Gerusalemme, patriarcato armeno nel mirino dei coloni: cristiani ‘in pericolo’ (Asianews 17.11.23)
Al centro della controversia un terreno nell’area del “Giardino delle Vacche”. Nel gruppo di coloni anche un radicale coinvolto in passato in un attentato e vicino al ministro Itamar Ben-Gvir. In una nota i vertici cristiani parlano di minaccia “senza precedenti” che mette a rischio la presenza stessa della comunità e di tutti i cristiani della Terra Santa.
Gerusalemme (AsiaNews) – Negli ultimi giorni una vasta opera di “distruzione” e la “rimozione” dell’asfalto sul terreno del Quartiere Armeno sono state effettuate “senza la presentazione di permessi da parte del Comune, né da parte del costruttore né da parte della polizia”. Ciononostante, gli agenti hanno deciso di chiedere “a tutti i membri” della comunità “di lasciare i locali”. È quanto afferma il Patriarcato armeno di Gerusalemme, che lancia un appello alla solidarietà delle Chiese della città santa in un momento che definisce “senza precedenti”, a fronte di un “altro passo” che finisce per mettere “in pericolo” la stessa “presenza cristiana a Gerusalemme e in Terra Santa”. Nella nota i vertici parlano di “minaccia esistenziale” più grave in 16 secoli di storia, che riguarda tutti e che è legato ad una controversa questione di terreni e proprietà.
Di recente il patriarcato armeno ha “annullato un contratto inficiato da false rappresentazioni, influenze indebite e benefici illegali”. Tuttavia, prosegue il comunicato, “invece di fornire una risposta legittima all’annullamento”, la società che vuole edificare nell’area conosciuta come “Giardino delle Vacche” ha “completamente ignorato la posizione legale del patriarcato” stesso sulla vicenda. Al contrario, i vertici hanno scelto la via della “provocazione, aggressione e altre tattiche vessatorie e incendiarie, tra cui la distruzione di proprietà, l’assunzione di provocatori pesantemente armati e altre istigazioni” che vedono protagonisti anche un gruppo di coloni, con un elemento legato al ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir. A conferma, spiegano alcune fonti nella città santa, di un benestare, se non connivenza o pieno sostegno, del governo israeliano alle rivendicazioni e agli attacchi dei coloni ebraici e della fazione ultra-ortodossa.
Ad alimentare i timori della leadership armena è stato l’ultimo attacco di una lunga serie negli ultimi mesi contro la comunità cristiana, dagli sputi ai fedeli in processione fino alla vandalizzazione di cimiteri e luoghi di culto, con il sostegno dell’esecutivo israeliano. Ad aggiornare sulla vicenda è stato l’avvocato e attivista Daniel Seidemann, che sul suo profilo X (ex Twitter) ha raccontato di come le forze dell’ordine abbiano ordinato agli armeni di liberare l’area al centro della controversia, accusandoli di “appropriazione indebita”. Dal 12 novembre, un grande gruppo fedeli sostenuto dal patriarcato, hanno promosso una protesta e bloccato gli accessi all’area con auto e recinzioni, per impedire qualsiasi ulteriore costruzione illegale sulla proprietà armena.
Nonostante il presidio degli armeni, un convoglio di coloni ebraici a bordo di auto e motociclette ha fatto irruzione nel quartiere a Gerusalemme est, cercando di occupare l’area e cacciare i presenti. A fronte di una situazione di tensione che rischia di esasperare, la polizia è intervenuta a difesa dei coloni finendo per arrestare tre cristiani, uno dei quali minore di età e permettendo a un gruppetto di invasori di formare un presidio al “Giardino delle Vacche”. In risposta, i fedeli hanno dato vita a una catena umana, chiedendo – invano – agli assalitori di andarsene mentre la situazione in tutta la zona resta di grande tensione. Alla guida del gruppo di coloni vi era il controverso imprenditore Danny Rothman, l’uomo rivendica il controllo della zona, e un sostenitore del movimento pro-colonie e occupazione: si tratta di Saadia Hershkop, che avrebbe legami con Ben-Gvir e, nel 2005, ha avuto un ruolo nell’attacco terrorista contro arabi palestinesi a Shefa-Amr lanciato dall’estremista ebraico Eden Natan-Zada.
La comunità armena di Terra Santa è da tempo al centro di una controversia relativa alla vendita di terreni nella città vecchia, a Gerusalemme, che ha già creato una profonda frattura interna. A originare lo scontro l’affitto per 99 anni – una sorta di esproprio di fatto – di proprietà immobiliari a un imprenditore ebreo australiano dall’impero economico opaco, che muove da tempo dietro le quinte. Il prete “traditore” che ha mediato e sottoscritto l’atto è Baret Yeretzian, ex amministratore dei beni immobili del Patriarcato armeno di Gerusalemme, oggi in “esilio” nel sud della California. Con lui hanno manovrato il patriarca armeno ortodosso Nourhan Manougian, l’arcivescovo Sevan Gharibian e l’uomo d’affari Daniel Rubenstein (conosciuto anche come Danny Rothman), che nell’area intende costruire un hotel di lusso.
La vicenda ha toccato anche la carica patriarcale, con il primate armeno “sfiduciato” dalla comunità, con parte dei fedeli che he hanno invocato le dimissioni, mentre Giordania e Palestina ne hanno “congelato” di fatto l’autorità. La vicenda è esplosa nel maggio scorso, ma il contratto è stato firmato in gran segreto nel luglio 2021 e prevede l’affitto per quasi un secolo del terreno denominato “Giardino delle Vacche” (Goveroun Bardez). Situata nei pressi del quartiere armeno, in una zona strategica, l’area è gestita dal maggio 2021 dal comune come parcheggio per quanti si recano a pregare al muro del pianto. Il contratto risale all’anno precedente e vale per un decennio, ma il suo uso da parte degli ebrei ha provocato l’ira degli armeni che dal 2012 si battono per tornare a disporne a pieno titolo.
Alcuni scavi archeologici nel recente passato hanno portato alla luce mosaici di una chiesa bizantina. Inoltre l’accordo – criticato dai palestinesi che parlano di “svendita” di terre della città santa agli israeliani – non sarebbe valido, perché manca l’approvazione mediante voto del Sinodo armeno (otto ecclesiastici) e del via libera della Fraternità di San Giacomo del Patriarcato armeno. Nel contratto sarebbero poi incluse quattro case armene, il celebre ristorante Boulghourji, attività commerciali ed edifici Tourianashen in via Jaffa, fuori dalla città vecchia. La controversia finisce per interessare anche gli stessi “Accordi di Abramo”, perché una delle compagnie interessate all’acquisto e costruzione è la One&Only, con base a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti (Eau).
Le mani su Gerusalemme, quartiere armeno a rischio (Il Manifesto)