Cinquantaquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. Alla cima delle menti dei burocrati dell’Unione Europea non ci sono la democrazia e i diritti umani, ma il gas azero-russo (Korazym 03.02.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.02.2023 – Vik van Brantegem] – Mentre Ursula von der Leyen afferma che l’Unione Europea “rappresenta” la democrazia/i diritti umani in Ucraina, il suo Commissario per l’Energia, Kadri Simson, e altri capi dell’Unione Europea sono a Baku lodando il partner energetico “affidabile” dell’Unione Europea, il dittatore corrotto dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, che ha privato 120.000 Armeni civili, compresi 30.000 bambini della fornitura regolare di cibo, medicine, energia e istruzione in un #ArtsakhBlockade genocida dal 12 dicembre 2022, nel mezzo del rigido inverno caucasico.
«Onorato di aprire la 9ª riunione ministeriale del Consiglio consultivo del corridoio meridionale del gas [il “Tap bis”] con il Presidente Aliyev in Azerbajgian. La nostra discussione si svolge sullo sfondo della trasformazione a livello globale dei mercati dell’energia. E la sicurezza energetica è in cima alle nostre menti» (Kadri Simson).
L’ha detto lei, non se lo sono inventati gli Armeni: alla cima delle menti dei burocrati dell’Unione Europea non ci sono la democrazia e i diritti umani, ma il gas. Si sono attaccati al tubo del gas azero-russo e il loro cervello ha finito a funzionare, stando al caldo con tanti luci accesi.
Ieri abbiamo già segnalato [QUI] la presenza – da parte del governo Meloni – di Gilberto Pichetto Fratin, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica a Baku e la preoccupazione di Huffpost per «il conflitto tra Azerbajgian e Armenia» che «potrebbe riaccendersi da un momento all’altro mettendo a repentaglio anche la nostra sicurezza energetica»: «Tap bis. Il governo punta sulla rotta azera. Armeni permettendo». Preoccupazione per il blocco del Corridoio di Lachin? Macché, incombe il pericolo del corridoio per il gas che dovrebbe passare per l’Armenia. Preoccupazione per la pulizia etnica dell’Azerbajgian in Artsakh o per le avvisaglie di un nuovo genocidio armeno? Ma stiamo scherzando? È la fornitura del gas azero (russo) che preoccupa («Armeni permettendo»… alle fine Aliyev avrà ragione di prendersi l’Armenia per far passare il suo gas e non solo l’Artsakh per le sue risorse naturali).
«Dopo aver trasportato i civili dal Karabakh all’Armenia, il CICR è tornato completamente carico di rifornimenti che ora consegnerà a Khankendi [intende Stepanakert]. E questo a seguito del grande convoglio delle forze di mantenimento della pace russe che ha anche consegnato una grande quantità di rifornimenti solo un’ora fa» (Adnan Huseyn).
Il nostro genio Adnan Huseyn non si risparmia e continua a produrre le sue video dal posto di blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) sotto la città di Sushi occupata dall’esercito dell’Azerbajgian, con cui dimostra al mondo giorno dopo giorno che il #ArtsakhBlockade c’è ancora. Fonte governativa azera, non “menzogne” armene.
«Una volta ho detto che lui confonde il Comitato Internazionale della Croce Rossa con Uber. Le mie più umili scuse. Twittando dalla Svizzera, dove è stato creato il CICR, avrei dovuto saperlo meglio, che il trasporto di forniture è ciò che fanno regolarmente, proprio come FedEx o UPS. Assolutamente non il 54° di #ArtsakhBlockade» (Elena Rshtuni, 3 febbraio 2023).
Poi, per avere un’idea come funziona la società azerbajgiana, questo è un esempio come viene raccontato la questione sui social dagli utenti azeri: «Il #ArtsakhBlockade è in “pieno svolgimento”😄 Invio i miei calorosi saluti a tutti i protettori della falsa propaganda armena che, con la bocca piena, hanno sfruttato i doni dei loro protettori armeni e hanno difeso la “falsa” campagna di blocco che denigrava l’immagine dell’Azerbaigian. Ci sono molti di queste immagini!». E poi si sprecano filmati e foto di cui riportiamo di seguito qualche campione.
Per i social dipendenti azeri è chiaro che le foto dei negozi e dei mercati vuoti a Stepanakert sono fake.
Ricordiamo i fatti dal mondo reale: ad Artsakh dura da 54 giorni il blocco dell’unica strada che consente il rifornimento di 120.000 persone. Ma, nonostante la mancanza di cibo e riscaldamento, le scuole hanno riaperto perché l’istruzione è il fondamento della società armena, insieme alla resilienza.
