Genocidio armeno, il grande male dimenticato (Varesenews.it 06.04.16)
Rosa Luxemburg diceva che chiamare le cose con il loro vero nome è di per sè già un atto rivoluzionario, a maggior ragione se si parla di genocidio bisogna usare precise parole. I popoli che lo hanno subìto infatti non usano una parola generica, come ad esempio olocausto, sacrificio o tragedia, ma un termine specifico, inequivocabile: Shoah (distruzione) per egli ebrei, Porrajmos (divoramento) per gli zingari e Metz Yeghérn (il grande male) per gli armeni.
Per molti anni il genocidio armeno, il primo del Novecento, perpetrato dai turchi ottomani non solo non è stato pronunciato con il suo vero nome ma è stato rimosso dalla storia della Turchia. Un argomento considerato tabù dai padri fondatori della repubblica, perché, sostengono gli storici, c’è una continuità politica con coloro che nella primavera del 1915 e l’autunno del 1916 organizzarono la deportazione di massa e il massacro di un milione e mezzo di persone.
Gli strumenti usati dai negazionisti sono sempre gli stessi: il rovesciamento della verità, l’equivoco, la duplicità. Non serve negare apertamente basta eludere la verità, relativizzarla, mescolarla a tesi di complotto e tradimento che trasformano la vittima in carnefice, ottenendo così una responsabilità attenuata.
Per quanto sia passato un secolo da quei fatti e nel tempo siano state analizzate le ragioni storico-politiche, come la decadenza dei territori ottomani e il sorgere delle istanze nazionaliste di stampo europeo, le gravi perdite territoriali dovute alla prima guerra mondiale, l’influsso delle diverse appartenenze religiose (gli armeni erano l’ultima minoranza cristiana), la cultura millenaria di un popolo che aveva una propria lingua e un’identità forte e per questo percepita come un pericolo dagli ultranazionalisti, il genocidio degli armeni rappresenta ancora un capitolo tutt’altro che risolto per la comunità turca che bussa alle porte dell’Unione Europea.
Nel libro “Nazionalismo turco e genocidio armeno” (Guerini e Associati) Taner Akcam, primo storico turco ad ammettere e discutere apertamente del genocidio degli armeni e per questo motivo condannato a dieci anni di carcere, scrive: «Se la Turchia vuole trasformarsi da stato burocratico e autoritario in democrazia, dovrà accettare la storia e adottare una prospettiva critica nei confronti dei problemi che circondano la sua stessa identità nazionale».
Giovedì 7 aprile alle 21 presso la sala conferenza Don Luigi Ponti a Travedona-Monate si parlerà di “Genocidio armeno” con Baykar Sivazliyan, presidente Unione Armeni d’Italia, Claudio Bonvecchio, preside della facoltà di scienze della comunicazione dell’Università dell’Insubria, Ani Balian, consigliere Unione armeni d’Italia. Al dibattito parteciperanno molti sindaci della provincia, tra cui Attilio Fontana, sindaco di Varese, e il presidente della Provincia, Gunnar Vincenzi. Alla serata sarà presente anche un interprete Lis (Lingua dei segni italiana).