Il cardinale armeno che stava per diventare il primo Papa straniero. 125 anni fa nasceva Agagianian (Farodiroma 18.09.20)
Centoventicinque anni fa nasceva ad Akhatzikhe, in Georgia, il futuro patriarca armeno, e cardinale di Santa Romana Chiesa, Gregorio Pietro Agagianian, un ecclesiastico che godeva negli anni ’50 di una straordinaria popolarità a Roma e nel mondo, tanto da aver seriamente rischiato di essere Papa nel Conclave del 1958. L’eletto fu invece il patriarca di Venezia, Angelo Roncalli, Giovanni XXIII, che il 1º febbraio 1959, in un discorso al Pontificio Collegio armeno a Roma, disse: “Sapete che il vostro cardinale ed io eravamo come appaiati nel conclave dello scorso ottobre? I nostri nomi si avvicendavano or su, or giù, come i ceci nell’acqua bollente”.
Centoventicinque anni sono molti sul calendario degli uomini, ma secondo il computo di Dio, per il quale mille anni sono come la giornata di ieri e come una veglia notturna (II Pietro 3,8), si tratta di poco più dell’attimo necessario a un respiro. Se guardiamo ai nostri giorni terreni con gli occhi di Dio, sentiamo solo di essere grati di poter celebrare, ancora oggi, la vita straordinaria del nostro amato Cardinale Agagianian, ripercorrendola sin da bambino, intrepido fanciullo armeno, argilla nelle mani del Vasaio, che per tutta la sua vita incarnerà le parole di San Paolo: “non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore, essendo noi stessi vostri servitori per Cristo Gesù (II Cor.4,5)”.
Ancora in tenera età, lasciò la sua terra, la città di Akhatzikhe, in Georgia, per raggiungere Roma.
Lontano dai suoi affetti più cari, dall’amore materno.
Una mancanza che lui stesso convertirà nel suo essere padre e madre, attraverso la sua anima sacerdotale mite e schiva, la Chiesa diventerà sua Madre; dirà Mons. Garofalo nel discorso pronunciato in occasione dell’Accademia solenne per la celebrazione del Giubileo nel 1958 : Eminenza, con giusta fierezza: noi, dico, a nome del mondo di Propaganda: dai più intimi ed autorevoli collaboratori, al più oscuro missionario, all’ultimo fedele degli estremi confini del mondo; da chi ha avuto con Vostra Eminenza assidua consuetudine di vita a chi non ha mai conosciuto di persona; tutti però obbligati alla dedizione, alla mitezza, alla serena autorità di Vostra Eminenza… L’anima sacerdotale di Vostra Eminenza ha motivo di Soddisfazione Santa, per aver avuto in sorte un ministero direttamente e autorevolmente impegnato a dare compimento al più esplicito desiderio di nostro Signore:
“ Io sono il buon Pastore… e do la vita per le mie pecore”. (Gv.15,18-21)
Nel 1958 Mons. Reinold scriverà del giovane Agagianian, ricordando il suo arrivo nel 1906 al Collegio Urbano di Propaganda Fide, la mattina della festa di Ognissanti: Recandomi dal Rettore, con cuore palpitante, incontrai il giovanissimo e simpatico alunno dell’ultima camerata, Agagianian, di soli 11 anni, il quale colpì subito l’attenzione del Cardinale Gotti, Prefetto di Propaganda Fide.
E ancora: Il 2 febbraio 1907 fu per noi il giorno indimenticabile della Udienza dal Santo Padre Pio X. L’ultimo nella lunga fila, al lato del Rettore, era il Beniamino del Collegio: Agagianian e il Santo Padre prese il più piccolo alunno tra le sue braccia e gli domandò: – E dov’è rimasta la tua mamma?…- E aggiunse Papa Pio: – Oh, il piccolo Armeno avrà un giorno una grande missione nella Chiesa. Un vaticinio di un Santo! –
Sempre nel 1907 il fanciullo Agagianian, espresse un interesse singolare partecipando alla Prima Accademia Poliglotta e rivolgendosi al Cardinale Gotti prese la parola in lingua italiana: Anch’io, venuto dai monti algidi del Caucaso voglio dare il mio omaggio al venerabile Porporato della Chiesa missionaria. Un applauso di entusiasmo accolse questo saluto, che giungeva dal cuore e, più ancora, dai limiti dei due Continenti, pronunciato da questo giovane rappresentante della Chiesa Orientale.
