Germus, antica chiesa armena usata per una festa con barbecue (Asianews 16.01.21)
Istanbul (AsiaNews) – Un uomo ha organizzato e promosso una festa a base di carne cucinata in un barbecue posto all’interno della storica chiesa armena di Sourp Asdvadzadzin, risalente al XIX secolo, nel villaggio di Germuş, 10 km a nord-est di Urfa, nel sud-est della Turchia. All’inizio del 1900 era costituita per oltre un terzo da cristiani, soprattutto armeni, decimati dal genocidio o emigrati all’estero per salvarsi dalla mattanza.
La chiesa della Vergine Maria di Germuş è in rovina a causa degli scavi illeciti che si sono svolti a lungo nell’area e per le depredazioni compite da avventurieri e cercatori di tesori antichi; da quasi un secolo non è più nella disponibilità della comunità cristiana locale, che ne chiede la restituzione per restaurarla e adibirla di nuovo a luogo di culto. Il barbecue (nella foto) allestito nei giorni scorsi è solo l’ultimo esempio dello scempio che si sta consumando ai danni della struttura.
Secondo alcune testimonianze e dalle immagini diffuse sui social, un venditore di kebab ha cucinato del fegato e lo ha servito alle persone presenti “all’evento”. Il “barbecue-party”, che ha avuto ampia eco fra gli internauti della zona, ha sollevato una ondata di commenti indignati soprattutto fra i cristiani. Condanne unanimi giungono anche da esponenti locali del partito di opposizione filo-curdo Hdp, fra cui il deputato di origine armena Garo Paylan.
Alcuni residenti hanno lanciato un appello all’amministrazione locale e al governo centrale, perché la storica chiesa venga protetta e restituita al suo utilizzo originario, non per essere usata come sfondo per una grigliata o feste di diversa natura. Ubeyit İnci, cristiano della zona, conferma che “siamo devastati dai cacciatori di tesori” che scavano e depredano. “Proteggiamo – aggiunge – questo patrimonio culturale con i nostri sforzi […] Vogliamo che la chiesa venga restaurata, proteggendola dagli attacchi di cacciatori di tesori e dalle gesta di quanti la usano per scopi diversi”.
Per la comunità cristiana in Turchia è un altro colpo alla propria storia e alle proprie tradizioni, dopo la conversione avvenuta lo scorso anno in moschee delle antiche basiliche cristiane – poi musei a inizio ‘900 sotto Ataturk – di Santa Sofia e Chora. Decisioni controverse nel contesto della politica “nazionalismo e islam” impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan per nascondere la crisi economica e mantenere il potere. A seguito del decreto presidenziale che ne ha decretato la trasformazione, sia a Chora che ad Hagia Sophia le autorità islamiche hanno coperto con una tenda bianca le immagini di Gesù, gli affreschi e le icone che testimoniano la radice cristiana.
Il clima ostile verso i cristiani, in particolare gli armeni, emerge inoltre dai risultati di un’inchiesta intitolata “Ricerche sulle tendenze della Turchia”, condotta dall’università Kadir Has di Istanbul, secondo cui sempre meno persone accettano di avere vicini armeni. Inoltre l’Armenia è considerata fra le prime tre nazioni al mondo a costituire una minaccia per i turchi. Alla domanda “non voglio essere vicino di…”, il 47,6% degli interpellati ha risposto gli armeni, mentre i greci sono al secondo posto con il 45,2%. Solo l’11,8% delle persone intervistate accetta di avere vicini di casa armeni.