Finale Europa League, Polizia ferma i tifosi dell’Arsenal con la maglia di Mkhitaryan (Skysport 28.05.19)
Il calciatore armeno ha dovuto rinunciare alla finale di Europa League per motivi politici. Ma nelle ore precedenti alla partita, la Polizia ha fermato per le strade di Baku i tifosi dei Gunners arrivati in Azerbaijan con la maglia di Mkhitaryan
Alla fine Henrikh Mkhitaryan ha davvero dovuto rinunciare alla finale di Europa League per motivi politici, considerato il delicato momento che si sta vivendo tra Armenia e Azerbaijan. Il fantasista dell’Arsenal non ha raggiunto Baku, città in cui i suoi compagni di squadra si giocheranno il titolo con il Chelsea di Maurizio Sarri. L’assenza di Mkhitaryan, però, non è bastata a calmare gli animi. Nelle ore che precedono la partita, infatti, anche i tifosi dell’Arsenal arrivati a Baku con la maglia del calciatore armeno sono stati fermati dalla Polizia locale. Un video, che ha fatto immediatamente il giro del web, mostra alcuni supporters dei Gunners fermati dalle forze dell’ordine e poi lasciati andare dopo alcuni approfonditi controlli.
I motivi dell’assenza di Mkhitaryan
Ma per quale motivo Mkhitaryan ha dovuto saltare la finale di Europa League? Il fantasista dell’Arsenal è il calciatore più rappresentativo nonché il capitano dell’Armenia. Il suo paese è in conflitto con l’Azerbaijan, paese che ospita la gara tra i Gunners e il Chelsea, per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh. Questa, pur appartenendo al territorio azero, si è dichiarata indipendente nel 1991. Una contesa che già conta morti e tanta sofferenza e che ha impedito a Mkhitaryan di essere a disposizione per una delle partite più importanti della sua carriera.
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Difficilmente la situazione politica nel Caucaso riceve l’attenzione della stampa italiana e internazionale. Ci voleva una partita di calcio perchè le cose cambiassero e persino sui giornali sportivi si scrivesse del conflitto irrisolto in Nagorno-Karabakh. Lo scorso 21 maggio, il giocatore armeno dell’Arsenal, Henrikh Mkhitaryan, ha annunciato, con un comunicato su Twitter, che non si sarebbe unito alla squadra nella trasferta di Baku, dove mercoledì prossimo si terrà la finale di Europa League.
Secondo quanto riportato dalla BBC, la scelta di Mkhitaryan è legata a timori per la sua sicurezza personale, considerata la situazione di tensione tra Armenia e Azerbaigian. Nonostante non sia la prima volta che il giocatore armeno rinunci a giocare in territorio azero, l’importanza della partita del 29 maggio ha dato alla notizia una grande eco mediatica, scatenando un vespaio di reazioni e polemiche nel Caucaso e non solo.
In Armenia, dove Mkhitaryan è, senza dubbio, lo sportivo più popolare e in molti seguono le partite dell’Arsenal solo per la sua presenza, non tutti concordano con la posizione che ha preso. Secondo i suoi detrattori, se altri atleti armeni, senza la fama del tesserato dell’Arsenal, hanno preso parte a gare internazionali organizzate in Azerbaigian nel recente passato, i timori per la sicurezza non sussistono. Altri sostengono la scelta di Mkhitaryan, ma spiegano che il giocatore avrebbe dovuto rinunciare a giocare per protestare contro la politica di chiusura dei confini che Baku applica nei confronti degli armeni.
Con una commistione di sport e cultura così forte, le istituzioni non potevano rimanere in silenzio. Anna Naghdalyan, portavoce del Ministero degli Esteri, ha dichiarato che Erevan avrebbe sostenuto Mkhitaryan se anche avesse deciso di giocare la partita. La rappresentante del governo ha colto l’occasione per criticare l’Azerbaigian per non aver dimostrato “quanto stia facendo per la pace”.
Al contempo, Baku si è difesa, spiegando di aver garantito ufficialmente la sicurezza del giocatore. Diversi membri delle istituzioni hanno condannato i media inglesi di orientalismo per il modo in cui hanno descritto l’Azerbaigian dopo che è scoppiato il caso. Anche la giornalista di opposizione Khadija Ismayilova –della quale abbiamo scritto di recente– hausato parole durissime nei confronti di Mkhitaryan, accusandolo di razzismo per aver sfruttato la situazione per presentare, agli occhi del mondo, gli azeri come dei selvaggi pronti ad ammazzare gli stranieri.
A livello regionale, lo scambio di accuse e controaccuse non è una novità e dimostra, ulteriormente, quanto sia lontana una prospettiva di pace tra i due vicini nel Caucaso del Sud. È interessante, piuttosto, notare il danno d’immagine che il caso ha causato all’Azerbaigian. Da quando Mkhitaryan ha comunicato la sua decisione, sulla stampa inglese, le analisi tattiche della partita sono state messe in secondo piano da articoli che parlano della situazione dei diritti umani nel paese e criticano la scelta di Baku come sede della finale. Tutto questo, mentre le istituzioni azere, da diversi anni, investono milioni di euro per promuoversi a livello internazionale. Ospitare eventi sportivi costituisce la chiave di volta di questa iniziativa. Nel 2015, l’Azerbaigian è stato sede della prima edizione dei Giochi europei, una sorta di olimpiade continentale, mentre dal 2016 il Gran Premio di Baku è una tappa fissa del mondiale di Formula 1. Per quanto riguarda il calcio, oltre alla finale di Europa League, nel 2020 la città ospiterà quattro partite degli Europei, competizione sponsorizzata dalla SOCAR, l’azienda petrolifera nazionale.
La campagna promozionale è riuscita nell’intento di “mettere sulla carta del mondo” l’Azerbaigian che, come altri paesi dello spazio post-sovietico, è quasi completamente sconosciuto al grande pubblico. Il caso Mkhitaryan dimostra, però, quanto la visibilità mediatica rappresenti un’arma a doppio taglio; da tempo, infatti, anche le contraddizioni e le criticità del paese sono finite sotto gli occhi della stampa internazionale.