L’articolo “120mila armeni nella sacca dell’Artsakh”, pubblicato da Elisa Pinna nel blog Persepolis su Terrasanta.net il 23 gennaio 2023 [QUI] ha provocato il 26 gennaio 2023 la reazione dell’Ambasciatore dell’Azerbajgian presso la Santa Sede, pubblicato su Terrasanta.net il 30 gennaio 2023 [QUI]. Alla sua narrazione ha risposto il 31 gennaio 2023 l’Ambasciatore dell’Armenia presso la Santa Sede, Garen Nazarian, con un intervento che riportiamo di seguito.
L’ambasciatore armeno Nazarian interviene su Lachin
Terrasanta.net, 2 febbraio 2023
Egregio Direttore Caffulli,
in questi giorni abbiamo notato l’attenzione di Terrasanta.net alla situazione in Nagorno-Karabakh a causa del blocco illegale del Corridoio di Lachin che sta provocando una catastrofe umanitaria per la popolazione armena locale.
Apprezzerei molto se potesse mettere a disposizione dei suoi lettori il mio punto di vista, in risposta alla narrativa azera pubblicata sul suo sito lunedì 30 gennaio 2023.
Oggi le popolazioni dell’Armenia e del Nagorno-Karabakh si trovano ad affrontare sfide senza precedenti che continuano a minacciare la stabilità e la sicurezza della nostra regione e che sono state perfettamente sintetizzate nei recenti appelli lanciati da leader e parlamenti mondiali. In particolare Papa Francesco nei messaggi del 18 dicembre 2022 e del 9 e 29 gennaio scorsi [il primo e il terzo pronunciati dopo la preghiera dell’Angelus domenicale con i fedeli in piazza San Pietro, il secondo nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per lo scambio d’auguri a inizio anno – ndr] ha chiesto il rilascio dei prigionieri di guerra armeni e dei civili detenuti in Azerbaijan e la revoca del blocco del Corridoio di Lachin.
Queste voci forti si sono sentite in Armenia e nel Nagorno-Karabakh e spero siano state sentite e ascoltate anche a Baku.
In tale contesto, gli appelli forti e mirati della comunità internazionale, ivi compresi i media, sono davvero importanti. Da due anni a questa parte, l’Armenia persegue un’agenda di pace e, avendo la volontà politica di normalizzare le relazioni con l’Azerbaijan, si è impegnata in buona fede nei colloqui. In risposta, l’Azerbaijan non solo ha sollevato nuove rivendicazioni territoriali ma ha anche cercato di giustificare la sua ultima aggressione con la falsa argomentazione secondo cui il confine con l’Armenia non è delimitato. A tutt’oggi l’Azerbaijan sta utilizzando ogni possibile strumento di pressione: dalla detenzione illegale di prigionieri di guerra armeni come ostaggi alla diffusione di matrice statale dell’incitamento all’odio contro gli armeni, dalla retorica guerrafondaia all’uso concreto della forza. È altrettanto chiaro che finora le azioni dell’Azerbaijan, incluso il disumano blocco del Corridoio di Lachin, hanno dimostrato nuovamente l’assoluta necessità di un impegno internazionale per affrontare le questioni dei diritti e della sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh.
In questo preciso momento, la popolazione del Nagorno-Karabakh rimane sotto un assedio disumano a causa del blocco illegale del Corridoio di Lachin, l’ancora di salvezza, l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia. Creando condizioni di vita insopportabili, l’Azerbaijan mira a costringere la popolazione del Nagorno-Karabakh a lasciare le case e le terre ancestrali. La recente dichiarazione del Presidente dell’Azerbaijan che suggerisce la deportazione di quegli armeni che non vogliono diventare cittadini dell’Azerbaijan viene a dimostrare ancora una volta la loro intenzione di pulizia etnica.
Poiché la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh sta peggiorando di giorno in giorno, si rende necessario l’intervento immediato della comunità internazionale per garantire un accesso umanitario senza ostacoli al Nagorno-Karabakh da parte degli organi competenti delle Nazioni Unite. Non possiamo rimanere a guardare mentre una popolazione lentamente muore di fame a causa di giochi politici e forse considerazioni geopolitiche. Urge un intervento deciso e una forte pressione sull’Azerbaijan e azioni concrete da parte della comunità internazionale. Bisognerebbe spiegare all’Azerbaijan che ci sono delle precise regole internazionali alle quali tutti devono attenersi.
