I grandi della Terra e il Nagorno Karabakh (AsiaNews 12.09.23)
A margine del G20 Stati Uniti, Europa, Russia e Turchia sono intervenuti sulla situazione sempre più critica per la chiusura del corridoio di Lačin che da mesi isola l’enclave armena. Erdogan contro l’elezione a presidente della regione contesa di Samvel Šakhramanyan. Il ministro russo Lavrov: “Non si scarichino su Mosca responsabilità che non ci si vuole assumere”.
Mosca (AsiaNews) – La questione del conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian, con la situazione sempre più critica nel Nagorno Karabakh per la chiusura del corridoio di Lačin, sta preoccupando sempre più gli establishment politici mondiali, già duramente messi alla prova dalla guerra russa in Ucraina. America, Europa, Russia e Turchia stanno cercando di proporre delle soluzioni per sbloccare la situazione, con interessi in giochi molto diversi e non facili da comporre.
Dagli Stati Uniti è intervenuto in questi giorni il segretario di Stato Anthony Blinken, ricordando i carichi di aiuti umanitari rimasti fermi sulle strade di Lačin e Agdam, e facendo appello per l’apertura immediata di queste vie di transito, per soccorrere tutta la popolazione del Nagorno Karabakh. Egli ha anche aggiunto che “ci rivolgiamo a tutti i leader dei Paesi interessati, affinché non prendano alcuna iniziativa che possa portare a una escalation della tensione, o ad ostacolare il raggiungimento degli scopi desiderati… l’uso della forza per risolvere queste divergenze non è accettabile”.
Gli Stati Uniti intendono favorire in ogni modo gli sforzi per proseguire il dialogo tra l’Armenia e l’Azerbaigian, “difendendo i diritti e la sicurezza degli abitanti del Nagorno Karabakh”, e cercando una modalità di incontro diretto tra Baku e Stepanakert. La condizione fondamentale rimane “il rispetto della reciproca sovranità e integrità territoriale”, conclude Blinken. Anche il ministro degli esteri dell’Unione Europea, Joseph Borrel, ha ribadito dopo un colloquio con il ministro azero Džeikhun Bayramov che “il corridoio di Lačin deve essere riaperto immediatamente, e le altre vie non sono alternative, ma integrative a quella principale”.
La Russia cerca di ricordare la priorità del suo ruolo di mediazione nel Caucaso meridionale, inviando carichi di aiuti umanitari attraverso la strada di Agdam. La Mezzaluna Rossa dell’Azerbaigian ha dato il suo appoggio a questa spedizione, ricordando che essa si realizza “nell’ambito del memorandum di cooperazione con la Croce Rossa di Russia”. Gli aiuti sarebbero arrivati nella città di Barda, in attesa di iniziare la distribuzione in accordo con i rappresentanti ufficiali del Nagorno Karabakh. Altri carichi sono stati fermati precedentemente, e attendono lo sblocco definitivo.
Anche il presidente turco Recep Tayyp Erdogan è intervenuto sulla questione durante il G20 di Delhi, dichiarando di non approvare le azioni dell’Armenia, e di avere intenzione di discuterne telefonicamente appena possibile con il premier di Erevan, Nikol Pašinyan. I turchi in particolare non hanno ritenuto opportune le recenti elezioni dei rappresentanti istituzionali nel Nagorno Karabakh, con la nomina a presidente della regione di Samvel Šakhramanyan, che a loro parere rendono quasi impossibile un dialogo con Baku. Nell’ultimo colloquio del 28 giugno scorso, Erdogan aveva insistito per la creazione di un corridoio di transito garantito anche per i cittadini di altri Stati della regione.
Il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, anch’egli al summit del G20, ha rilasciato a sua volta una dichiarazione piuttosto risentita nei confronti dei politici armeni, che in più occasioni hanno accusato Mosca di avere lasciato in mano all’Azerbaigian il Nagorno Karabakh. “Niente di più scorretto e disonesto delle dichiarazioni di quello là, mi pare il presidente del parlamento armeno”, ha detto con tono di disprezzo Lavrov, ricordando l’importanza di attenersi agli accordi trilaterali firmati a novembre del 2020 tra Aliev e Pašinyan a Mosca, alla presenza di Putin, dove fu deciso che “lo status definitivo del Nagorno Karabakh sarà discusso una volta raggiunte le necessarie condizioni di pace e sicurezza”. Il ministro russo ammonisce tutti a “non scaricare sulla Russia le responsabilità che non ci si vuole assumere”.