I Magi, quei pagani che riuscirono a riconoscere Gesù (SIR 06.01.24)
Poche le informazioni che giungono a noi dal Vangelo di Matteo, a cominciare dai nomi che secondo il Vangelo armeno dell’infanzia, apocrifo, sarebbero Melchiorre, Baldassare e Gaspare. Molti dei particolari che fanno parte ora della descrizione di queste figure sono state attribuite loro nel tardo medioevo
Quello da loro intrapreso fu un viaggio lungo e faticoso, partiti dal lontano Oriente, la Persia e guidati da una stella che li avrebbe condotti al re dei Giudei. Nel suo Vangelo, Matteo li chiama Magi, dal persiano antico “magūsh“, appellativo con cui nell’impero persiano venivano chiamati i sacerdoti di Zoroastro, ma non specifica quanti fossero. Sarà la tradizione medievale, più avanti, a ipotizzare che fossero in tre, come i doni che ciascuno di loro porrà ai piedi del bambino Gesù Bambino. Sempre secondo la tradizione, sarebbe stato grazie a una profezia, data proprio da Zoroastro, che i Magi avrebbero saputo dell’arrivo di Cristo prima ancora del clero di Gerusalemme. Arrivati nella città santa, saranno ricevuti dal re Erode che, spaventato dalla possibilità di perdere il suo trono, mentirà chiedendo loro di riferirgli dove fosse esattamente il neonato così che anche lui avesse potuto trovarlo per adorarlo. Sempre l’evangelista riferisce poi che, dopo l’incontro col Bambino, i Magi, dopo esser stati avvisati in sogno di non tornare dal re, si rimetteranno in cammino per fare ritorno nel loro paese seguendo però un’altra strada. Un gesto che scatenerà l’ira di Erode autore di quella che la storia appellerà come la “strage degli innocenti”, un indiscriminato massacro di tutti i bambini sotto i due anni nella speranza che uno di loro ci fosse quello annunciato dai profesti. Ma chi erano i Magi?
I Magi erano pagani, uomini “gentili” che portavano con loro doni preziosi riposti in scrigni altrettanto preziosi, aperti senza indugio al cospetto del Bambino e di sua madre, Maria.
Al loro interno c’erano oro, incenso e mirra. L’oro perché solo l’oro è il dono degno di un re; l’incenso perché simboleggia la divinità del bambino che è venuto a nascere; la mirra perché è una pianta dalla duplice proprietà: è curativa e quindi adatta a un guaritore (come sarà Gesù per tutta la sua vita, aiutando le persone afflitte dai mali sia fisici che dell’animo); ma è anche una pianta utilizzata da diversi popoli nel culto dei morti (gli antichi Egizi la utilizzavano per le imbalsamature). E il corpo senza vita di Gesù sarà cosparso, sarà unto, (dal greco Christòs, “unto”) proprio con l’olio di mirra dopo la sua morte.
Poche le informazioni sui Magi che giungono a noi dal Vangelo di Matteo, a cominciare dai nomi che secondo il Vangelo armeno dell’infanzia, apocrifo, sarebbero Melchiorre, Baldassare e Gaspare. Molti dei particolari che fanno parte ora della descrizione di queste figure sono state attribuite loro nel tardo medioevo. Oltre ai nomi presenti nel vangelo apocrifo appunto, si dice che non fossero solo sacerdoti ma anche re, e che provenissero dai tre continenti allora conosciuti, e questo per simboleggiare la portata universale del messaggio cristiano. La tradizione bizantina aggiunge anche che i Magi rappresentino le tre età della vita mortale (vengono descritti infatti come un giovane, un adulto e un anziano).
Ciò di cui si è certi però è che fossero stranieri, sapienti astrologi (per questo avevano notato la stella) e che fossero pagani.
Essi, più che un settore culturale ed etnico ben preciso, incarnano l’universale attesa messianica , vera e propria dimensione umana dell’esistere. Il cosmo stesso, col suo silenzioso linguaggio rappresenta la loro prima guida in questa ricerca. Seguono la stella e sono i primi uomini ad interpretare i segni, a credere all’arrivo di Gesù e a comprendere la sua grandezza tanto da imbarcarsi in un viaggio difficile e pericoloso ma che valeva la pena intraprendere, non soltanto per conoscere, ma anche per portare doni a quel Re annunciato dagli astri. Matteo parla della gioia che i Magi provarono nel vedere la stella, la stella che li porterà alla casa del nuovo nato. Il loro quindi è un viaggio completo, sia sotto il profilo letterale che metaforico, verso la Luce, verso Colui che avevano dapprima solo intuito e solo in seguito poi riconosceranno come vero Dio.
(*) in collaborazione con Martina Anile