Cinquantaduesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Vardanyan: abbiamo il diritto di affermare che non possiamo vivere sotto l’Azerbajgian (Korazym 01.02.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.02.2023 – Vik van Brantegem] – Nel 52° giorno del #ArtsakhBlockade da parte delle autorità azere, nessun cambiamento è stato registrato in Artsakh/Nagorno Karabakh. Il blocco dell’autostrada interstatale Goris-Stepanakert continua ad essere in atto, con i veicoli delle forze di mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rossa gli unici ad essere autorizzati dall’Azerbajgian a entrare e uscire dal territorio dal 12 dicembre 2022. Prosegue il crimine umanitario alla luce del sole, che richiede non solo attenzione ma l’azione energica e risolutiva della comunità internazionale. Se gli USA, la Francia, la Russia e l’Occidente non agiscono, potremmo assistere ancora una volta ad un’altra tragedia armena e alla perdita di vite umane da cui il mondo sarà sconvolto troppo tardi. La condotta dell’Azerbajgian è del tutto inaccettabile per un mondo civilizzato, che rispetto ai crimini contro l’umanità del passato esclama: “Non lo sapevamo”. “Mai più”.
Intanto, uno che si immagina dovrebbe sapere meglio cosa significa genocidio, l’ex generale Yoav Galant, Ministro della Difesa dello Stato di Israele, oggi ha scritto in un post su Twitter: «Questa mattina ho parlato con i miei partner in Azerbajgian, il Ministro della Difesa, Col. Gen. Hasanov e il Capo del Servizio di Frontiera di Stato, Col. Gen. Guliyev. Abbiamo discusso degli importanti legami di difesa tra i nostri Paesi ed espresso il nostro impegno ad approfondire ulteriormente la cooperazione». Ecco, gli Armeni come i Palestinesi.
Il regime di Aliyev si è perso nelle sue stesse bugie sul #ArtsakhBlockade. Il Capo della Delegazione azera al Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, Elnur Mammadov, Viceministro degli Esteri della Repubblica di Azerbajgian ha dichiarato: «La strada resta aperta e sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe». Elchin Amirbayov, Assistente del Primo Vicepresidente dell’Azerbajgian, Mehriban Aliyeva (moglie del Presidente Ilham Aliyev), Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica dell’Azerbaigian (è stato il primo Ambasciatore azero presso la Santa Sede nel 2005, oggi Ministro degli Esteri azero ombra): «Baku dà libero accesso alla strada al Comitato Internazionale della Croce Rossa. Consente inoltre la libera circolazione alle forze di mantenimento della pace della Russia». Al coro del corpo diplomatico azero – abbiamo già menzionato gli Ambasciatori azeri in Francia e in Germania – si è aggiunta la voce di Leyla Abdullayeva, Ambasciatrice dell’Azerbaigian in Francia, che nega categoricamente il #ArtsakhBlockade e la crisi umanitaria che il suo regime ha creato in Artsakh: «L’Armenia ha avuto 4 settimane di tempo da quando ha presentato la richiesta al Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite per raccogliere prove del presunto blocco della strada [per nessun motivo viene usato la parola “Corridoio”] di Lachin. DOVE SONO?”.
In realtà, lei e i suoi simili stanno semplicemente fornendo quelle prove con le loro parole. Insistendo sui convogli della Croce Rossa e delle truppe russe fa nient’altro tranne chiarire che c’è un blocco sistemico al passaggio di altri mezzi.
Siamo nel 52° giorno del #ArtsakhBlockade e il corpo diplomatico dell’Azerbajgian pensa ancora che il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le forze di mantenimento della pace russe siano il nuovo Uber.
Ricevono chiamate giornaliere dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Russia, dall’Unione Europea e da altri Paesi, con la richiesta per aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin). Pensano che la gente continua a credere alle lore sciocchezze? Beh, forse quelli che sono sul libro paga del terrorista Aliyev.
