Cinquantatreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian intende prendere molto di più oltre l’Artsakh/Nagorno-Karabakh (Korazym 02.02.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.02.2023 – Vik van Brantegem] – Nel 53° giorno del #ArtsakhBlockade da parte delle autorità azere, nessun cambiamento è stato registrato in Artsakh/Nagorno Karabakh. Il blocco dell’autostrada interstatale Goris-Stepanakert continua ad essere in atto, con i veicoli delle forze di mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rossa gli unici ad essere autorizzati dall’Azerbajgian a entrare e uscire dal territorio dal 12 dicembre 2022. Prosegue il crimine umanitario alla luce del sole, che richiede non solo attenzione ma l’azione energica e risolutiva della comunità internazionale. Se gli USA, la Francia, la Russia e l’Occidente non agiscono, potremmo assistere ancora una volta ad un’altra tragedia armena e alla perdita di vite umane da cui il mondo sarà sconvolto troppo tardi. La condotta dell’Azerbajgian è del tutto inaccettabile per un mondo civilizzato, che rispetto ai crimini contro l’umanità del passato esclama: “Non lo sapevamo”. “Mai più”.
«Prima si crede ai pregiudizi sugli altri, poi si giustifica l’odio, quindi la violenza, alla fine ci si trova nel mezzo della guerra» (Papa Francesco ai giovani cattolici congolesi nello Stadio dei Martiri a Kinshasa). Vale anche per la politica di odio anti-armeno dello Stato dell’Azerbajgian.
Dopo il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, un altro membro del Governo Meloni vola a Baku. Adesso è il turno di Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dell’Italia. E un altro giornale dimentica cosa è il giornalismo (non menzioniamo neanche la coerenza e i diritti umani).
L’Azerbajgian prevede di prendere molto di più dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. «Indicativo delle ambizioni espansionistiche dell’Azerbajgian per l’Armenia, i media statali dell’Azerbajgian hanno iniziato una nuova serie sull’”Azerbajgian occidentale”» (Lindsey Snell).
«Conoscenza dell’Azerbajgian occidentale [Armenia]: Le chiese a Gafan [Kapan] non appartengono agli Armeni, appartengono tutte all’era albanese [caucasica].
L’APA [Azeri-Press Agency] sta avviando un nuovo progetto chiamato “Conoscere l’Azerbajgian occidentale”. Lo scopo del progetto è fornire informazioni dettagliate sulla storia, la geografia, la cultura, i monumenti, lo stile di vita e la vita quotidiana delle persone della regione dell’Azerbajgian occidentale, per presentarle ai lettori, in particolare alle giovani generazioni. Il primo ospite del progetto è Jabi Bahramov, originario di Gafan, capo del “Dipartimento di storia dell’Azerbajgian occidentale” dell’Istituto di storia dell’ANAS [acronimo in inglese dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Azerbaigian], dottore in filosofia, professore associato» (Konkakt.az, 31 gennaio 2023).
Kapan è una città di circa 45.500 abitanti della provincia di Syunik in Armenia, ad un chilometro dal confine con la Repubblica di Artsakh (oggi territorio occupato dall’Azerbajgian con la guerra dei 44 giorni del 2020, come si vede dalla foto di APA, che dimostra la bandiera dell’Azerbajgian con due soldati azeri sullo sfondo dell’aeroporto di Kapan).
Kapan è gemellata con Glendale in California (ne abbiamo parlato in occasione della visita di Elen Asatryan, membro del Consiglio comunale di Glendale [QUI]).
Il 14 novembre 2022, alle ore 20.00, unità delle Forze Armate azere hanno aperto il fuoco con armi da fuoco di diverso calibro in direzione delle posizioni di difesa armene nella parte orientale della zona di confine armeno-azera, il Ministero della Difesa armeno ha comunicato. Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha accusato il Presidente dell’Azerbaigian di terrorizzare la popolazione civile armena. “Il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, vestito in uniforme militare e in un’udienza militare, nel suo discorso minaccioso e aggressivo dell’8 novembre scorso ha annunciato che Sisian, Goris, Kapan e altre città armene sono nel loro campo visivo e che l’Armenia capisce cosa significa. È un palese atto per terrorizzare la popolazione civile”, ha dichiarato Pashinyan in un post su Twitter il 14 novembre 2022 [QUI].
