Gli ultimi Molocani di Fioletovo, la piccola Russia fra le montagne dell’Armenia (lonelyplanetitalia.it 20.08.23)
Attraversando le montagne del Parco nazionale di Dilijan in direzione di Vanadzor, nel nord dell’Armenia, si esce in un vasto altipiano a circa 1.700 metri. Qui le foreste di latifoglie che coprono, alle quote più basse, i versanti delle valli attorno a Dilijan lasciano spazio a vasti alpeggi e boschi di betulle e conifere. Un quadro idilliaco popolato da rari villaggi, con le creste delle montagne più alte ancora innevate all’inizio dell’estate. Appena oltre i confini del parco, il primo villaggio che incontriamo è Fioletovo.
Un’unica strada sterrata taglia in due il paese: casette di legno da una parte e dall’altra, alcune più curare, altre meno. Si ha l’impressione di entrare in un mondo diverso rispetto agli scenari subcaucasici che abbiamo incontrato finora. E la conferma arriva dai bambini che incontriamo per strada, unica apparente presenza in queste ore del mattino. Tutti biondi e con gli occhi azzurri, i tratti somatici sono inconfondibilmente slavi. Fioletovo è l’ultimo villaggio dell’Armenia popolato esclusivamente dai Molocani, una minoranza religiosa russofona che fin dal Seicento si è distaccata dalla Chiesa Ortodossa, subendo nel corso dei secoli repressioni e persecuzioni. I Molocani sono letteralmente “bevitori di latte”, pastori e agricoltori che, anche nel periodo quaresimale e negli altri giorni di digiuno imposti dalla liturgia ortodossa, hanno sempre continuato a consumare latticini mettendosi in contrasto con la gerarchia ecclesiastica. Inoltre la comunità si rifiutava di portare la croce, di ammettere il sacrificio eucaristico e di obbedire a regole che non fossero esplicitamente confermate dalle Scritture. Mal tollerati durante il regno di Caterina II di Russia, nella prima metà dell’Ottocento vengono definitivamente deportati in regioni ai confini dell’Impero Russo: Siberia, Asia Centrale, Georgia, Azerbaijan e Armenia. Lo zar vuole ottenere due risultati: russificare zone periferiche (perché i Molocani rimangono fedeli alla lingua russa) e impedire che, forti delle loro convinzioni, facciano proselitismo presso i contadini russi.
Fioletovo viene fondato nel 1842 da una comunità che arriva dal governatorato di Tambov, a sud est di Mosca. Natasha, che ci accoglie, rappresenta la quinta generazione di Molocani russi che vive sulle montagne dell’Armenia. Questa donna gioviale di mezza età è la delegata del villaggio a parlare con chi arriva da fuori. I molocani sono una comunità piuttosto chiusa: gente onesta, grandi lavoratori, ma di poche parole. Praticano l’endogamia, cioè si sposano fra di loro, alcuni sono obiettori di coscienza rispetto alle pratiche militari, non riconoscono autorità religiose, ma fanno riferimento agli anziani del villaggio. Un tempo le comunità di molocani in questa zona erano oltre venti per un totale di 12 mila abitanti.
La casa di Natasha è semplice e linda. Nel cortiletto interno scorrazzano bambini e bambine a piedi nudi: sono alcuni dei suoi nipoti. Vengono sorvegliati con discrezione dalle nuore che non amano mostrarsi. Due dei figli maschi di Natasha lavorano a Mosca, capiremo poi il perché, ma in estate ritornano con la famiglia per le vacanze.
Natasha, invece, non ha nessuna intenzione di andarsene. Lei è una dei circa 450 molocani rimasti a Fioletovo. Coltiva l’orto, produce miele, accoglie i visitatori: la sua vita è qui. Parla russo, come tutta la comunità, anche se molti capiscono e parlano l’armeno. Sul tavolo della veranda che affaccia sui campi c’è il samovar e, nella migliore tradizione russa, agli ospiti viene offerto il tè. “Non consumiamo alcol, non mangiamo carne di maiale, non fumiamo, le donne hanno sempre il capo coperto” racconta Natasha che in segno di benvenuto ci offre anche le marmellate fatte in casa di fragole e albicocche con cui farcire delle specie di crêpes, i frutti di bosco appena raccolti e i classici pirozhki della tradizione slava (fagottini ripieni di verdure, carne tritata, patate).
