocidio. Il giovane armeno non fuggì ed ammise le proprie responsabilità. Ma al termine del processo, durante il quale testimoniò anche il pastore protestante Lepsius che narrò le orribili scene alle quali aveva assistititi in Turchia, Tehrilian venne assolto: la corte tedesca giudicò talmente grave l’operato di Talaat, in pratica da giustificarne la sua eliminazione, trasformando la vittima di quell’omicidio in un carnefice, da giustiziare, responsabile di un crimine non solo nei confronti del popolo armeno ma di tutta l’umanità.
Il genocidio è anche CULTURALE: non ci si limita ad annientare un popolo, ma anche a distruggere ogni simbolo che ne richiami la sua memoria e cultura, nel tentativo – sovente riuscito – di cancellarne ogni traccia favorendo il processo di oblio.
Nell’attuale Turchia orientale (un tempo denominata politicamente e geograficamente con il termine di Armenia) , dove gli armeni costituiva dal 30 al 60% dell’intera popolazione, non vi sono più tracce della loro presenza (ad eccezione di un paio di chiese, come quella sull’isola di Akhtamar sul lago di Van, genericamente indicata come “cristiana”) tutto è stato cancellato: dai luoghi di culto agli edifici fino alle pietre tombali; nei musei di storia della regione la presenza armena semplicemente non esiste, e quello che non è stato distrutto (ad esempio la città di Ani, a suo tempo capitale del regno armeno) non viene riconosciuto appartenere a quella cultura. Persino l’Ararat ha cambiato nome in Agri Dagi!
E il genocidio culturale continua: nella regione del Nakichevan, un tempo terra di armeni poi inglobata nel turco Azerbaigian, le autorità civili e militari hanno terminato di distruggere nel 2005 il cimitero medievale di Julfa, patrimonio dell’umanità, ove si trovavano diecimila katchkar, croci di pietra. Il mondo, che si era mobilitato all’epoca della distruzione dei Bhudda di pietra da parte dei Talebani, si è accorto dello scempio con colpevole ritardo!