Diplomazia pontificia… Il punto di vista dell’ambasciatore armeno presso la Santa Sede. (Acistampa 29.08.20)
CITTÀ DEL VATICANO , 29 agosto, 2020 / 4:00 PM
FOCUS CAUCASO
Conflitto armeno-azero, il punto di vista dell’ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede
A seguito dell’escalation che c’è stata ad inizio luglio nella regione del Nagorno Karabach, le ambasciate di Armenia ed Azerbaijan presso la Santa Sede hanno definito la posizione delle loro nazioni in delle dichiarazioni rilasciate ad ACI Stampa. Prima l’ambasciata di Azerbaijan presso la Santa Sede aveva accusato gli armeni di essere responsabili dell’escalation, affermando tra l’altro che in questo modo l’Armenia voleva mettere in gioco l’idea che l’Azerbaijan potesse essere un partner affidabile nella gestione del gas. L’ambasciatore armeno aveva invece rimandato al mittente le accuse, sottolineando invece le responsabilità dell’Azerbaijan e puntando anche il dito contro una longa manus turca dietro le attività azere.In una successiva dicahiarazione, l’ambasciata di Azerbaijan presso la Santa Sede ha parlato di “provocazione armata” da parte dell’Armenia e sottolineato che questa era contro le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Garen Nazarian, ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede, risponde alle osservazione dell’ambasciatore Mustafayev con una dichiarazione inviata ad ACI Stampa
L’ambasciatore Nazarian sottolinea che “è deludente vedere gli sforzi dell’ambasciatore azerbaigiano presso la Santa Sede nell’interpretare in maniera errata le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1993”.
Secondo l’ambasciatore Nazarian, “il collega azerbaigiano, nel tentativo di abortire la possibilità di raggiungere una soluzione di compromesso, cerca di giustificare la posizione del suo paese di procrastinare i negoziati e di accusare i mediatori – i copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE”.
L’ambasciatore Nazarian nota che “non il processo di pace, ma la cessazione delle ostilità è stato l’obiettivo principale di quelle risoluzioni che, tra l’altro, sono state ripetutamente violate dall’Azerbaijan e alcune di queste violazioni sono riportate nelle risoluzioni stesse”. L’ambasciatore nota poi che “in quei documenti adottati 27 anni fa non ci sono riferimenti al cosiddetto ‘ritiro delle forze armate dell’Armenia’ come riporta l’ambasciatore azerbaigiano”.
Rifacendosi alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU, l’ambasciatore armeno sottolinea che “l’Azerbaijan finge che siamo ancora nel 1993 e che non vi sia stato un accordo trilaterale di cessate il fuoco firmato da Azerbaijan, Nagorno-Karabakh e Armenia nel 1994”. Ma, nota, “ironicamente nel fare ciò, l’ambasciatore dell’Azerbaijan fa riferimento alla decisione del Vertice OSCE di Budapest che ha accolto con favore il cessate il fuoco e ha riconosciuto i firmatari, compreso il Nagorno-Karabakh, come parte nel conflitto”.
Secondo l’ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede “il rifiuto dell’Azerbaijan di negoziare con il Nagorno-Karabakh è in netta contraddizione con la sua affermazione ‘che le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la decisione del Vertice OSCE di Budapest’ sono il quadro giuridico e politico per il processo di pace”.
L’essenza del problema sta, sottolinea l’ambasciatore “nell’attuazione da parte del popolo del Nagorno-Karabakh del suo diritto inalienabile all’autodeterminazione, nel pieno rispetto delle norme del diritto internazionale e del diritto interno dell’Unione Sovietica prima del suo crollo nel 1991”, e che “il conflitto tra Azerbaijan e Nagorno Karabakh è scoppiato in risposta all’autodeterminazione di quest’ultimo, come risultato di politiche di potere portate avanti dalla leadership dell’Azerbaijan e dimostrate dai massacri brutali e dalle pulizie etniche dell’intera popolazione armena di 400.000 persone dell’Azerbaijan, così come dall’inizio di un’aggressione militare su vasta scala contro la Repubblica del Nagorno-Karabakh”.
L’ambasciatore Nazarian sottolinea inoltre che “l’aggressione dell’Azerbaijan è stata condannata dalla comunità internazionale all’epoca. La politica dell’Azerbaijan di rifiuto dei principi del diritto internazionale, in particolare i principi del non uso della forza o della minaccia dell’uso della forza e il diritto dei popoli all’autodeterminazione, sta ancora continuando a minare il processo di pace”.
Nazarian invita poi a non distorcere l’appello di Papa Francesco del 19 luglio, e afferma che è “fuorviante” il “tentativo di ricercare divergenze tra la comunità internazionale e la co-presidenza del gruppo di Minsk dell’OSCE”, dato che questa “detiene il mandato della comunità internazionale e delle parti in conflitto di guidare il processo di pace del Nagorno-Karabakh”.
Insomma, conclude Nazarian, “se l’Azerbaijan è disposto a riconsiderare il suo accordo al Processo di Minsk dell’OSCE, i suoi rappresentanti diplomatici dovrebbero avere il coraggio e la capacità di formulare le loro richieste in modo ufficiale e chiaro, anziché distorcere le parole di Sua Santità”.