“Games of drones” nel Caucaso meridionale (difesaonline 01.08.20)
Un aspetto interessante emerso nel corso degli scontri di confine tra Armenia e Azerbaigian, già ampiamente descritti sul versante geopolitico in una precedente analisi (v.articolo), è stato il massiccio utilizzo di UAV da parte dei contendenti. Ciò non rappresenta una novità in senso stretto dato che il primo utilizzo di velivoli senza pilota in modo sperimentale da parte dei contendenti risale ad almeno 20 anni fa. Tuttavia, quello che era iniziato come un esperimento in sordina, ha piano piano assunto i contorni di un fenomeno di larga scala foriero di ulteriori evoluzioni dagli esisti inaspettati, come visto dalle esperienze della “Guerra dei Quattro Giorni” dell’aprile 2016 e dagli scontri di frontiera del luglio 2020.
Nel corso degli ultimi fatti d’arme, avvenuti lungo i confini internazionalmente riconosciuti della Repubblica d’Armenia e della Repubblica d’Azerbaigian, gli Azeri hanno dichiarato di aver abbattuto 5 UAV armeni mentre a loro volta gli Armeni hanno rivendicato l’abbattimento di 13 UAV azeri. Anche questa volta sembrava di assistere al balletto di cifre che regolarmente fa capolino nelle sparate di propaganda diffusa delle parti in conflitto (propaganda che, è bene ricordarlo, a volte è frutto di deliberate manovre di disinformazione mentre altre volte è prodotto della cosiddetta “fog of war”, l’incertezza delle notizie provenienti dai campi di battaglia). Tuttavia, mentre le forze azere non hanno presentato ad oggi alcun tipo di prova a sostegno delle loro rivendicazioni, le loro controparti armene hanno questa volta colto tutti in contropiede organizzando, il 21 di luglio, una conferenza stampa in grande stile in uno spazio aperto nel corso della quale sono stati mostrati, a beneficio della stampa e degli analisti militari, i resti degli UAV azeri abbattuti nel corso dei giorni precedenti.
Interessante notare il fatto che, mentre alcuni UAV erano stati distrutti dal fuoco delle unità della Difesa Aerea, altri risultavano “relativamente intatti” quindi molto probabilmente vittime di attacchi informatici (in stile iraniano) oppure dirottati dagli impulsi elettronici ed elettromagnetici dei sistemi EW di origine russa, in servizio presso le Forze Armate Armene, che hanno dimostrato anche nel Caucaso meridionale (come già in Siria) la loro micidiale efficacia.
Contestualmente l’ufficio stampa delle Forze Armate della Repubblica d’Armenia ha pubblicato i video degli abbattimenti dei droni nemici ripresi dai serventi delle batterie antiaeree così come le riprese dei campi di battaglia, questa volta eseguite dai propri droni, apparentemente liberi di operare senza molte interferenze da parte azera.
L’iniziativa armena, a dire la verità un’autentica “prima volta” in questo genere, ha avuto una certa eco e ha permesso alla piccola repubblica caucasica di rivendicare la “palma della vittoria” per quanto attiene alla dimensione di “information war” della recente recrudescenza del conflitto.
Ma come si sono infiltrati i droni nelle dottrine militari e negli impieghi operativi dei duellanti del Caucaso?
