COP29: l’urgenza del tema, i dubbi etici sulla sede (Cath.ch 10.11.24)
di Chiara Gerosa
Avrà inizio lunedì a Baku, la capitale dell’Azerbaigian, la Conferenza dell’ONU sul clima, la Cop29. In cima all’agenda del vertice un nuovo obiettivo di finanziamento globale per il clima. È evidente che la crisi climatica continui ad aggravarsi. I leader mondiali discuteranno quindi delle possibili misure da adottare per offrire protezione alle popolazioni che sono colpite direttamente dagli effetti dei cambiamenti climatici. Ma dentro questi sforzi, sta passando sotto silenzio un’altra, grande questione. Quella della pulizia etnica nel Nagorno Karabak. Sul tema c’è stato nei giorni scorsi il vibrante appello dei leader delle Chiese cristiane in Azerbaigian. Più di un anno fa, infatti, a fine settembre del 2023, circa 100’000 armeni sono stati espulsi dalla loro patria dopo un assedio durato quasi dieci mesi. Nel silenzio dei media occidentali, l’anno scorso lo Stato dell’Azerbaigian si è impossessato di questo territorio e ne ha scacciato tutta la popolazione armena. Da allora sta lavorando per distruggerne il patrimonio religioso e culturale. Storicamente, nel 1923 questa regione venne attribuita da Stalin all’Azerbaigian ma da millenni era abitata da armeni cristiani. Armeni che fino al crollo dell’Unione sovietica avevano ottenuto una propria autonomia. Ma nel 2022 e ancora nel 2023 gli Azeri hanno riconquistato il territorio e 100mila profughi hanno dovuto fuggire da un giorno all’altro in Armenia. E da allora questo conflitto è rimasto in ombra. Alla vigilia della Cop29, anche dalla Svizzera si stanno sollevando voci di protesta, che chiedono di non inviare delegati della Confederazione in Azerbaigian. O quantomeno di alzare la voce con uno Stato che, mentre si sta macchiando di tali crimini, grazie alla Conferenza intenderebbe rifarsi il trucco davanti alla comunità internazionale. Alle voci di alcuni deputati al Consiglio Nazionale, si aggiungono le petizioni di Christian Solidarity International, organizzazione umanitaria cristiana e del Consiglio ecumenico delle Chiese, che chiede di rilasciare immediatamente tutti gli ostaggi civili e i prigionieri di guerra armeni in conformità alle norme del diritto internazionale. Il Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni con il Consiglio ecumenico delle Chiese hanno chiesto di unirsi alla preghiera per gli ostaggi armeni proprio nella giornata di domani, 10 novembre. Ma basteranno le numerose proteste e richieste a far tornare gli armeni sulla loro terra e a fermare la distruzione del patrimonio culturale e religioso? Oppure prevarranno gli interessi economici ed il silenzio davanti a questa barbarie? Riguardo poi alla questione climatica ricordiamo che l’Azerbaigian è tra i massimi produttori di petrolio al mondo.