Cordiali saluti,
Garen Nazarian
Ambasciatore d’Armenia presso la Santa Sede
31 gennaio 2023
Riportiamo di seguito una breve interessante promemoria storica della questione dell’Artsakh/Nagorno Karabakh, pubblicato oggi da Ardisco-Centro Studi Strategici.
Artsakh dimenticato
di Gian Pio Garramone
Ardisco.org, 3 febbraio 2023
Artsakh, Nagorno Karabakh, Medio Nagorno sono tutti nomi che identificano lo storico oblast della regione situata tra Armenia e Azerbaijan. Negli ultimi mesi c’è stata una recrudescenza delle tensioni nell’area, sfociata in veri e propri scontri armati. È giusto precisare che attualmente nessun paese membro dell’ONU riconosce la repubblica dell’Artsakh, unici riconoscimenti ufficiali sono quelli di: Abcasia, Ossezia del Sud e Transnistria. Per capire realmente le nuove tensioni bisogna analizzare l’evoluzione storico-politica che ha vissuto la provincia nel secolo appena trascorso.
Artsakh è il nome in armeno di una delle 15 province dell’Armenia storica. Il Nagorno Karabakh, nome di origine turco-persiana che significa vigna nera delle montagne, è quell’area montuosa del Caucaso meridionale, che si sviluppa nel sud-est dell’Armenia al confine con Azerbaijan e Iran. Storicamente l’oblast ha visto varie dominazioni nei secoli, pur mantenendo sempre delle forme di autonomia. Alla fine della guerra russo-persiana, 1804-1813, conclusasi con il trattato del Gulistan del 1813, l’Artsakh-Karabakh fu annessa alla Russia, e ve ne farà parte fino al 1917. Nel 1917 a seguito della rivoluzione, la Russia arretra dalle proprie posizioni, lasciando libera l’area sub caucasica. In tale periodo la popolazione del Nagorno-Karabakh, composta per il 95% da armeni, convocò il suo primo congresso, che proclamò l’Artsakh unità politica indipendente, ed elessero il Consiglio nazionale e il governo. Tra 1918-1920 il Nagorno-Karabakh si dotò di tutti gli organi statuali, compreso un esercito.
L’instaurazione del dominio sovietico nello spazio transcaucasico fu accompagnata dalla creazione di un nuovo sistema politico. Il Nagorno-Karabakh fu riconosciuto territorio conteso tra Armenia e Azerbaijan anche dalla Russia sovietica. Secondo l’accordo firmato nell’agosto 1920 tra la Russia e la Repubblica Armena, le truppe russe furono temporaneamente dispiegate nel Nagorno-Karabakh. Azerbaijan dichiarerà il 12 giugno 1921 il Nagorno-Karabakh parte integrante dell’Armenia, e così l’Armenia dichiarò il Nagorno-Karabakh sua parte integrante.
In seguito il 4 luglio 1921, a Tbilisi capitale della Georgia, l’Ufficio caucasico del Partito comunista russo convocò una sessione plenaria, durante la quale fu riconfermato il fatto che il Nagorno-Karabakh era parte integrante dell’Armena. Tuttavia la notte del 5 luglio, pare su interessamento diretto di Stalin, fu rivista la decisione del giorno precedente e il Nagorno fu annesso all’Azerbaijan, e formato sul suo territorio un oblast autonomo.
Nel 1991, quando la Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaijan decise di uscire dall’Unione Sovietica e trasformarsi in Repubblica dell’Azerbaijan, gli armeni del Artsakh approfittarono della legislazione sovietica dell’epoca per stabilire la propria indipendenza. La decisione viene presa in forza della legge del 3 aprile 1990 dell’Unione Sovietica – Norme riguardanti la secessione di una repubblica dall’URSS – che consentiva alle regioni autonome di distaccarsi da una repubblica qualora questa avesse lasciato l’URSS.
Il 2 settembre 1991 il soviet del Nagorno Karabakh decretò la nascita del nuovo stato, decisione confermata da un referendum, tenutosi il 10 dicembre dello stesso anno, con annesse successive elezioni politiche. Tali elezioni tenutesi il 26 dicembre furono monitorate a livello internazionale. Il 6 gennaio 1992 veniva proclamata la repubblica del Karabakh Montuoso Artsakh.
Chiaramente l’Artsakh si era autodeterminato, ma nessun paese l’aveva ancora riconosciuto, era quindi una nazione solo de facto. L’Azerbaigian a tal proposito lamentava la perdita di uno dei suoi territori, rivendicando il principio d’integrità territoriale – Art. 2 par. 4 Carta ONU, contrariamente agli armeni che invocavano il principio di autodeterminazione dei popoli – Art. 1 par. 2 Carta ONU. Il 30 gennaio l’Azerbaigian non riconoscendo la dichiarazione di autonomia muoveva militarmente contro l’oblast.
