Gli incerti confini tra Armenia e Azerbaigian (Asianews 12.04.24)
L’assemblea nazionale armena ha tenuto una sessione straordinaria a porte chiuse, richiesta dai partiti di opposizione, per discutere le procedure di demarcazione della frontiera nei territori contesi. Baku ora insiste sulla “restituzione” di otto villaggi nella regione di Tavowš, mentre Erevan sostiene che l’Azerbaigian abbia occupato “totalmente o in parte” 31 sue località.
Erevan (AsiaNews) – Il conflitto per il Nagorno Karabakh è ormai alle spalle da mesi, pur rimanendo in Armenia molta tensione per la gestione dei tanti profughi dell’Artsakh, ma le relazioni con l’Azerbaigian non riescono a raggiungere una vera stabilità, con continue scaramucce di frontiera, accuse reciproche di “provocazioni” e rivendicazioni di paesi, villaggi e terreni. Lo speaker del parlamento di Erevan, Alen Simonyan, ha nuovamente ribadito in questi giorni che “non si parla neanche di cedere altri territori armeni all’Azerbaigian”, rispondendo alle pretese di Baku di consegnare alcuni centri abitati.
L’assemblea nazionale armena ha tenuto quindi una sessione straordinaria a porte chiuse, richiesta dai partiti di opposizione Armenia e Ho l’onore, che rappresentano un terzo dei deputati, per discutere le procedure di delimitazione e demarcazione dei confini tra i due Paesi in eterno conflitto. Le trattative al riguardo non sono mai iniziate, ciò che ha reso finora impossibile la conclusione di qualunque accordo di pace. Il vice-premier Mger Grigoryan ha dichiarato che “finché non si risolveranno i problemi della sicurezza, della convivenza sociale, dei principi del diritto, non si potrà prendere la decisione di cominciare le trattative sulla delimitazione”.
Le opposizioni chiedevano un dibattito aperto al pubblico, ma il partito di maggioranza dell’Accordo Civile ha imposto la segretezza per questioni di “sicurezza nazionale”, obbligando i deputati a consegnare i cellulari ed escludendo dall’aula tutti coloro che non hanno accesso a informazioni segretate. La questione più spinosa riguarda la disponibilità espressa dal governo di Erevan a concedere in fase di trattative una parte della regione di Tavowš nella parte nord-orientale del Paese, che ha come capoluogo la città di Idževan, ciò che le opposizioni ritengono “una violazione delle norme internazionali e della stessa costituzione”. Secondo Baku, nella zona ci sono otto villaggi sotto il controllo armeno che vanno in realtà assegnati all’amministrazione azerbaigiana.
Come ha precisato il vice-premier azero Šakhin Mustafaev, quattro di questi villaggi (Baganis-Ajrim, Ašagy-Askipara, Khejrimly e Gyzylgadžily) “appartengono all’Azerbaigian e devono essere liberati immediatamente”, mentre per gli altri quattro (Jukhary-Askipara – in armeno Verin-Voskepar, Sofulu, Barkhdarly, Kjarki – in armeno Tigranašen) è necessaria una valutazione concordata, pur ritenendo necessaria la loro “liberazione”. Da parte armena si sostiene che l’Azerbaigian abbia occupato “totalmente o in parte” 31 villaggi armeni, e Simonyan ha dichiarato che “noi siamo pronti a restituire le enclave azerbaigiane, solo se Baku ci restituirà la nostra Artsvašen (in azero Baškend), che da sola occupa molto più territorio di tutti i paesini azeri nel nostro territorio”.
Una commissione per le delimitazioni in realtà è stata costituita a inizio marzo, guidata dai due vice-premier Grigoryan e Mustafaev, e ha tenuto sette incontri preventivi, occupandosi di precisare le normative giuridiche del processo di trattative da iniziare. Lo scorso 18 marzo il premier armeno Nikol Pašinyan ha visitato la regione di Tavowš, incontrando gli abitanti dei villaggi di Voskepar, Baganis e Kirants, comunicando loro che “la demarcazione sta passando allo stadio operativo, e dobbiamo fare di tutto perché non ricominci la guerra”. Gli abitanti della zona avevano chiesto al premier di non restituire i villaggi di frontiera all’Azerbaigian, minacciando di bloccare le strade e organizzare una difesa autonoma di tutta la regione.
Nel continuo gioco delle parti, armeni e azeri rilanciano ad ogni occasione dei nomi diversi di centri abitati, già di per sé confusi nelle varianti linguistiche, e zone di confine diversamente calcolate come estensione, tanto che la frontiera in ogni caso risulterebbe un dedalo impazzito tra monti e valli. Spesso questi luoghi e i loro nomi evocano conflitti antichi o altre memorie storiche dei due popoli, nel confine tra cristianesimo e islam e tra Europa e Asia, dove la pace è sempre stata soltanto una speranza per il futuro.