Diario di viaggio in Armenia, antico paese tra terra e cielo (Ilpiacenza.it 29.10.15)
Diario di viaggio in Armenia, antico paese tra terra e cielo
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Strano paese l’Armenia, di elevato fascino ma nello stesso tempo con qualche caduta nel grigiore della normalità o addirittura nel buio della miseria . Insomma coinvolgente di certo ma anche sconvolgente in modo altrettanto certo. Perché lì il bello e il brutto si mescolano in modo difficile da capire. Come un tutt’uno quasi impossibile da districare. Senza che, fra questi estremi, vi sia da una parte il senso del meraviglioso e dall’altra la sensazione della mediocrità che in alcuni casi sconfina in quel sottobosco dei sentimenti dove alberga addirittura la banalità del già visto.O di quello che non si desidererebbe vedere causa una povertà che si tocca con mano. Sto esagerando? Può darsi, ma come si sa ognuno vede le cose a proprio modo, secondo gusti e visioni che si sono formati nella e dalla vita. Che ti insegna, è vero, ad andare oltre i pregiudizi ma senza però riuscire a sconfiggerli del tutto. Insomma quel che voglio dire è che l’anima del paese è la contraddizione di un bello che difficilmente arriva al fascinoso e nello stesso tempo di quel brutto che invece arriva diretto allo stomaco. E che impedisce la sua digestione mentale perché trattasi di un boccone troppo amaro per non lasciare un certo disgusto in bocca . Le cause di tutto questo sono di natura storica e geografica. Vediamole. Situata in quella landa del mondo fra Europa ed Asia, l’Armenia vanta una natura difficile, compresa fra altipiani ed i monti del Caucaso inferiore, le cui cime arrivano a superare i 4000 metri. Mentre la punta del monte Ararat di cui parleremo, con il suo significato di simbolo storico e religioso con i suoi 5137 mt. dovrebbe rappresentare la vetta più alta del paese se non fosse ormai dentro il confine turco.
Continuando con l’altimetria, tutto il paese si sviluppa quindi secondo una orografia che tocca in media i 2000 metri. Questo ci dice come con tale dislivello, sia difficile sviluppare una economia agricola che in mancanza di industrie dovrebbe rappresentare la parte preponderante dell’attività produttiva del paese. Per di più la terra anche negli altipiani è sassosa e dunque appare poco attrattiva per le semine. Si salvano, fra queste, le colture di albicocche, diffuse in tutto il territorio , che sono diventate, anche per il loro colore, il simbolo del paese. La bandiera nazionale infatti tripartita orizzontalmente riporta la banda arancione tipica dell’albicocca, nella parte bassa sovrastata verso l’alto prima dal blu e poi dal rosso. Le case in quel mondo rurale quasi desertico sono scarse e molto dimesse, al massimo a due piani costruite in sasso o in blocchi squadrati di tufo e ricoperte da tetti in lamiera( o in eternit), simili in questo ai nostri capannoni industriali di qualche decennio addietro. Nessuna fattoria che si rispetti secondo le nostre usanze, si offre alla vista come nessuna stalla appare per il ricovero degli animali. Questi vagano negli estesi altipiani fra i monti, alcuni perennemente innevati dove l’erba stenta ad emergere fra l’ostilità dei sassi che invadono le zolle brulle e incolte. Piccole mandrie di mucche dal colore bruno si offrono di tanto in tanto alla sguardo di chi attraversa il paese in pullman ,come noi abbiamo fatto,percorrendo le poche strade asfaltate che come lunghi serpenti attraversano quella natura primitiva e apparentemente inospitale se non fosse per il carattere gentile della gente. Natura che non sembra ancora pronta ad accettare le sfide della tecnologia motorizzata. A queste mandrie si associano frequentemente e ancora più numerose le greggi di pecore e capre con i loro cani guida e dietro l’immancabile pastore a cavallo che sembra il personaggio di un nostro presepe. Vestito di lana grezza di un bianco stinto nel giallo sporco dell’uso a dimostrazione di una comunanza di vita e di…vestito con il suo gregge. Se questo è il mondo rurale, nelle città la contraddizione è ancora più marcata….continua