Il diritto di sopravvivere negato all’Armenia (LaStampa 09.02.24)
Due episodi recenti hanno riportato l’attenzione sul conflitto fra l’Azerbaigian e gli armeni, in particolare sanzionando l’espulsione degli armeni dal Nagorno-Garabakh, territorio che essi abitavano da secoli e che oggi rischia di essere inghiottito dal vicino azero. Da una parte il Senato francese (la Francia è una tradizionale protettrice degli armeni), oltre a stabilire che l’Armenia ha diritto alla sua integrità e a condannare l’arresto dei membri del governo del Nagorno-Karabakh – ha chiesto sanzioni economiche per gli azeri, come l’embargo sulle esportazioni di gas e petrolio, cioè della principale fonte di ricchezza del paese.
In risposta a questo documento, che comunque non ha valore vincolante, l’Azerbaigian ha chiesto a tutte le società francesi, compresa Total, di lasciare il paese. Il secondo episodio riguarda la decisione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di non ratificare le credenziali per l’ammissione al consesso presentate dalla delegazione dell’Azerbaigian, sempre come ritorsione all’espulsione sistematica che essa va conducendo da tempo ai danni degli armeni.
Queste pressioni occidentali sarebbero, secondo il governo azero, una prova della “attuale insopportabile atmosfera di razzismo, azerbaigianofobia e islamofobia” che si respira in Europa. Un tentativo evidente quanto paradossale di rovesciamento della verità, per cui gli europei che difendono gli armeni si ritroverebbero addirittura dalla parte del torto e in certo senso degli oppressori. Ciò che è grave è che queste accuse vengono credute da molti, dal momento che anche qui da noi, come si sa, l’Occidente è dalla cultura woke e perfino dalle Nazioni Unite ormai abitualmente considerato colpevole di ogni cosa. Accusare le istituzioni europee di razzismo e di islamofobia è veramente paradossale, dal momento che ormai da anni le preoccupazioni legislative e le iniziative culturali europee sono tutte volte all’inclusione di ogni minoranza, in particolare delle persone di identità islamica. Le leggi, i provvedimenti scolastici, le organizzazioni e gli eventi culturali fanno a gara per includere e per promuovere iniziative aperte e pacifiche di convivenza.
Al contrario, è semmai l’Azerbaigian che ha cacciato il diverso, cioè i cristiani che abitavano quelle regioni da tempi antichissimi; è l’Azerbaigian che ha distrutto edifici sacri e monumenti di grande valore artistico e religioso, per cancellare ogni traccia della loro presenza. È l’Azerbaigian che guarda all’Armenia, l’unico Paese cristiano in una zona del mondo affollata di Paesi musulmani, come a una presenza disturbante da eliminare.
Ma evidentemente i diplomatici azeri conoscono bene l’Europa: sanno che la nostra opinione pubblica non sopporta di essere accusata di islamofobia, e che l’ignoranza relativa alla situazione armena, presente solo marginalmente nei media, rende quelle accuse credibili. E sanno che in Europa, per realizzare questa sospirata inclusione, cioè per essere considerati buoni, siamo disposti a chiudere un occhio, o anche due, anche su diversità sostanziali come il trattamento che viene regolarmente riservato alle donne. Per noi europei le culture devono essere tutte egualmente accettate e valorizzate, fino al punto che ormai sembra che non riusciamo neppure più a denunciare l’orrore di un paese che ha cacciato uomini, donne e bambini cristiani che abitavano lì da secoli. Così come sembriamo – o forse siamo – indifferenti davanti alle stragi, sempre di cristiani, che abitualmente si verificano nelle chiese in Nigeria. Gli azeri hanno capito le regole del gioco, e le sanno usare a loro favore.