Molti Azeri nei commenti sui social negano il blocco, condividendo nel contempo le foto delle auto della Croce Rossa e delle truppe russe, come negano anche le esecuzioni di prigionieri di guerra e civili armeni, mentre i social sono piena di prove video dei loro orrendi crimini e di molti inaccettabili abusi personali, da fonti azeri.
«Stiamo lavorando per garantire la continuità dei servizi sanitari di emergenza e di ambulanza lungo il Corridoio di Lachin. Abbiamo facilitato il passaggio sicuro di 60 pazienti che necessitano di cure mediche urgenti. I nostri team hanno anche consegnato medicine, latte artificiale e cibo alle strutture sanitarie. Poiché questa situazione ha portato alla separazione di alcune famiglie, dall’inizio di gennaio abbiamo facilitato il trasferimento di 95 persone attraverso il Corridoio di Lachin. Ciò avviene in accordo con le parti e sulla base dei desideri dei familiari interessati» (Comitato Internazionale della Croce Rossa, 1° febbraio 2023. A commento delle foto qui sopra su Twitter).
Apparentemente non c’è un #ArtsakhBlockade da 52 giorni. È solo il Comitato Internazionale della Croce Rossa che prende il controllo dei trasporti lungo il Corridoio di Lachin (insieme al Ministero della Difesa della Federazione Russa).
«Sostegno dei bambini armeni che vivono in Francia ai bambini armeni che vivono in Artsakh» (Liana Margaryan).
«Credo che la Russia, la Francia e gli Stati Uniti, in quanto Copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, e in quanto attori che comprendono la complessità del conflitto dell’Artsakh, possano unirsi ed esercitare insieme una forte pressione sull’Azerbajgian. La mia intervista a The Armenian Mirror-Spectator [QUI]» (Ruben Vardanyan).
Complimenti ad Arum Arkun per questa esemplare intervista-articolo Il Ministro di Stato Vardanyan rinnova l’appello a sostenere l’Artsakh del 28 gennaio 2023, pubblicata da The Armenian Mirror-Spectator il 31 gennaio, che mette in luce la difficile situazione dell’Artsakh e della sua gente sotto il brutale blocco del dittatore di Baku e la forte volontà dell’Artsakh di sopravvivere e prosperare nonostante tutte le avversità e l’apparente indifferenza del “mondo civilizzato” dell’Occidente che, come afferma giustamente il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan, invece di applicare sanzioni al prepotente dittatore guerrafondaio Ilham Aliev e di effettuare un immediato ponte aereo umanitario a Stepanakert, è impegnato a non fare nulla o a offrire banalità verbali nell’interesse della convenienza politica. La diaspora armena, specialmente in Occidente, sta svolgendo un ruolo molto importante e chiaro, un punto che viene opportunamente evidenziato anche in questa intervista, da svolgere nel fare pressioni sui rispettivi governi, affinché procedano con le sanzioni contro il brutale prepotente di Baku e per avviare un ponte aereo umanitario immediato a Stepanakert. Si fece per Berlino circondato dal blocco sovietico e nessun aereo fu abbattuto da Mosca, come adesso minaccia di fare Baku. Comunque, il Ministro di Stato dell’Artsakh ha affermato «che non si tratta di morire di fame e di morire per mancanza di cibo, ma della pressione a rinunciare al proprio diritto fondamentale di essere indipendenti, di autodeterminare il proprio futuro e di autodeterminare il proprio diritto a vivere nella propria patria con il tuo Stato di diritto».
In altre parole, si tratta di un blocco politicamente motivato da parte dell’Azerbajgian, volto a distruggere la capacità dell’Artsakh di continuare a essere un’entità separata e autonoma.
Al riguardo, l’Azerbajgian può rivendicare l’Artsakh come interamente suo proprietà come vuole (senza gli Armeni che ci abitano da migliaia di anni), ma il diritto internazionale non è così chiaro. Poi, è ironico che quelli più inclini a liquidare l’Artsakh come un vassallo della Russia, siano le stesse voci che cercano di avallare le manipolazioni etniche del dittatore sovietico Joseph Stalin. E comodamente dimenticano che l’Artsakh si è dichiarato indipendente dall’Unione Sovietica, prima dell’Azerbajgian e che non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian post-sovietico.
