Genocidio armeno, il nipote degli aguzzini confessa (Lastampa.it 25.10.15)
Il genocidio armeno è stato riconosciuto nella sua realtà storica dal Papa e dal Parlamento europeo, ma la Turchia ancora lo nega, e chi ne parla e ne scrive in quel Paese rischia il processo e la galera. Hasan Cemal, uno dei più autorevoli giornalisti politici del suo Paese, sfida il codice penale con il suo libro «1915: genocidio armeno», tradotto e pubblicato in italiano da Guerini (con prefazione di Antonia Arslan).
I tribunali turchi puniscono chi offende (genericamente) l’identità di quella nazione, e lo fanno sulla base di un articolo 301 che è un esempio di come una legge non va scritta: è vaghissimo nel definire il presunto reato, e lascia ai giudici la decisione (più o meno arbitraria) di punire o non punire chi vogliono loro, per quello che pare a loro. Anni fa un turco illustre, cioè il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk, che aveva osato denunciare il genocidio armeno, è stato processato sulla base di questo articolo 301 ma poi assolto perché il suo processo aveva creato un gravissimo imbarazzo alla Turchia a livello internazionale. Quanto a Hasan Cemal, per ora non è stato neanche incriminato, e questo potrebbe essere visto in positivo, come indicazione che le maglie della censura si stiano allentando; ma purtroppo una tale interpretazione sembra un po’ troppo ottimistica, dato che in Turchia succede proprio il contrario, cioè la libertà di espressione è sempre più compressa, si oscurano reti tv e siti internet, e la Freedom House ha declassato il Paese da «parzialmente libero» a «non libero» dal punto di vista della libertà di stampa. La Turchia ha il record mondiale di giornalisti in galera per reati d’opinione. Continua….