Il capo del Sindjar, un Giusto per gli armeni (Gariwo 12.12.18)
Pubblichiamo di seguito un estratto dal libro I disobbedienti (Guerini e Associati) di Pietro Kuciukian, console onorario d’Armenia in Italia e cofondatore di Gariwo, sulla figura di Hammo Shero, il capo yazida che accolse i profughi armeni durante il genocidio del 1915-16.
Il Sindjar all’inizio del XX secolo apparteneva al kaza di Mosul, ed è stato il solo luogo in tutto l’Impero Ottomano dove gli armeni sono stati accolti e protetti. Dei fieri montanari, difensori della loro autonomia, abitavano sulla montagna del Sindjar, isolata nel mezzo del deserto della Mesopotamia. Più della metà dei suoi abitanti, circa 20.000, erano yezidi.
Yves Ternon ha approfondito le vicende degli armeni del Sindjar e di Mardin e ha dato rilievo alla figura di Șero, della tribù Hammo, capo incontrastato del Sindjar, un Giusto che accolse e protesse i fuggiaschi, migliaia di cristiani, nella quasi totalità armeni. Diede loro case e campi, li nutrì. Molti disertori armeni raggiunsero la montagna; il flusso dei rifugiati non si arrestò mai. I passatori erano arabi, circassi, ceceni che riscuotevano denaro, ma onoravano i loro contratti, pagando i gendarmi turchi conniventi e traghettando i deportati fino al Sindjar. Hammo Șero accolse gli armeni dando loro terre e lavoro. «Gli armeni – scrive Ternon – bravi artigiani, inviavano lettere a Mardin per procurassi aghi per cucire, zucchero e denaro che scambiavano con farina, lenticchie e orzo». Quando scoppiò un’epidemia di tifo e molti sceicchi curdi vollero sbarazzarsi dei rifugiati per paura della «malattia armena» e del contagio, Hammo Șero propose di isolare parte dei villaggi e di metterli in quarantena fino alla guarigione. «Quando incombeva la carestia – scrive Ternon – gli armeni si recavano nei villaggi arabi della pianura, presso la tribù Tai per procurarsi cereali e farina». Nel 1918, quando un corpo d’armata ottomano cercò di distruggere questo luogo di ribelli, Hammo Șero convocò gli sceicchi, ma, senza attendere il responso dei notabili yezidi, attaccò gli ottomani. I soldati turchi raggiunsero il villaggio di Șero e lo diedero alle fiamme, poi si ritirarono, mentre gli armeni riudirono a fuggire in cima alla montagna. Gli yezidi attaccarono il distaccamento turco rimasto in loco e gli ottomani lasciarono definitivamente eil massiccio montagnoso. Claire Andrieu scrive che «il comportamento degli yezidi verso gli armeni costituisce un’eccezione fra i curdi che generalmente hanno collaborato allo sterminio, alla stessa maniera in cui, durante l’occupazione nazista, alcuni tatari di Bielorussia hanno protetto gli ebrei, anche se in maggioranza erano collaborazionisti».
Il capo curdo Hammo Șero era riconoscente verso gli armeni, poiché anni prima, quando il sultano voleva massacrare i suoi yezidi aveva ricevuto protezione dalla Francia e dall’Inghilterra, potenze cristiane. Era una «figura patriarcale, con una lunga barba bianca […] e soleva passare fra gli accampamenti degli armeni rifugiati nel suo territorio per consolarli». Aveva una rete di informatori che percorrevano i dintorni del massiccio montuoso per avere notizie sull’andamento della guerra e per salvare i sopravvissuti armeni. Quando il kaimakam turco di Balad chiese ad Hammo Șero di consegnargli alcuni fuggitivi armeni l’ağa rispose che per lui sarebbe stata una vergogna consegnare un ospite della montagna, essendo in quanto ospite, sacro. Rachel Youssoufian, la sopravvissuta armena del campo di Ras-ul-Ain, testimonia che fu accolta sul Sindjar e che, avendo con sé due bambini, le fu data una casa separata dagli altri armeni, circa duecento persone fra donne, ragazze e bambini. Nel 1919 si contavano ancora 500 armeni gregoriani, 160 armeni cattolici, 100 giacobiti, 100 siriani, rifugiati e ospitati sulla montagna del Sindjar.
Lo Storico Yves Ternon conclude il suo intervento nella Revue d’Historie de la Shoah, con queste parole: «Questa è la straordinaria storia di Hammo Șero, il capo del Sindjar, un Giusto per gli armeni».