Durante il periodo sovietico, la città aveva il nome Ghapan. Kapan è la città più popolosa della provincia di Syunik e dell’intera regione dell’Armenia meridionale. L’etimologia del nome viene dal verbo armeno “kapel” che significa racchiudere, in questo caso indicando il fatto che la città è racchiusa all’interno di una catena montuosa. L’area dell’odierna Kapan viene menzionata per la prima volta nel V secolo ed è descritta come un piccolo insediamento. Storicamente questa regione era parte integrante della provincia storica di Syunik, una delle nove province (nahang) del Regno d’Armenia. Alla fine del X secolo, il sovrano di Syunik, il Principe Smbat II, si insediò a Kapan dove fondò il Regno di Syunik-Baghk proclamandosi sovrano sotto la protezione del regno bagratide d’Armenia. Nel 1103 la città venne messa a ferro e fuoco dall’invasione dei Selgiuchidi, e, tra il XII ed il XV secolo, insieme al resto del regno armeno, il territorio subì una successione di invasioni, prima da parte dei mongoli e poi dei Turcomanni della Pecora Bianca ed in ultimo dai Turcomanni della Pecora Nera. Agli inizi del XVIII secolo Kapan vide sorgere la figura del leader militare armeno Davit Bek, il condottiero armeno che, partendo proprio dalla provincia di Kapan, guidò il suo popolo nella lotta di liberazione dal dominio dell’Impero ottomano e dall’Impero Safavide.
A seguito dell’accordo trilaterale di cessato il fuoco del 9 novembre 2020 che terminò la guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian in Artsakh, il 18 dicembre 2020 il Ministero della Difesa dell’Armenia ha ordinato il ritiro delle unità dell’esercito armeno dalle loro posizioni nelle città di Goris e Kapan nella provincia di Syunik. Di conseguenza, è sorta la questione della sicurezza di un certo numero di villaggi armeni. Il 7 gennaio 2021 gli Azeri hanno posizionato la loro bandiera sul territorio dell’Artsakh conquistato nei pressi dell’aeroporto di Kapan, ha dichiarato il sindaco di Kapan, Gevorg Parsyan come si vede nella foto pubblicata da Kontakt.az il 31 gennaio 2023 riportato sopra e il dettagli sotto].
“Attualmente, l’aeroporto è sotto la sorveglianza degli Azeri”, ha aggiunto. All’inizio di gennaio 2021 il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Arman Tatoyan, e il suo staff hanno effettuato un’ispezione delle aree della pista e dell’edificio amministrativo dell’aeroporto di Kapan, nelle immediate vicinanze del dispiegamento delle forze azere. I rilievi hanno dimostrato che non solo l’aeroporto di Kapan, ma anche il traffico sull’autostrada Kapan-Yerevan e una serie di aree residenziali nella città di Kapan sono in pericolo, ha affermato Tatoyan il 9 gennaio 2021 in un post su Facebook. “Durante la visita all’aeroporto di Kapan e ad alcuni villaggi, la mappa di Google e molte altre mappe online hanno mostrato risultati diversi. In alcuni casi la strada da Kapan al villaggio di Chakaten, così come la strada per l’aeroporto di Kapan e le sezioni dell’aeroporto di Kapan dove sono di stanza le forze azere, sono state presentate come parte del territorio della Repubblica di Armenia”, ha affermato Tatoyan. “Le visite del Difensore dei Diritti Umani a Kapan e nei villaggi circostanti mostrano che, a seguito degli approcci utilizzati finora, e in particolare l’applicazione meccanica del Global Positioning System (GPS) o delle mappe di Google, rappresentano una seria minaccia al diritto alla vita e alla sicurezza di residenti di frontiera, la loro inviolabilità fisica o mentale e altri diritti di vitale importanza garantiti dalla Costituzione della Repubblica di Armenia. La sicurezza dei confini statali armeni è in pericolo”, ha affermato l’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia. “In particolare, con l’applicazione meccanica di questo principio, vari tratti della strada da Kapan a Chakaten e altri villaggi sono passati sotto il controllo dell’Azerbajgian, il che ha messo in serio pericolo il movimento dei civili. Allo stesso tempo, si deve tenere conto del fatto che questa strada è assolutamente necessaria per la sicurezza dei villaggi di Chakaten, Shikahogh, Srashen, Nerkin Hand, Tsav e per i diritti vitali degli abitanti”, ha affermato l’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia.