Come già affermato in precedenza, l’impiego degli UAV in questa parte del mondo risale ai primi anni 2000 e l’iniziatore di tale trend è stato l’Azerbaigian. A partire dalla fine della “Guerra del Nagorno-Karabakh” del 1988-94, l’Azerbaigian, sconfitto e schiantato militarmente, decise sostituire le operazioni di “guerra convenzionale” con una vera e propria “intifada della guerra” al fine di snervare la determinazione degli Armeni ed obbligarli ad abbandonare il Nagorno-Karabakh (Artsakh). A partire da questa necessità politico-strategica, e nel quadro di un progressivo potenziamento delle proprie forze armate grazie ai proventi della vendita di petrolio e gas, gli Azeri si sono rivolti ai loro sponsor internazionali al fine di ottenere sempre nuovi armamenti. E una delle armi che gli strateghi di Baku riconobbero come fondamentale per prevalere sui loro nemici furono proprio gli UAV, in particolare quelli prodotti dallo Stato d’Israele. Non è questo il luogo e il tempo di parlare delle relazioni tra lo Stato d’Israele e la Repubblica dell’Azerbaigian a 360 gradi; per il momento ricorderemo soltanto che, dal punto di vista militare, l’Azerbaigian si è rapidamente imposto come uno dei principali clienti degli arsenali “made in Israel” sin dalla guerra del 1988-94.
A fare da tramite in un primissimo tempo fu la Turchia, grande sponsor dello stato caspico e anch’essa cliente di vecchia data dei prodotti militari dello “stato con la Stella di Davide”, ma successivamente Baku ha imparato a muoversi rapidamente con le proprie gambe.
Non è chiaro esattamente quali e quanti UAV siano in servizio presso le Forze Armate dell’Azerbaigian anche se si sa che essi sono controllati principalmente dalle Forze Aeree. È senza dubbio vero che una parte delle somme di denaro dei “mega contratti multimiliardari”, che le autorità di Baku strombazzano con la stessa regolarità delle stagioni, vengono spese per l’acquisto di droni israeliani così come è vero che, a partire dal 2005, le Industrie del Ministero della Difesa dell’Azerbigian hanno incominciato a produrre autonomamente una certa aliquota dei propri arsenali, UAV inclusi, ma i contorni del quadro sono ancora molto fumosi.
Per trovare alcuni fatti concreti bisogna, paradossalmente, “rivolgersi all’Armenia”. Infatti è sul confine tra Armenia ed Azerbaigian, oltre che sulla linea del fronte nel Nagorno-Karabakh (Artsakh) che l’Azerbaigian impiega le nuove tipologie di UAV non appena entrano in servizio e, dato che gli Armeni glieli abbattono con altrettanta regolarità, possiamo essere sicuri che, tempo qualche mese, i resti dei nuovi “giocattoli” di Baku verranno mostrati di fronte alle telecamere ad uso e consumo degli analisti della difesa di mezzo mondo.
Seguendo questo modus operandi è stato possibile verificare che, nel corso degli anni, Baku abbia messo in servizio UAV del tipo: IAI Searcher, IAI Harpy, IAI Heron (foto), Aeronautics Defense Orbiter, Aeronautics Defense Dominator, Elbit Hermes 450 ed Elbit Hermes 900, oltre allo UCAV del tipo IAI Harop. Quest’ultimo poi, ha fatto un’entrata in scena letteralmente “con il botto”, nel corso della guerra del 2016, quando un esemplare venne ripreso dalle telecamere nell’atto di schiantarsi contro un bus carico di volontari armeni diretti al fronte uccidendone almeno una decina e ferendone molti altri.
Come già detto, non è facile valutare tipologie e numeri dei droni dell’Azerbaigian, tuttavia alla luce di quanto detto sin ora, possiamo affermare che ad oggi Baku schieri: UAV di origine israeliana direttamente forniti da Israele, UAV di origine israeliana prodotti su licenza in Turchia e UAV di origine israeliana prodotti su licenza dallo stesso Azerbaigian. Corre voce però che, dopo anni di dipendenza da Israele, gli Azeri vogliano ora differenziare le loro fonti di approvvigionamento di droni e che stiano tenendo d’occhio con particolare interesse gli indiscutibili successi che la Turchia ha ottenuto negli ultimissimi anni in questo campo.