«Regional İnkişaf İctimai Birliyi (RİİB), un’organizzazione governativa dell’Azerbajgian, ha organizzato ieri a Shushi un evento per la “Giornata della Gioventù dell’Azerbajgian”. RİİB è stata fondata con l’aiuto della Fondazione Heydar Aliyev. Lo scopo principale dell’organizzazione, secondo il loro sito web, è partecipare alla vita socio-economica, sociale e culturale del Paese, aiutare a costruire la società civile e sostenere i programmi di sviluppo sponsorizzati dal governo nelle regioni. Gli studenti sono stati portati da Baku in autobus per continuare a bloccare il Corridoio di Lachin e hanno ricevuto sacchetti regalo e snack. Questo piccolo viaggio sul campo sembra essere stato organizzato per mostrare ai giovani Azeri come creare una crisi umanitaria e come intrappolare 120.000 Armeni nell’Artsakh. Che bella gita scolastica. Insegnare l’odio e l’ignoranza in così giovane età. Che bella organizzazione governativa e governo per consentire che azioni così ripugnanti vengano mostrate alla tua giovinezza. Che tipo di esempio stai dando per il futuro della tua nazione instillando l’odio dentro di loro?
Un corso di perfezionamento sulla pulizia etnica insegnato ai giovani non permetterà mai che questo conflitto si plachi. Come possiamo parlare di pace e di ripristinare le relazioni reciproche se l’Azerbajgian continua a diffondere l’armenofobia sponsorizzata dallo Stato in tutta la sua popolazione? Questo è solo un altro esempio di odio contro gli Armeni sponsorizzato dallo Stato che deve essere schiacciato prima che il seme continui a crescere. Credo che sia troppo tardi e trovare una soluzione ragionevole al conflitto azero-armeno sembra essere fuori portata se questo tipo di comportamento deve continuare per l’Azerbajgian, e sicuramente continuerà dato gli atti di Aliyev» (Varak Ghazarian – Medium, 1° febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Il criminale sabotaggio degli Azeri è un piano calcolato per eliminare gli Armeni dell’Artsakh
Karabakh.it-Iniziativa italiana per il Karabakh, 1° febbraio 2023
Per Andranik Khachatryan, Direttore della società ArtsakhEnergo che distribuisce energia elettrica in Artsakh/Nagorno-Karabakh, sono settimane ancor più frenetiche del solito. Ogni giorno deve cercare di far quadrare i conti, ovvero rifornire di elettricità i 120.000 Armeni che popolano la regione. Sono trascorsi infatti più di 20 giorni dal guasto (o più probabilmente, sabotaggio) dell’unica linea elettrica aerea ad alta tensione (110 kV) che alimenta l’Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia. E gli Azeri impediscono qualsiasi intervento di riparazione.
L’incidente dell’elettrodotto in ingresso ad Artsakh dall’Armenia è avvenuto il 9 gennaio, nella seconda metà della giornata, secondo i dati registrati dalle relative apparecchiature di ArtsakhEnergo, nella tratta Berdzor-Aghavno, al 30° km del linea aerea. Quella sezione è completamente sotto il controllo degli Azeri; cioè, anche se il Corridoio di Lachin venisse riaperto, gli specialisti armeni non possono avvicinarsi al luogo dell’incidente senza il permesso degli Azeri. Se gli Azeri consentono agli specialisti armeni di avvicinarsi all’area, è possibile riparare i danni in poche ore.
Si capisce ora per quale motivo nello scorso agosto l’Azerbajgian impose – in violazione dell’accordo di tregua del novembre 2020 – lo slittamento più a sud del Corridoio di Lachin: non solo per occupare Berdzor, Aghavno e Sos ma anche per avere pieno controllo sulla linea elettrica che arriva dall’Armenia. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
“È difficile dire inequivocabilmente se l’incidente sia tecnico o il risultato di un intervento collaterale. Tenendo conto che gli Azeri non ci hanno dato l’opportunità di eseguire lavori di riparazione dell’incidente per quasi un mese, ciò fa sospettare che ci è stato un intervento artificiale. Inoltre, l’incidente non ha avuto gravi conseguenze e può essere ripristinato in poche ore“, dice Andranik Khachatryan alla stampa.