«Il tratto di 21 chilometri dell’autostrada Goris-Kapan, che [il Primo Ministro] Nikol Pashinyan ha consegnato agli Azeri dopo la guerra di 44 giorni [in Artsakh/Nagorno-Karabakh nell’autunno del 2020], è diventata una strada deserta. La parte azera ha installato qui filo spinato e barriere di cemento, il che dimostra che né gli Armeni né i grandi camion iraniani possono percorrere questa strada. All’inizio, alti funzionari della Repubblica di Armenia assicuravano che avremmo potuto usare anche quella strada pagando la dogana. Si è rivelata una bugia. Le guardie di frontiera armene e azere sono in piedi su entrambi i lati della strada. A giudicare da questa foto scattata due giorni fa, questa parte dell'[autostrada] Goris-Kapan non è più percorribile. A seguito del sequestro di questa strada, sono stati isolati anche gli insediamenti di Shurnukh, Vorotan e Bardzravan [dell’Armenia], che sono diventati enclavi» (Quotidiano armeno Hraparak, 13 aprile 2022).
Il complesso monastico armeno Vahanavank si trova a circa 5 chilometri a ovest della città di Kapan nella provincia armena di Syunik, ai piedi del monte Tigranasar lungo la riva destra del fiume Voghdji. Il monastero fu costruito su un cimitero dell’età del bronzo (13-11 a.C.) dal Principe Vahan Nakhashinogh, da cui prende il nome, figlio del Principe Gagik di Kapan all’inizio del X secolo. Lo storico armeno Stepanos Orbelian (circa 1250-1305) scrisse che il principe aveva assunto la veste e lo stile di vita di un monaco per curarsi dalla possessione demoniaca. Nell’anno 911, il Principe Vahan radunò 100 chierici che la pensavano allo stesso modo e costruì la chiesa di Surb Grigor Lusavorich, la più antica tra le strutture di Vahanavank. La chiesa è un edificio simile a una sala a cupola con un tempio principale e un paio di sagrestie. Presso il monastero fu aperta una scuola spirituale dove studiavano giovani ragazzi di Baghk e di altre province. Il nipote del Principe Vahan Nakhashinogh, Vahan Jevanshir II, fu educato nel monastero e divenne Vescovo di Syunik intorno al 940 e poi Catholicos intorno all’anno 960. Durante il suo regno costruì molti grandi monumenti, molti dei quali rimangono in rovina. Il vestibolo e il portico prima metà del X secolo. Quest’ultimo si estende a sud della chiesa e del nartece. Qui sono sepolti Re e Principi di Syunik. Vahanavank divenne il centro religioso dei Re di Syunik nell’XI secolo. Nel 1086, la Regina Shahandukht II di Syunik e sua sorella Katan costruirono la chiesa di Surb Astvatsatsin come luogo di sepoltura per lei e per i suoi parenti. Ci sono anche altre strutture, edifici domestici, khachkar e lapidi che risalgono al X-XI secolo.
E poi, Yagub Makhmudov, il Direttore dell’Istituto di Storia dell’Accademia delle Scienze dell’Azerbajgian, ha affermato che anche “Keshikchidag e la Georgia orientale sono delle terre originarie dell’Azerbajgian, e Tiflis è un’antica città azerbajgiana”. Il meglio deve ancore avvenire.
Oggi, dopo le condanne quasi unanime di tutto il mondo occorre agire: sanzionare il regime criminale di Aliyev, organizzare il ponte aereo per l’aeroporto di Stepanakert, riconoscere la Repubblica di Artsakh. L’Artsakh ha una democrazia parlamentare funzionante, a differenza dell’Azerbajgian dove il Primo Vicepresidente è la moglie del Presidente e non ci sono elezioni liberi. “«Per chi non vuole diventare nostro cittadino, la strada non è chiusa, ma aperta. Possono partire. Possono andare da soli oppure possono andare in autobus. La strada [per l’Armenia] è aperta». Queste sono parole del Presidente dell’Azerbajgian. Non solo Ilham Aliyev conferma che il blocco dell’Artsakh c’è ma dimostra come funzione il suo regime. O accetteranno di essere cittadini di una dittatura come l’Azerbajgian o non esisteranno affatto. Ecco la semplice formula di Aliyev per gli Armeni dell’Artsakh. Poi, questo dittatore descritto come un “partner affidabile” da Ursula von der Leyen si oppone al ponte aereo umanitario e minaccia di abbattere qualsiasi aereo che attraversa il “suo” (secondo lui) spazio aereo per atterrare all’aeroporto di Stepanakert.
«Il camion del CICR ha consegnato medicinali e altri rifornimenti ai centri medici di Artsakh» (David Galstyan). Così Baku può dare questo come “prova” che il #ArtsakhBlockade non esiste.
