Gli armeni veneziani chiedono aiuti per l’Artsakh accerchiato (La Nuova di Venezia e Mestre 17.01.23)
Parte da Venezia l’appello alle istituzioni di non dimenticare quanto sta avvenendo nella regione delNagorno – Karabakh, noto anche come Artsakh, l’enclave armena che si è proclamata indipendente nel1991, ma che di fatto fa parte della Repubblica dell’Azerbaigian. Dal 12 dicembre gli azeri hanno bloccato l’unica strada (il Corridoio di Lacin) che connette l’Armeniaalla capitale del Karabach, Stepanakert, con la conseguenza che non arrivano più cibo, medicinali ocarburante; molte persone sono bloccate; Internet è tagliato e i soccorsi sono difficili. Insomma,l’unico cordone ombelicale è interrotto così come l’arrivo di tutto quello che è necessario per i130mila abitanti per vivere. A parlare della situazione di repressione che molti armeni stanno vivendo in questo periodo è GregorioZovighian, dentista del Lido, nonché autore di uno dei testi più completi su questa regione ai piùsconosciuta: “Storia del Karabagh. Dall’antichità all’indipendenza”, edito da Nuova Phromos. «Chiediamo che le varie potenze che hanno voce in capitolo e che comprano il gas dall’Azerbagianrispettino i diritti umani», spiega Zovighian dando voce alla comunità armena veneziana che ha comecuore il monastero mechitarista dell’Isola di San Lazzaro. Zovighian è nato in Italia da una famiglia armena arrivata nel 1912 a Pavia e nel 1948 a Venezia. Quiil lidense ha frequentato il collegio armeno e non ha mai smesso di partecipare a tutte le iniziativedei mechitaristi. «Non stiamo chiedendo che si interrompano le forniture di gas, ma che sia chiaro chese si continuano a calpestare i diritti umani e siano pronte delle sanzioni, come si sta facendo conla Russia. Questo silenzio è assordante». La scintilla che ha fatto riaccendere il nuovo attacco, che interrompe la tregua del 9 novembre 2020quando gli azeri e i turchi avevano invaso la regione, è stata una protesta di ambientalisti che hannobloccato il Corridoio di Lachin. «Sono sedicenti ambientalisti, ma in realtà agenti dei servizi segreti o militari camuffati daecologisti. La regione è presa di mira da azeri e turchi perché è l’unico pezzo di terra che nonpermette continuità territoriale tra Turchia e Azerbagian», spiega Zovighian, elencando le numeroseviolazioni di diritti umani commesse ogni giorno, documentate da tante organizzazione umanitarie, comeAmnesty International. «Non vogliamo che le parole e il documento del Coordinamento delleorganizzazioni armene d’Italia rimanga nel silenzio e chiediamo dei gesti concreti per indurre leautorità azere a rimuovere il blocco». Sulla situazione armena dall’11 febbraio (vernissage alle 18.30) all’Anda Venice Hostel di viaOrtigara a Mestre aprirà la mostra “Armenian revolution”, con foto di Giovanni Ferrari e l’intervento del professor Aldo Ferrari e della ricercatrice Sona Haroutyunian