L’ambasciatore tedesco, il Conte Rothenhan, volle intrattenersi con l’alunno armeno e nel corso della conversazione pronosticò per lui un avvenire di mediatore fra i popoli orientali e occidentali.
Che questa sua convinzione fosse profonda, lo denota il fatto che quando, dopo anni, Mons. Ludovico Reinold lo incontrò a Parigi egli gli chiese con rinnovato interesse aggiornamenti proprio su Agagianian: Che fa il giovane armeno?
Con grande fervore l’alunno Agagianian, dopo i corsi preliminari, compì gli studi filosofici e teologici con pieno successo, conseguendo a pieni voti le lauree in Filosofia, Teologia e Diritto Canonico.
L’opera e la missione che il Signore chiedeva al giovane sacerdote era estremamente difficile e impegnativa, ma lui stesso rivolgendosi agli operatori della Caritas Internazionale nel 1957 spiega e definisce che: La soluzione di tutte le difficoltà materiali e sociali è nell’amore di Dio e nella Sua bontà infinita. Una vita profondamente cristiana rafforzata dalla pratica delle virtù e della Eucarestia frequentemente ricevuta renderà più ardente e fruttuoso il loro apostolato; nel Santo Rosario, grande mezzo di battaglia, avranno l’aiuto e la protezione della Madonna, vincitrice di tutte le lotte e un accrescimento della loro vita religiosa.
Il suo pensiero nasceva da quella consapevolezza che la carità si estendeva sempre più nel campo internazionale, dove la Chiesa ha sempre lavorato per la dignità, per il bene degli uomini, per sanare le ferite, per sollevare e confortare.
Il Cardinale Agagianian dai monti algidi del Caucaso diventa allora il ponte di collegamento tra l’oriente e l’occidente, dove lui stesso parlando della vita missionaria dirà: Il Missionario diventa il figlio prediletto della Chiesa e lui stesso incarnando quel dinamismo missionario, attraverserà le terre e le isole fino ai confini del mondo, parlando e agendo con cuore missionario.
Ed anche nella sua veste di capo spirituale del suo popolo, dirige il suo sguardo verso i suoi figli della comunità armena, manifestando una responsabilità diretta e immediata … Si troverà di fronte ai detriti di un popolo radicato nelle sue province, che vive la dispersione… e il vigile pastore lì farà costruire chiese, seminari e orfanotrofi, organizzando assistenza ai poveri e agli ammalati.
Ma forse, a centoventicinque anni dalla nascita del Cardinale Agagianian, le parole che meglio custodiscono il segreto della sua linfa missionaria sono quelle che lo stesso espresse rivolgendosi ai giovani trepidanti sacerdoti: Il grado superlativo del sacerdozio è pregare, lavorare, sacrificare e sacrificarmi. Gesù sacramentale è il sole, tutto gravida attorno a Lui, il sole fisico illumina tutti i luoghi della terra, favorisce lo sviluppo della vita, riempie di gioia e di poesia i cuori degli uomini con i suoi dolci tepori e incalcolabili gradazioni di luce. Così, Gesù Sacramento può illuminare, riscaldare, vivificare la Chiesa, sviluppare la vita soprannaturale in tutti i suoi figli ed accrescerla fino a farne eroi di donazioni e di immolazione per i fratelli: eroi che si chiamano apostoli, che si chiamano santi. Prima santi poi missionari.
Ovvero prima immersi totalmente in Cristo, poi tutto il resto.
Alessandra Scotto
Ufficio Storico Pontificio Collegio Armeno