Qui sopra le immagini che abbiamo ricevuto oggi da Tegh (vicino alla chiesa Surb Govorg), l’ultimo avamposto in Armenia prima della frontiera con l’Artsakh, dove inizia il Corridoio di Berdzor (Lachin), lungo l’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert, attraverso 10 posti di blocco delle forze di mantenimento della pace russe. Questo è l’unico convoglio che fanno passare, che consegna medicinali e rifornimenti sanitari all’Artsakh e poi al ritorno porta persone che sono in pericolo di vita all’ospedale di Goris.
Ecco, i fake eco-attivisti azeri che hanno bloccato la strada della vita per l’Artsakh.
«Nella prima foto: un soldato armeno che abbraccia l’orsacchiotto che viveva vicino alla base militare di Artsakh a Karvajar, che ho visto nel 2020 quando l’ho visitato. Nella seconda foto: il barbaro azero che ha ucciso quell’orso e che mostra con orgoglio nella foto dopo l’occupazione del territorio dell’Artsakh» (Liana Margaryan, giornalista armena).
Un esempio del “rispetto per la fauna dell’Artsakh” secondo la propaganda di Baku. E ne sono pure orgogliosi.
«Nelle notizie di oggi [1° febbraio 2023] è stato pubblicato un video di un’aula a Stepanakert in cui gli studenti cantano una canzone patriottica affermando che non sono tipi da avere paura [abbiamo riportato il video ieri [QUI]]. La gente dell’Artsakh è resiliente. Non saranno sballottati e non saranno spinti via dalle attuali tattiche azere. Negli ultimi 35 anni hanno resistito a circa 6 anni di guerra, seguiti poi da un periodo di grande difficoltà e oscurità post “indipendenza”. Sono stati quindi in grado di allevare una generazione prima che scoppiasse di nuovo la guerra nel 2020 per 44 giorni. Siamo usciti sconfitti dalla guerra e abbiamo perso notevoli quantità di vite e terra. Vite che dovevano essere il futuro della terra. Vite che erano così preziose per ciascuno dei loro cari e per gli Armeni nel loro insieme. Terra che ci è stata sacra per migliaia di anni. Terra che ha ospitato decine di migliaia di persone. Ora sono tutti sfollati, la maggior parte dei quali vive ancora in ciò che resta dell’Artsakh. A due anni dalla fine della guerra, 120.000 persone sono ancora bloccate dal resto del mondo. Sono bloccati dalle loro necessità umane fondamentali per la sopravvivenza. Sono stati bloccati dal resto del mondo negli ultimi 52 giorni. Tuttavia, continuano a cantare e ballare la musica e le danze tradizionali armene perché è quello che sono ed è quello che saranno sempre indipendentemente dalle difficoltà che si troveranno sulla loro strada» (Varak Ghazarian – Medium, 2 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Nagorno-Karabakh, vivere bloccati
Da più di due mesi la popolazione del Nagorno-Karabakh è isolata dal resto del mondo per il blocco azero del Corridoio di Lachin. Come vivono gli abitanti di Stepanakert
di Armine Avetisyan
Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, 1° febbraio 2023
La popolazione del Nagorno-Karabakh ha trascorso il Natale e il Capodanno in condizioni di blocco da parte dell’Azerbaijan, una situazione che dura ormai da quasi due mesi. L’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia, il cosiddetto Corridoio di Lachin, è stata infatti bloccata a partire dal 12 dicembre da manifestanti di organizzazioni azere, sedicenti ambientalisti.
La crisi umanitaria a cui è sottoposta la popolazione di 120.000 abitanti del Nagorno-Karabakh è ormai evidente ed in continuo peggioramento: mancanza di alimenti per bambini e di medicinali essenziali, negozi vuoti, mancanza totale di verdura e frutta, tagli periodici alla fornitura di elettricità e gas.
I manifestanti azeri hanno bloccato la strada su base di istanze ambientali ma di fatto sono teleguidati da Baku e le loro richieste hanno connotati del tutto politici: tra queste la richiesta dell’istituzione di un posto di blocco azero nel Corridoio di Lachin, la nomina di rappresentanti degli organi statali azeri nel Nagorno Karabakh, e via dicendo.
Il Corridoio di Lachin collega Stepanakert, la capitale del Nagorno-Karabakh, con la città di Goris in Armenia e, come sancito dalla dichiarazione trilaterale Armenia-Russia-Azerbaijan firmata il 9 novembre 2020, è sottoposta al controllo delle forze di pace russe. Questa strada è l’unica che collega il Nagorno-Karabakh con il mondo esterno, strada attraverso la quale vengono trasportati tutti i tipi di beni necessari alla vita della popolazione armena.
