Contro l’indifferenza: dal genocidio armeno alle persecuzioni di oggi (Resegoneonline 22.04.16)
“Sono passati 100 anni dall’inizio del Genocidio armeno, ma le foto scattate da Armin Wegner a testimonianza dello sterminio sono praticamente identiche a quelle di molti uomini, donne e bambini di oggi in Medio Oriente, costretti a lasciare le proprie case, inseguiti e barbaramente uccisi. Il mondo 100 anni fa è stato in silenzio, ha guardato altrove. E noi non vogliamo che questo riaccada anche oggi” con queste parole ha esordito la liceale Sofia Walters ieri sera in sala don Ticozzi, presentando la genesi dell’incontro “Genocidio armeno. Persecuzioni di oggi” promosso dal Liceo Leopardi di Lecco.
In sala 200 persone che, commosse, hanno sentito la testimonianza dell’armena Marina Mavian, presidentessa delle Casa Armena Hay Dun , che ha raccontato il dolore del suo popolo. Un popolo di grande fede, che a causa dei panturchisti “Giovani Turchi”, non solo ha dovuto subire un atroce sterminio, ma ancora oggi deve sopportare il negazionismo di alcuni Paesi: “ma la verità sta sempre più venendo a galla” racconta Mavian “molte nonne turche in punto di morte svelano alle nipoti di essere state bambine armene, islamizzate a forza. Alcuni intellettuali, a costo della loro stessa libertà, denunciano la verità”.
E oggi? Andrea Avveduto, collaboratore di Avvenire, tornato di recente dalla Siria, racconta di un Paese devastato (si contano almeno 170.000 morti), ma non annichilito. “Molta gente ha perso i propri cari, non ha più un lavoro e le condizioni di vita sono durissime. Ad Aleppo solo un terzo della città non è nelle mani degli Islamisti. Luce e acqua arrivano solo per 3 ore al giorno e si vive sotto il pericolo costante di bombardamenti. La gente ha paura, sempre. Ma dentro questo orrore ci sono dei luoghi incredibili: come il convento francescano, un centro di accoglienza che permette a chi arriva di non sentirsi abbandonato. Il sentirsi voluti bene, l’amicizia vera che sta nascendo anche tra persone di religioni diverse non toglie la paura, ma cambia lo sguardo. E ritengo che solo questo sguardo di misericordia possa davvero cambiare la storia”.
Giorgio Riva, studente del Liceo, ha chiuso l’incontro ringraziando i relatori “per aver testimoniato come l’unico sguardo umano sia quello desideroso di guardare in faccia ciò che sta accadendo, combattendo l’indifferenza”.