Al momento l’elettricità viene fornita in Artsakh dalla centrale idroelettrica di Sarsang, ma la sua capacità è limitata, e se questa situazione persiste, sorgeranno seri problemi perché il bacino idrico si svuoterà rapidamente e non vi sarà acqua per irrigare i campi in primavera (compresi quelli azeri…).
Per sopperire alla mancanza di corrente è stato fatto un programma di interruzioni di corrente: prima due ore al giorno, poi 4 ore, poi 6 ore salvo ulteriori incrementi se necessario.
È stata interrotta l’erogazione alle grandi aziende energivore e questo ha inevitabilmente una ricaduta sull’economia di tutto il Paese sia in termini economici che sociali; anche per le contemporanee interruzioni – sempre per sabotaggio azero – della fornitura del gas.
Ma questo è esattamente quello che il dittatore azero Aliyev vuole. ARTSAKH RESISTI!
Il racconto delle sofferenze subite dalla popolazione dell’Artsakh, dopo che sedicenti ambientalisti azeri dal 12 dicembre 2022 hanno bloccato il Corridoio di Berdzor (Lachin), unica via di comunicazione tra l’enclave e l’Armenia. Nel video di Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, si raccontano le difficili condizioni di vita di bambini, anziani, malati e disabili. La gente è stata costretta a ricorrere alla legna per riscaldare le case, scuole e asili sono stati chiusi, negli ospedali le operazioni chirurgiche sono state sospese. Gli abitanti hanno ricevuto dei voucher che garantiscono ogni mese una quantità stabilita di grano saraceno, pasta, riso, olio e zucchero. «Ma anche fare una semplice zuppa è diventato impossibile». Il video è stato mostrato in anteprima all’incontro Karabakh. Il conflitto invisibile. Cosa sta succedendo alla popolazione dell’Artsakh che – come abbiamo annunciato – si è svolto martedì 31 gennaio 2023 a Milano, cui hanno partecipato la scrittrice Antonia Arslan e Mario Mauro, già Ministro della Difesa e Vicepresidente del Parlamento Europeo, con la moderazione di Emanuele Boffi, Direttore di Tempi.
Conflitto Azerbaigian-Armenia, l’Europa in campo con una missione civile
di Giampiero Cinelli
The Watcher Post, 30 gennaio 2023
Mentre i riflettori dei grandi media internazionali sono puntati sull’Ucraina, non molto lontano, nel Caucaso meridionale. si è riacceso lo scontro tra Azerbaigian e Armenia per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, territorio conteso tra le due nazioni, in cui sussiste l’autoproclamata Repubblica indipendente dell’Artsakh, filo-armena, che conta 120.000 abitanti. Queste vicende sono poco conosciute a livello di massa, pur originando dalla storia dell’Unione Sovietica (precisamente con Stalin) e culminando con la sua fine, nel 1991, quando il clima nella regione diventa tumultuoso. Oggi la questione è importante perché coinvolge gli interessi della Russia e della Turchia, ma anche dell’Europa, che tratta con l’Azerbaigian per le forniture di gas alternative a quelle di Putin. Vista la situazione difficile, l’Unione Europea ha recentemente iniziato una missione civile denominata “Euma”, finalizzata al favorire un accordo tra Baku e Yerevan. La missione avrà un mandato inizialmente di due anni con a capo Stefano Tomat, amministratore delegato scelto per sua capacità di pianificazione e condotta del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae).
«L’Euma effettuerà pattugliamenti di routine e riferirà sulla situazione», ha precisato in una nota l’alto rappresentante Borrell, aggiungendo che la missione “contribuirà anche agli sforzi di mediazione nel quadro del processo guidato dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel“. Obiettivo dell’Unione Europea è prendere il posto della Russia come mediatrice tra Armenia e Azerbaigian, sia lungo il confine sia nella regione del Nagorno-Karabakh. Nell’enclave cristiana nel sud-ovest dell’Azerbaigian (Paese a maggioranza musulmano) è dal 1992 che si protrae un conflitto congelato, con scoppi di violenze armate come quello dell’ottobre del 2020. In sei settimane di conflitto erano morti quasi 7.000, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nel Nagorno-Karabakh.