Dopo essere stata per lungo tempo dipendente dagli Stati Uniti d’America e dallo Stato d’Israele per le forniture di UAV e UCAV, ora la Turchia è assolutamente autonomia in questo senso e l’industria militare turca può essere considerata una superpotenza nel settore. Le Forze Armate di Ankara hanno utilizzato massicciamente i droni nei conflitti di Siria, Iraq e Libia e, pare che gli strateghi della Mezzaluna turca abbiano sposato completamente ed entusiasticamente la dottrina militare iraniana dell’utilizzo massiccio e generalizzato dei droni in ambito bellico, in questo modo differenziandosi dai loro fornitori originari, gli Americani e gli Israeliani, che pure operando con gli UAV e gli UCAV già da decenni pare siano rimasti “un pochino indietro” dal punto di vista dottrinale e sono “meno spregiudicati”. Dato che, ad oggi, le industrie turche sono state in grado di produrre almeno una quarantina di modelli diversi di UAV e UCAV (senza contare quelli di origine straniera prodotti su licenza), si capisce come le possibilità di Baku per rifornirsi siano enormi.
Diverso è stato invece il percorso intrapreso dall’Armenia, i cui primi UAV hanno incominciato a volare attorno al 2010; a differenza dell’Azerbaigian però, l’Armenia ha deciso da subito di percorrere la via dell’autarchia. Le ragioni che hanno portato Yerevan ad optare per questa scelta sono essenzialmente due. Primo: evitare come la peste di compromettere la propria sicurezza nazionale in un settore strategico come quello degli UAV affidandosi a fornitori stranieri, specialmente gli Israeliani, che già facevano affari d’oro proprio con la Turchia e l’Azerbaigian, i due paesi nemici dell’Armenia per antonomasia. Secondo: dare impulso al proprio comparto hi-tech e a tutte le imprese piccole e grandi d’Armenia che da anni stanno trainando lo sviluppo del segmento dell’economia ad alto contenuto di tecnologia in stretta collaborazione con i poli universitari del paese. Seppure questa strategia non si sia rivelata di facile percorrenza ed abbia necessitato di tempo, denaro e pazienza per poter essere messa in pratica, essa si è alla lunga dimostrata pagante, ed oggi vi sono diverse compagnie armene molto attive nella progettazione e nella produzione di UAV le cui prestazioni però non sono facili da valutare vista la refrattarietà delle autorità armene di permettere l’export di questi mezzi considerati “strategici”.
Egualmente complicato è valutare quali e quanti UAV siano in servizio con le Forze Armate della Repubblica d’Armenia e con l’Esercito di Difesa dell’Artsakh. Visto che le controparti azere non si sono dimostrate altrettanto efficaci nell’abbattere i droni armeni, nonostante siano in possesso di sistemi di difesa antiaerea sulla carta molto validi, l’unica altra strada da percorrere è quella dello studio dei “modelli” mostrati nel corso delle parate militari o nei filmati relativi alle esercitazioni militari. Tuttavia è bene ricordarlo che gli Armeni sono abbastanza “abbottonati” quando si tratta di rivelare la vera entità numerica e potenzialità delle loro forze armate e dei mezzi in dotazione e “non mostrano mai del tutto ciò che hanno veramente”.
Dopo questa doverosa premessa possiamo dire che le Forze Armate della Repubblica d’Armenia e l’Esercito di Difesa dell’Artsakh hanno adottato con certezza almeno 4 tipi diversi di UAV: il Basé, lo X-55 (foto), il Krunk e l’Azniv.
Il Basé è il più piccolo di tutti e svolge operazioni di ricognizione a livello di squadra o sezione, in particolare in appoggio alle operazioni delle Forze Speciali o degli avamposti sulla linea del fronte.
Lo X-55 è un po’ più grande e compie operazioni di ricognizione in appoggio ad operazioni di livello di battaglione o reggimento. Il Krunk e l’Azniv (quest’ultimo rappresenta un’evoluzione del precedente) svolgono invece operazioni di ricognizione sia tattica che strategica e si sono rivelati eccellenti piattaforme d’appoggio per dirigere il tiro d’artiglieria nel corso delle schermaglie senza fine lungo l’estesissima linea del fronte.
