«Per Azerbaigian e Turchia siamo un cancro e non si fermeranno finché non ci avranno eliminati. Ma noi siamo un argine: se cadiamo, l’Europa sarà islamizzata». Intervista al vescovo Abrahamyan
Oltre 200 morti, 7.600 sfollati, più di 200 case distrutte, torture e sevizie inflitte ai soldati armeni catturati. Sono le sofferenze inferte all’Armenia dall’Azerbaigian, che il 13 settembre ha iniziato una feroce campagna di bombardamenti, durata tre giorni, contro Erevan, l’offensiva più grave dalla fine della guerra del 2020. L’attacco, condotto con l’artiglieria e i droni turchi Bayraktar Tb2, ha portato l’esercito azero a conquistare dieci chilometri quadrati di territorio armeno, prima che la Russia riuscisse a negoziare con le parti un fragile cessate il fuoco.
Anche se all’ombra dell’Ararat è tornata la calma, l’Azerbaigian sta ammassando truppe lungo i confini a est, nei territori del Nagorno-Karabakh conquistati due anni fa, e nella Repubblica autonoma di Nakhichevan, l’exclave azera a ovest dell’Armenia. Tutto fa pensare che un nuovo tentativo di invasione potrebbe partire presto e Vrtanes Abrahamyan non ne sarebbe affatto stupito. Il vescovo della Chiesa apostol..
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