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Negli ultimi anni le regole stringenti della comunità molocana si sono di fatto un po’ allentate. Solo qualche decennio fa, gli anziani del villaggio imponevano di non guardare la televisione, di non utilizzare strumenti tecnologici e i molokan potevano essere raccontati come gli Amish del Caucaso. Oggi ci sono i cellulari e internet, “ma io non ho tempo per guardare la televisione – scherza Natasha – sono troppo impegnata a mandare avanti la casa”.
L’evento che ha cambiato le carte in tavola e ha stravolto la secolare convivenza della comunità molokan all’interno dei confini armeni è stata la caduta dell’Unione Sovietica. Con la nascita, dalle ceneri delle precedenti repubbliche socialiste, degli stati indipendenti caucasici è anche rinato lo spirito nazionalista e tutto ciò che era russo ha cominciato ad essere guardato con sospetto. Si è sospeso l’insegnamento della lingua di Gogol e Dostoevskij e, finiti i sia pur magri sussidi statali, la disoccupazione ha cominciato ad essere un problema per molti. Anche per i molocani, molti dei quali hanno ripercorso a ritroso la strada dei loro avi e hanno cercato lavoro in Russia o nella capitale armena Yerevan. Alcuni sono partiti per mete più lontane: storicamente esistono importanti comunità di molocani negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e quest’ultima ondata di emigrazione è andata a ingrossarne le fila.
Da parte delle nuove generazioni c’è stato un abbandono dell’agricoltura e dell’allevamento e si sono un po’ perse certe tradizioni, anche in ambito gastronomico. Ma i famosi crauti sottaceto prodotti da queste parti continuano ad essere famosi in tutta l’Armenia, un bicchiere di kvas fa pensare di essere in una qualsiasi città dell’Europa orientale, i semplici e gustosi formaggi, i frutti di bosco serviti con la panna rimandano ancora alle tradizioni più vere dei molocani.
Che ne sarà dei vari Sasha, di Tania, di Ivan, di Mikhail? Vivranno ancora le loro vite in questa “piccola Russia” nel nord dell’Armenia o dovranno lasciare quella che da quasi due secoli è la loro valle incantata? Ora le cose sembrano andare meglio. L’insegnamento del russo è stato reintrodotto nelle scuole e a giugno a Fioletovo è stato inaugurato “Chaybuska”, il primo Molokan Heritage Museum con il supporto dell’Unione Europea e della Germania. Nel piccolo museo, ospitato in una casetta costruita con tronchi di legno, sono esposte fotografie, abiti tradizionali, oggetti di artigianato che raccontano gli usi e i costumi di questa piccola minoranza.
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Voli
L’Italia è comodamente collegata all’Armenia con voli della durata di circa 4 ore.
Wizz Air ha voli in partenza da Roma Fiumicino (giornalieri), Milano Malpensa (3 voli settimanali) e Venezia Marco Polo (4 voli settimanali).
In loco
Dilijan, piccola città a una ventina di chilometri da Fioletovo, è la base migliore per visitare tutta l’area. È considerata la capitale dell’Armenia svizzera perché i paesaggi circostanti ricordano quelli delle Alpi. È la base per numerose escursioni all’interno del Parco nazionale ed è ben attrezzata turisticamente. La parte storica di quello che era un villaggio di montagna (Old Dilijan, Sharambeyan Street) è stata restaurata, valorizzando l’architettura tradizionale con i balconi decorati in legno. La Tufenkian’s Ananov Guest House offre un’ accoglienza di buon livello e nel vicino ristorante vengono serviti piatti locali (insalate, carne alla griglia, torte a base di albicocche, frutto nazionale, e la baklava, dessert a base di pasta fillo e frutta secca).