Il Krunk in particolare (che in lingua armena significa “gru”) è entrato in servizio nel 2011 e da allora è stato costantemente aggiornato e migliorato (tanto che ne sono entrate in servizio almeno 11 varianti diverse!) e ha stupito numerosi osservatori internazionali, persino gli stessi Israeliani, per le sue caratteristiche e prestazioni.
L’improvvisa apparizione dello UCAV IAI Harop tra i mezzi a disposizione dell’Azerbaigian, nel corso della guerra lampo del 2016, ha letteralmente scioccato gli Armeni (i servizi segreti di Yerevan per una volta hanno fatto cilecca e non avevano anticipato l’entrata in servizio di questo mezzo) i quali prima hanno pubblicamente respinto un’offerta segreta israeliana per l’acquisto dello stesso mezzo e poi hanno mobilitato il loro comparto tecnologico che nei 4 anni successivi ha sfornato numerosi modelli di UCAV indigeni, tra i quali almeno 2 sono stati adottati ed impiegati nei recenti scontro del luglio 2016: il BEEB 1800 e lo HRESH (“mostro” in lingua armena). Quest’ultimo in particolare è diventato suo malgrado protagonista di un piccolo intrigo internazionale quando diversi osservatori israeliani lo hanno associato allo UCAV israliano HERO-30 prodotto dalla Uvision accusando successivamente l’Armenia di essere una “ladra di tecnologia UCAV”, circostanza respinta seccamente dai vertici del gruppo ProMAQ, un conglomerato di diverse compagnie attive nel settore dei droni fondato subito dopo la guerra del 2016 e rispondente direttamente al governo ed alle autorità militari di Yerevan.
Al di là della querelle diplomatica pare proprio che non vi sia fondamento nelle accuse israeliane perché, ad una valutazione approfondita, lo HRESH non assomiglia a nessuno dei prodotti della Uvision (e coloro che hanno messo in correlazione lo HRESH con lo HERO-30 forse avrebbero fatto meglio a metterlo in relazione invece con lo HERO-400EC il quale è molto più simile allo UCAV armeno sia esteticamente che per prestazioni, invece dello HERO-30 che è totalmente diverso) ma sembra piuttosto una versione “rimpicciolita” del missile serbo ALAS con il quale ha in comune il medesimo sistema di guida ed una somiglianza estetica abbastanza marcata oltre alla stessa flessibilità di impiego. È curioso che proprio nel corso degli scontri di luglio 2020 l’Azerbaigian abbia apertamente accusato la Serbia di vendere armi e tecnologia militare all’Armenia, circostanza poi confermata (anche se minimizzata) dalle autorità di Belgrado, aprendo così la possibilità che, effettivamente, possa esistere un certo grado di parentela tra lo UCAV armeno HRESH ed il missile serbo ALAS.
Infine, proprio durante gli scontri di luglio 2020, le autorità del Nagorno-Karabakh (Artsakh) hanno annunciato l’inizio della produzione di massa di uno UCAV “made in Stepanakert” dopo uno sviluppo durato due anni e conclusosi con un utilizzo sperimentale sul campo dell’arma contro le posizioni azere. Sfortunatamente, al momento, a parte i video diffusi dalle autorità nagornine, non si conosce nulla di questo UCAV, nemmeno il nome.
Per concludere, abbiamo visto come la situazione di perenne conflitto tra Armenia e Nagorno-Karabakh (Artsakh) da un lato e Azerbigian dall’altro abbia creato il terreno fertile per lo sviluppo e lo schieramento da parte dei contendenti di importanti flotte di UAV e UCAV che sono già stati impiegati massicciamente e il cui utilizzo vedrà prevedibilmente un’escalation nel futuro, provocando nuove innovazioni nelle strategie di guerra che potranno poi essere esportate in altri contesti di conflitto in altre aree del mondo, anche alle nostre porte di casa. Una ragione in più per non girarci dall’altra parte e mantenere alta l’attenzione su questa area calda della geopolitica contemporanea.