Il 31 gennaio a mezzogiorno inizia ufficialmente la guerra del Nagorno Karabakh. La fanteria azera a bordo di blindati si diresse verso le montagne del Karabakh. Le operazioni militari azere compresero i bombardamenti della capitale Stepanakert. L’avanzata dell’esercito vede la conquista azera dei villaggi di Nakhicivanik, Khramort e Farruk. Violenti combattimenti si ebbero nel distretto di Askeran e nei pressi della città di Shushi. Quest’ultima risultava essere abitata anche da una importante comunità azera. Anche gli armeni ottengono risultati dalle operazioni militari che condussero, tra queste la conquista dei villaggi di Malibayli, Karadagly e Aghdaban. La guerra continuerà con risultati altalenanti, fino al 1994. All’inizio del 1994 gli azeri tentarono di riconquistare i territori che avevano perduto, ma gli armeni ormai controllavano tutti i punti chiave del territorio, rendendo vano ogni sforzo militare azero. La controffensiva azera fu vana, anzi controproducente perché gli fece perdere anche, il 18 febbraio, il presidio al passo Omar. Si ebbero nuovi tentativi di riconquista da parte dell’Azerbaijan fino a marzo. In aprile sono gli armeni a lanciare un’offensiva nel settore nord orientale che gli fa conquistare numerosi villaggi e controllare la strada da Agdam alla città azera di Barda.
Il 5 maggio in Kirghizistan, nella capitale, viene firmato tra Armenia, Azerbaigian e Nagorno Karabakh l’accordo di Biškek. Il 12 maggio i rispettivi ministri della difesa si ritrovano per firmare un accordo di cessate il fuoco in vigore dalla mezzanotte del 17 maggio. Al termine del conflitto la repubblica del Nagorno Karabakh estese il proprio territorio conquistando sette limitrofi rajon (suddivisione amministrativa di origine sovietica, paragonabile a un distretto/provincia) precedentemente amministrati dall’Azerbaigian.
In seguito ci sono state varie violazioni del cessate il fuoco, fino ad arrivare all’estate 2010 quando si moltiplicarono le violazioni della tregua e furono numerosi i soldati ad essere stati colpiti da cecchini nemici lungo la linea di confine. A marzo 2011 il ministero della difesa del Nagorno Karabakh denuncia la violazione dello spazio aereo da parte di aerei nemici, e a settembre dello stesso anno riuscirono ad abbattere un drone. In novembre le milizie armene, in seguito alla morte di due propri soldati, avviano un’operazione di frontiera.
Nel 2020 scoppiò la seconda guerra nel Nagorno-Karabakh. Le prime attività belliche ebbero inizio la mattina del 27 settembre 2020 lungo la linea di contatto dell’Artsakh. In seguito all’inizio della nuova guerra, venne proclamata la legge marziale con la rispettiva mobilitazione generale nei territori dell’Artsakh e l’Armenia. La guerra terminò quarantaquattro giorni più tardi, e precisamente il 10 novembre. Questa nuova tregua tra Armenia e Azerbaigian fu negoziata dal Presidente russo Vladimir Putin il giorno 9 novembre.
La Russia non fu sono il mediatore ma a garanzia del cessate il fuoco dispiegherà una forza di peacekeeping. L’area delle operazioni verrà suddivisa in zona sud con base a Step’anakert, che ospita anche l’headquarter delle forze impiegate, e la zona nord con sede a Martakert. La missione si sviluppa su ventitré posti d’osservazione sparsi sul territorio. Secondo l’accordo la missione avrà durata quinquennale, rinnovabile tacitamente per un altro quinquennio. L’Armenia in base all’accordo è stata obbligata a ritirare le truppe da alcune regioni del Nagorno Karabakh.
All’atto dello spiegamento l’organico russo era di 1960 militari. Il personale impiegato faceva parte della 15ª Brigata di fanteria motorizzata, ed era equipaggiato per tale compito con: materiali speciali, 380 veicoli, 90 mezzi corazzati da trasporto. Il personale verrà posto alle dipendenze del Tenente Generale Rustam Muradov, di etnia Azera. I peacekeeper furono dotati sulle uniformi, di un segno distintivo, la sigla MC ovvero l’abbreviazione della dicitura cirillica Миротворческие силы – Forze di mantenimento della pace.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]