“Non c’è nessun prodotto, niente. Sa in quanti negozi ho cercato un pezzo di formaggio? Mio nipote ha chiesto del formaggio, era a casa malato. Per non parlare della frutta e dei dolci. Abbiamo grandi difficoltà a procurarci il cibo, cosa faremo?”, racconta Gayane Poghosyan, residente a Stepanakert.
Tonya Muradyan, dipendente di un negozio di alimentari, conferma che dall’inizio di gennaio nel suo negozio non c’è quasi più cibo, solo succhi e alcolici. A Stepanakert, il numero di negozi chiusi è aumentato dopo le feste natalizie, anche se molti di essi erano già chiusi alla fine del 2022. Anche chi entra in farmacia spesso esce a mani vuote.
“Mancano antipiretici, pannolini, alimenti per bambini, antibiotici e antidolorifici. Non sappiamo per quanto tempo la strada rimarrà chiusa”, afferma Alyona Ghulyan, dipendente di una delle farmacie di Stepanakert.
41 asili e 56 gruppi pre-scolastici sono stati chiusi completamente o parzialmente dal 9 gennaio a causa dell’aggravarsi della carenza di cibo sotto il blocco. 6.828 bambini non possono più frequentare l’asilo e la scuola materna, essendo privati dell’opportunità di ricevere cure, cibo e istruzione adeguati.
Dal 18 gennaio poi tutte le 118 scuole del Nagorno Karabakh sono state chiuse a causa di problemi di riscaldamento e di fornitura di elettricità, privando più di 20.000 bambini del loro diritto all’istruzione. Negli ultimi giorni si stanno distribuendo stufe a legna, altrimenti anche il riscaldamento diventa un problema molto serio.
“Ho due bambini a casa. Vogliono giocare, correre, ma non possono uscire dal letto caldo. A casa fa terribilmente freddo. Se in casa ci sono più di 10 gradi, siamo felici. Ora stiamo per installare una stufa a legna, naturalmente non so come si risolverà il problema del combustibile. Ci hanno dato la legna, ma non è inesauribile. Presto non avremo più nulla da bruciare…”, racconta la 35enne Lilit Sahakyan.
“Nel Nagorno-Karabakh si verificano frequenti interruzioni di corrente elettrica, perché l’Azerbaijan interrompe le linee elettriche che forniscono elettricità alla regione e la popolazione riceve elettricità solo a seconda della capacità produttiva delle centrali elettriche locali, che non è sufficiente. I beni di prima necessità vengono forniti alla popolazione attraverso un sistema di voucher.
“Il governo dell’Azerbaijan persegue un unico obiettivo: spezzare la volontà degli Armeni del Nagorno-Karabakh di vivere nella loro patria. Inoltre, secondo le informazioni in nostro possesso, il piano di Baku è il seguente: portare la pressione economica e psicologica nel Nagorno-Karabakh a un certo punto culminante, dopodiché aprire il corridoio per alcuni giorni con l’aspettativa che gli Armeni del Nagorno Karabakh lascino in massa le loro case, chiudere di nuovo il corridoio e poi riaprirlo per alcuni giorni e così via fino a quando l’ultimo Armeno lascerà il Nagorno-Karabakh”, ha affermato il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan durante una riunione di Gabinetto dello scorso 26 gennaio. Per poi aggiungere: “Si tratta, ovviamente, di una palese politica di pulizia etnica. E devo constatare che se finora la comunità internazionale era scettica riguardo ai nostri allarmi sulle intenzioni dell’Azerbaijan, ora questa consapevolezza si sta lentamente ma costantemente rafforzando tra la comunità internazionale.
Al fine di prevenire l’imminente disastro umanitario nelle condizioni di blocco della strada vitale del Nagorno-Karabakh, il Parlamento del Nagorno-Karabakh ha invitato il mondo civile a intraprendere azioni concrete in direzione dell’apertura del corridoio o della promozione di un ponte aereo con Stepanakert, per attutire l’allarmante crisi umanitaria in atto.
Dall’inizio del blocco, molti paesi e organizzazioni internazionali hanno condannato le azioni dell’Azerbaijan e chiesto la revoca del blocco. La questione è stata discussa anche dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ingiunto l’Azerbaijan a prendere tutte le misure necessarie e sufficienti per rimuovere il blocco. La questione sarà inoltre presto discussa anche presso la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite (L’Aia) nell’ambito dei lavori del Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]