Il 12 dicembre l’Azerbaigian ha bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica via di accesso all’Armenia e al mondo esterno per gli abitanti della Repubblica dell’Artsakh. Da più di 50 giorni su questa strada non transitano più beni essenziali come cibo e farmaci, ma Baku ha tagliato anche l’erogazione di gas e acqua potabile. Il Parlamento UE ha intimato all’Azerbaigian a “riaprire immediatamente” la strada e ad “astenersi dal compromettere il funzionamento dei collegamenti di trasporto, energia e comunicazione tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh”. Il contesto è critico, mentre sul piano diplomatico il presidente del Consiglio Ue Michel è concentrato su contatti diretti con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, spingendo per colloqui sulla delimitazione degli oltre mille chilometri di confine tra i due Paesi.
Quali sono i nodi geopolitici e perché l’Europa ha le sue responsabilità
Il destino dell’Armenia è intrecciato a quello della Russia, che ai tempi di Stalin decretò quali fossero i territori di competenza di Yerevan. Contemporaneamente l’Urss delimitò anche i possedimenti azeri, con l’intento di mettere fuori gioco sia l’uno che l’altro Paese, i quali condividendo profondamente i confini, avrebbero avuto più difficoltà nell’avocare una possibile indipendenza da Mosca. C’è da considerare poi la presenza turca, che dalla Russia degli zar aveva ottenuto le città armene di Krs e Ardahan, macchiandosi, nel 1915, di un terribile genocidio in cui persero la vita un milione e mezzo di armeni. Tuttavia, dopo lo scioglimento dell’Urss, l’Armenia contò sulla benevolenza russa in chiave anti-turca. Di fatto fu così fino alla ripresa delle ostilità nel 2020 in Nagorno-Karabakh quando, secondo Yerevan, l’apporto di Putin non fu sufficiente, mentre dall’altra parte Erdogan sosteneva concretamente l’offensiva dell’Azerbaijan, che tra l’altro è il Paese invasore. Ora, a due anni di distanza, l’attenzione di Mosca verso gli Armeni è ancora più debole, per ovvi motivi, e Baku sta diventando sempre più importante nel rimodellamento delle strategie energetiche. L’Unione Europea, ma anche la Turchia, chiedono più gas e petrolio dall’Azerbaigian, che però per potenziare i rifornimenti ha bisogno di un corridoio che da Baku e dall’Iran arrivi a Istambul e nel cuore dell’Europa. A questo punto, Vladimir Putin si trova in una posizione ambigua, perché non può prendere le parti di Baku, ma neppure può mostrarsi ostile a Erdogan e a Teheran, che nell’ambito del conflitto ucraino non gli sono ostili. Con il leader turco che non si sbilancia e anzi rallenta la Nato, mentre l’Iran fornisce armi a Mosca. A rendere ancora più intricato il quadro, il fatto che la compagnia petrolifera russa Lukoil è padrona di circa il 25% delle riserve petrolifere dell’Azerbaigian nel Mar Caspio, per cui Putin resterà ugualmente un attore nel gioco, anche nel caso l’Europa rifiuti di comprare direttamente da Mosca.
La situazione non tranquillizza neppure gli Stati Uniti i quali, non favorevoli a nuove rotte energetiche e non sicuri dell’adesione di Baku al fronte occidentale, hanno condannato le torture da parte degli azeri nei confronti dei militari armeni, additando Baku come il Paese aggressore, in occasione della visita della speaker della Camera Nancy Pelosi a Yerevan. Una tale complessità, ovviamente, non può che gravare maggiormente sulla parte più fragile, ossia gli abitanti del Nagorno-Karabakh.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]http://www.korazym.org/83192/indice-artsakhblockade-in-aggiornamento/